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19 Marzo 2022

Festa del papà. Chi è il padre oggi?

Oggi si sente il bisogno di padri, se ne percepisce l'assenza. A che punto sono i padri del 2022?
Festa del papà. Chi è il padre oggi?
Foto di Ana Blazic Pavlovic
Il 19 marzo ricorre la festa del papà. Il calendario fa memoria San Giuseppe, a cui papa Francesco ha dedicato una lettera apostolica. Intervista a Maurizio Quilici, che ha fondato l'Istituto di studi sulla paternità.
Storia assai controversa quella del padre. Per secoli timone e faro della famiglia, e allo stesso tempo suo terribile padrone, negli ultimi decenni ha visto sgretolarsi le sicurezze su cui si basava la sua auctoritas.

Oggi nessuno si sognerebbe di riproporre un modello paterno superato, ma allo stesso tempo si sente il bisogno di padri, se ne percepisce l’assenza. Esigenze contrapposte che confondono i padri di oggi che si trovano, per la prima volta nella storia, a doversi un po’ arrangiare nella difficile arte di trovare un’identità.

Maurizio Quilici
Maurizio Quilici, giornalista, nel 1988 ha fondato l'Istituto di studi sulla paternità.
 
Una decina di anni fa in Italia il dibattito era molto vivace. Si parlava di “nuovi padri”, addirittura differenti scuole di pensiero discutevano se questi nuovi padri fossero reali o fossero un’astrazione teorica.

Padri che dedicavano tempo ai figli, addirittura al cambio dei pannolini, che sapevano essere fermi ma non autoritari, che riuscivano a confrontarsi con le madri ed essere spalla e sicurezza. Esistevano davvero o erano eccezioni sporadiche buone per pubblicizzare la nuova auto “familiare”?
Abbiamo chiesto che strada sta prendendo il padre a Maurizio Quilici, romano, giornalista, che nel 1988 ha fondato l’Istituto di studi sulla paternità.

Nel suo libro del 2010 – Storia della Paternità. Dal pater familias al mammo –  scriveva dell’emergere nuova figura di padre, che cosa è successo nel frattempo?

«È continuata la trasformazione che era già in atto, è continuata l’attenzione sui padri, in particolare sull’aspetto affettivo.»

Cioè?

«Da più di mezzo secolo la narrativa, la saggistica, ma anche il cinema ed il teatro, raccontano che la paternità non è solo biologica ma affettiva. Questo aspetto mi piace molto.»

Perché?

«Perché essere padre ed essere madre non è un fatto di biologia ma di amore.»

Quindi un percorso in crescita?

«Sì, anche se nel rapporto con la paternità permangono aspetti particolari deludenti. Come quello delle false denunce di abuso e maltrattamento, un fenomeno abbietto, che toglie al padre il figlio e la dignità. Allo stesso tempo non è cambiato il fenomeno dei padri che uccidono figli e mogli durante la separazione. Fenomeno che continua a dimostrare il permanere di una cultura arcaica, bestiale. Del rapporto inteso come possesso.»

Di pochi mesi fa c’è la lettera apostolica di papa Francesco Patris corde. Come si inserisce nel dibattito generale sulla paternità?

«San Giuseppe è il massimo esempio di paternità affettiva. Ci sono due concetti in particolare che sottolineerei: il primo è che “padri non si nasce, lo si diventa”; il secondo è il riconoscimento di un grande bisogno: “il mondo ha bisogno di padri”.»

Che cosa sta accadendo nel contesto internazionale?

«La maternal preference è diffusa in tanti Paesi, soprattutto i Paesi latini dove la figura della grande madre è più forte. Una grande differenza rispetto ai Paesi nordici si rileva nei congedi parentali. Siamo passati da 4 giorni a 10, che è già qualcosa. A mio avviso non andrebbero spalmati, ma messi nei primi mesi del figlio per una questione di imprinting, perché è in quel periodo che si sviluppa un attaccamento più empatico.»

Un bilancio di questa trasformazione del padre?

«Sono felicissimo della trasformazione del padre, purché non sia un appiattimento, una identificazione con la madre, un ribaltamento del padre in quella definizione molto triste: il mammo. Questo rischio c’è: oggi anche il padre esprime possesso e ansia, comprensibili per la madre, per il suo vissuto biologico, meno per il padre che avrebbe il compito di separare il figlio dalla madre come ci ha ben spiegato la psicoanalisi.
Questo compito si è un po’ indebolito. E un altro effetto è il venir meno del conflitto generazionale, che era una sorta un incontro-scontro, un rito di passaggio
Spesso il padre è timoroso del conflitto, ha paura di perdere l’amore del figlio. Il confine che il padre dovrebbe delimitare però si affievolisce.»

Quindi in ultima analisi cosa deve fare il padre?

«Il padre deve continuare a fare il padre, certo in modo diverso, certo con empatia. Ma non deve scivolare nel padre-amico. Non deve mancare il rapporto di verticalità.
Serve un padre che indichi la strada soprattutto come modello.
Il padre di oggi ha perso l’autorità del padre padrone, e questo è un bene, però in molti casi ha perso l’autorevolezza. Quella è sicuramente da ricostruire.»