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25 Febbraio 2019

Francia: cosa accade ai clienti delle prostitute

Due anni e mezzo fa la Francia adottava il cosiddetto “modello nordico” che prevede multe per i clienti delle prostitute ma anche percorsi di recupero facendoli incontrare con le loro vittime.
Francia: cosa accade ai clienti delle prostitute
Foto di Production Perig Adobe Stock
Prostitute francesi protagoniste del proprio riscatto
Frédéric ha 50 anni ed è un artigiano. Delle ragazze che ha pagato pensava così: «Ero convinto che fossero consenzienti perché non piangevano mai». «Volevo fare un favore dando loro del denaro» racconta invece Jean-Claude, classe ’72, responsabile di un’azienda.
Sono tra i 3.000 clienti delle prostitute francesi segnalati alle forze dell'ordine negli ultimi due anni, dopo l’approvazione della legge del 6 aprile 2016 che prevede una multa fino a 1.500 euro e uno stage di sensibilizzazione. Per la maggioranza si tratta di uomini comuni, professionisti impegnati in incarichi di responsabilità oppure artigiani o operai, di età compresa tra i 18 e gli 80 anni. Ma l’età media è sui 50 anni.
La maggior parte di essi è socialmente integrata e istruita e ha anche una vita di coppia stabile. A Parigi il 60% sono sposati o conviventi. Il 64% sono papà.

I corsi di sensibilizzazione 

Il giurista François Vignaud, responsabile dei Rapporti Istituzionali della Fondation Scelles, è tra gli organizzatori dei corsi di sensibilizzazione per i clienti realizzati a Parigi in un’unica giornata intensiva sotto forma di dibattito, in gruppo. «I partecipanti sono in media 8 per giornata e sono liberi di esprimere il proprio pensiero, come pure di criticare la multa ricevuta e lo stage stesso. Notiamo che provano un certo imbarazzo nelle relazioni umane, in quelle affettive in particolare. Non riescono a gestire le relazioni se non rientrano in un quadro razionale. E la loro visione del mondo sembra a tratti binaria. Spesso non si vedono come persone che agiscono violenza».
Per questo, a detta degli psicologi, se si mostrano critici verso la legge – di cui molti non sono nemmeno a conoscenza – e temono le ripercussioni penali dell’ammenda, esprimono però anche il bisogno di divieti per regolare i propri comportamenti per mancanza di capacità propria di controllo su se stessi.
I temi affrontati vanno dal significato della portata dell’acquisto di servizi sessuali agli aspetti psicologici (dal desiderio al possesso del corpo femminile), dalle nozioni di vittime di tratta degli esseri umani a scopo sessuale agli aspetti sanitari e sociali inclusi nel sistema prostitutivo.

Nei panni della vittima 

A Parigi, il corso è una pena alternativa all’ammenda, che il cliente fa a sue spese pagando 120 €. In altri Dipartimenti invece sono previste sia la multa che il corso. L’87% dei clienti, a fine corso, confessa di aver imparato cose nuove soprattutto sulla tratta delle donne e nel 100% dei casi di aver scoperto un nuovo punto di vista sul sistema prostitutivo e i rischi dei rapporti a pagamento, per la salute, la sicurezza personale e altrui.
In alcuni distretti i corsi prevedono fino a 6 – 8 giornate formative. L’obiettivo comune è creare consapevolezza sulle conseguenze dei propri comportamenti mettendosi nei panni della vittima. Oltre al lavoro di gruppo, quello che colpisce di più sono infatti le testimonianze dirette delle vittime, una della tratta dall’Africa subsahariana e una di una giovanissima donna europea.
Secondo un recente report curato dalla Fondazione Shelles (www.fondationshelles.org) «la legge francese contro il sistema di prostituzione funziona», nonostante in molti Dipartimenti non siano ancora state create le Commissioni per la lotta contro il sistema prostitutivo e per il percorso di uscita delle vittime, costituite da rappresentanti istituzionali, magistrati, operatori sanitari, educatori. E oltre a centinaia di corsi attivati in diversi Dipartimenti, significativo è il fatto che siano annualmente circa 1.000 le donne inserite nei percorsi di uscita. Inoltre le forze dell’ordine non cercano di cogliere in flagrante il cliente solo in strada o nei bordelli ma l’intervento avviene anche tramite intercettazioni telefoniche negli annunci online di prostituzione.

Oppositori e sostenitori della legge francese contro la prostituzione

Non bisogna negare, tuttavia, che in Francia non siano tutte rose e fiori. Tanti sono ancora gli oppositori della legge. I più noti ai media sono i "343 salauds" (porci) – intellettuali, scrittori, star della televisione – che nel 2013 firmarono un appello per scongiurare la legge neo-proibizionista. Inoltre lo scorso 12 novembre il Consiglio di Stato francese ha trasmesso al Consiglio Costituzionale il quesito di incostituzionalità della penalizzazione del cliente presentato da associazioni pro sex workers che sostengono i diritti all’autodeterminazione e alla salute.
Non è della stessa idea il Mouvement du Nid, associazione di utilità pubblica autorizzata dal Ministero della Gioventù e dello Sport, che continua imperterrita ogni anno a contattare in media 6.000 persone nei luoghi di prostituzione, strade, boschi e giardini pubblici, nei centri di accoglienza per profughi e anche con nuove forme di contatto attraverso social network, utilizzando forum, annunci online e sms, per raggiungere le donne più isolate. La libertà di scegliersi il lavoro e la sproporzione della pena per i clienti non sono argomenti a loro avviso validi se si considera che fino al 2016 c’erano numerose donne prostituìte – specie le straniere – che rischiavano la prigione. E non si stancano di manifestare laddove la legge non è ancora applicata a pieno, perché «la prostituzione è incompatibile con una società basata sulla parità tra uomini e donne, e sulla reciprocità del desiderio».
Aspettiamo allora con interesse un bilancio complessivo sugli effetti della legge per capire se davvero – come è nelle intenzioni dei promotori – si avrà una reale riduzione del fenomeno prostitutivo e, cambiando la cultura, diminuirà più in generale la violenza di genere, come è già avvenuto nei paesi nordici europei, ai quali la legge francese si è ispirata.

Modello francese a Roma Capitale 

C’è un nuovo fermento in Campidoglio da quando il 25 novembre 2018, in occasione della Giornata contro la violenza alle donne, anche la Sindaca di Roma ha ripreso il problema della normalizzazione della prostituzione. Non a caso sostenendo anche la campagna #nonènormalechesianormale.

Di fronte al dilagare della prostituzione di bambine rom, di adolescenti della Roma bene, di giovanissime vittime di tratta nigeriane, era impossibile rimanere inerti. Virginia Raggi, nel Convegno La schiavitù invisibile e il business della prostituzione ha voluto ribadire – a 60 anni della Legge Merlin, che nel 1958 «restituì la dignità di cittadine alle donne che venivano definite e considerate “perdute”, di fatto ridotte in schiavitù e a cui veniva negata qualunque possibilità di rifarsi una vita» che è tempo di stabilire «una connessione inequivocabile e non scontata tra prostituzione e violenza».

Pertanto la Commissione Pari Opportunità di Roma Capitale ha dato il via ad un tavolo tecnico con rappresentanti istituzionali e organizzazioni impegnate nel contrasto alla violenza di genere e allo sfruttamento della prostituzione, tra cui anche la Comunità Papa Giovanni XXIII, per una nuova strategia che coinvolga anche genitori ed insegnanti e intervenga verso gli uomini che agiscono la violenza in strada, nella prostituzione indoor e pure col sempre più diffuso adescamento online.