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26 Marzo 2021

Curare con la Croce

Dio si prende cura di noi usando la croce come farmaco, la sua debolezza come conforto.
Curare con la Croce
Foto di Pexels
Siamo al termine del cammino quaresimale: quaranta giorni e quaranta notti per celebrare la croce e il Crocifisso. Gesù è il più grande perdente della storia, eppure...
La Quaresima è un tempo sballato fuori da ogni canone e da ogni controllo, una follia della Chiesa. Ci battezza nella cenere per metterci a nostro agio, azzerando ogni pretesa di essere vincenti sbandierando a manetta i nostri titoli di successo o le migliori performance incorniciate nei quadretti da salotto. La cenere fa memoria del nostro poco, del nostro dipendere da Dio, della precarietà della condizione umana a cui nessuno può sfuggire. Lo sanno bene gli amici con cui passavamo le serate in pizzeria e che adesso sono rintanati nel loro appartamentino con l’ossigeno e il cortisone a portata di mano. Lo sanno bene i parenti che non abbiamo potuto salutare prima di assentarsi per sempre dalla scena di questo mondo. Lo sanno anche i nostri figli fragili, affetti da malattie croniche, già provati duramente dalla cultura dello scarto, sospesi al “sì” di famiglie accoglienti e delle nostre case famiglia per mettere piede in una casa e lasciare gli ospedali in cui troppo a lungo avevano pernottato. Sono gli “esiliati occulti” di cui parla Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti, sono i “senza terra” che non hanno potuto affondare le radici della loro esistenza nel cuore di un papà e di una mamma.

Dalle ceneri alla croce! Quaranta giorni e quaranta notti, per celebrare la croce e il Crocifisso. Un nome supera tutti, tra i falliti della storia. Inizialmente eccelso e supremo, poi maledizione e vergogna del mondo. Deposta ogni regalità, defraudato della maestà, fu issato sulla croce l’uomo morto e il Dio impotente, emblema del fallimento umano e della disfatta dell’onnipotenza divina.
Gesù è il nome del più grande perdente della storia degli uomini.
Ma anche la croce ci mette a nostro agio. Ci fa sentire amati e Dio si spinge fin dentro le nostre croci quotidiane. Dio si prende cura di noi usando la croce come farmaco, la sua debolezza come conforto.
Il nostro poco è medicina prodigiosa per gli anziani soli nelle RSA: andiamoli a trovare non appena sarà possibile, facciamo una partita a briscola con loro. Pur afflitti dalle nostre croci, potremmo comunque dare il nostro “Sì” all’affido di un bimbo ospedalizzato a causa della sua malattia degenerativa e rifiutato dai suoi genitori biologici, perché l’essere famiglia diventi cura di chi è solo.
La nostra croce non sia impedimento alla Gloria, ma passaggio stretto per spalancare la Resurrezione nella nostra vita e in quella degli altri.