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29 Ottobre 2021
Ultima modifica: 29 Ottobre 2021 ore 13:00

DDL Zan: i tre punti che fanno discutere

Una nota inviata al Senato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII evidenzia tre aspetti del testo che a parere dell'associazione andrebbero modificati
DDL Zan: i tre punti che fanno discutere
Foto di ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
Alcune definizioni relative all'identità di genere e agli atti discriminatori sono troppo generiche, a parere dell'associazione di don Benzi che ha analizzato il testo con i propri legali specializzati nella tutela dei soggetti fragili. Appello anche a rispettare la libertà educativa.
Il progetto di legge sull'omotransfobia sta dividendo sempre più il Paese. Non solo la Chiesa Cattolica ma anche parte del femminismo, esponenti di sinistra ed infine alcuni storici leader del movimento omosessuale si sono opposti al progetto di legge. Anche l'ultimo tentativo di mediazione è saltato. Il Senato ha dunque deciso di calendarizzarlo il 13 luglio.
Il Disegno di legge Zan - che deve il suo nome al deputato del PD che l'ha presentato, Alessandro Zan - è stato già approvato dalla Camera dei Deputati il 4 novembre scorso e per diventare legge necessita dell'approvazione del Senato. Ma i senatori sono divisi e l'esito è incerto. Soprattutto se si andrà al voto segreto che può essere richiesto da almeno venti senatori.

La Comunità Papa Giovanni XXIII, da sempre impegnata in difesa degli ultimi e contro ogni forma di discriminazione, ha mandato nei giorni scorsi alla Commissione Giustizia del Senato una memoria in cui esprime alcune osservazioni ed i rischi in caso di approvazione.
Il disegno di legge prevede aggravanti specifiche per i crimini d'odio e le discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili. Principi condivisi dalla Comunità di don Benzi, che tuttavia ritiene che se il Ddl fosse approvato così com’è, allora potrebbe aprire la strada a diverse interpretazioni, addirittura liberticide, che sarebbero lasciate alla discrezionalità dei giudici.

Identità di genere: «Definizioni vaghe e soggettive. A rischio la certezza della legge»

Una prima osservazione è sulla definizione di identità di genere. Nel progetto di legge è introdotta una particolare visione antropologica secondo la quale l'identità di genere è definita come "l'identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall'aver concluso un percorso di transizione".
Nella sua memoria la Papa Giovanni osserva che «tutte le definizioni contenute sono vaghe e imprecise», imprecisione che metterebbe a rischio il «principio di tassatività, cioè la certezza della legge che assicura l'eguaglianza giuridica dei cittadini».
In particolare «rispetto alla definizione di “identità di genere” la vaghezza risulta eccessiva, non è indicato alcun elemento oggettivo che possa aiutare nell’identificazione del soggetto da tutelare, ma l’intera definizione si basa solo su elementi soggettivi - la manifestazione e la percezione che si ha di sé in relazione al genere -, che possono essere utilizzati in modo indiscriminato, creando incertezza e difficoltà nell’interpretazione e nell’applicazione della norma, soprattutto a tutela dei soggetti che questo disegno di legge vorrebbe proteggere».

Discriminazione e pluralismo delle idee 

Una seconda osservazione riguarda il pluralismo delle idee. La legge Zan prevederebbe la punibilità con la reclusione - fino a un anno e sei mesi - e multa - fino a 6mila euro – per chi “istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”.
Nella legge tuttavia non è chiaro in che cosa consistano questi “atti di discriminazione”. In futuro potrebbe essere ritenuto discriminatorio opporsi alle adozioni da parte di coppie omosessuali oppure alla pratica dell'utero in affitto? E di conseguenza potrebbero essere perseguite le persone che hanno queste opinioni? L'articolo 4 del Ddl Zan non chiarisce questi aspetti. Esso recita: “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.
La Comunità di don Benzi osserva che «l’art. 4 così come formulato non comporta o aggiunge una particolare tutela del pluralismo delle idee o della libertà di scelte, in realtà la formulazione della norma descrive semplicemente ciò che è già previsto dalla natura intrinseca di un reato c.d. di pericolo senza prevedere alcuna tutela particolare alle condotte riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte».

Giornata contro l'omo-lesbo-bi-trans fobia: lasciare libere le scuole

Una terza ed ultima osservazione riguarda l'istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, il 17 maggio, prevista all'art. 7. Da un lato la Giovanni XXIII osserva che «sarebbe meglio prevedere una giornata a tutela di tutte le diversità o contro tutte le discriminazioni, aggiungendo all’elenco suindicato anche la disabilità, l'aspetto fisico, la provenienza, le diverse appartenenze religiose, culturali, politiche». Dall'altro «invita a sostituire all’art. 7, comma 3, la parola “provvedono” con “possono provvedere”, in modo da lasciare alle scuole e alle altre amministrazioni pubbliche la possibilità di scegliere quali e quante attività promuovere.
In particolare rispetto alla scuola si ricorda che sia il POFT che il patto di corresponsabilità sono strumenti decisi dal Consiglio di Istituto nella sua piena autonomia, non si ritiene pertanto necessario l’imposizione di un obbligo di attività formative o iniziative in quella giornata, così come avviene in altre giornate particolari, durante le quali viene lasciata piena autonomia di organizzare eventi».
Tema molto delicato quello della libertà educativa, che ha mosso anche la diplomazia vaticana nelle scorse settimane suscitando notevole scalpore. Nella memoria «si ricorda che i titolari esclusivi della potestà educativa dei figli sono i genitori, a maggior ragione rispetto ad argomenti così delicati e importanti rispetto alla sensibilità di ogni individuo, in special modo durante il periodo di crescita e di formazione, qual è il periodo scolastico». Il difficile periodo della vita in cui i giovani formano la loro identità.