Il nuovo regolamento "SoHo" emesso dall’UE per il trattamento di sostanze di origine umana garantisce migliori standard di qualità. Lo scopo è di tutelare maggiormente donatori e riceventi e rendere più sicuri gli scambi internazionali.
Come spesso succede, un importante passo in avanti ne comprende uno indietro che ci riporta all’epoca romana. È il classico compromesso politico: per ottenere un beneficio devi accettare anche qualcosa che non ti piace.
Il problema sta nel fatto che il bene è comune se è di tutti e mai può sacrificare i più deboli.
Il bene comune non si misura con la somma dei beni particolari ma con il loro prodotto. Se quindi a qualcuno viene tolta la dignità il suo fattore passa a zero azzerando il risultato di tutto il prodotto.
All’articolo 3 infatti, vengono considerati fra i tessuti e le cellule anche gli embrioni umani. Già nella edizione precedente erano comprese le cellule staminali embrionali ma ora è stato incluso l’intero embrione umano ancora vivente.
Il diritto romano considerava il nascituro come “portio viscerum mulieris” o “portio matris”. Nella società romana il neonato aveva un valore analogo a quello di un vegetale, vivente ma non interamente umano. Era con il rito della “levatio” da parte del padre che acquisiva la piena umanità e veniva a far parte della famiglia ma solo all’età di un anno se ne poteva chiedere la cittadinanza.
Dal punto di vista biologico l’embrione è lo stadio iniziale di una nuova vita, non solo umana. Si parla infatti di embrione di topo, di zanzara ma anche di insalata o carota, quello contenuto nel seme.
Tecnicamente è quindi un grave errore scientifico equiparare un intero organismo vivente, quale è un embrione umano, ad un tessuto.
Dal punto di vista etico è inaccettabile prevedere che di una vita umana si faccia un qualche “uso”, al pari di una donazione di sangue o di plasma.