Topic:
4 Ottobre 2025

L'ONU si schiera con Gaza

Anche la Comunità Papa Giovanni XXIII chiama l'ONU a fermare la strage silenziosa durante il Consiglio dei Diritti Umani
L'ONU si schiera con Gaza
Il 29 e 30 settembre, al centro dei lavori della 60a sessione del Consiglio Diritti Umani dell'ONU in corso a Ginevra, c'è stato il dibattito generale sulla «situazione dei diritti umani in Palestina e in altri territori arabi occupati», che ha fatto emergere gravissime e sistematiche violazioni dei diritti umani. L'appello della commissione di inchiesta: «La comunità internazionale non può restare in silenzio sulla campagna genocida lanciata da Israele contro il popolo palestinese a Gaza».
Oltre agli Stati membri, tra gli organismi della società civile che hanno preso parte al dibattito generale c’era la Comunità Papa Giovanni XXIII (APG23), presente all’ONU dal 2009 dove è impegnata in vari percorsi di advocacy, tra cui la promozione e attuazione del diritto umano alla pace riconosciuto dalle Nazioni Unite nel 2016. Attraverso Operazione Colomba, corpo nonviolento di pace, la Comunità da più di 20 anni opera anche sul campo in sostegno delle realtà e comunità che hanno scelto la nonviolenza e il dialogo come forma di resistenza popolare al conflitto israelo-palestinese.

Le proposte di APG23 alle Nazioni Unite sulla situazione a Gaza

Di seguito potete leggere l'intervento pronunciato il 30 settembre al Consiglio Diritti Umani dalla rappresentante permanente di APG23 alle Nazioni Unite, dott.ssa Maria Mercedes Rossi, sulla situazione nei Territori Palestinesi Occupati
«Assistiamo impotenti alla situazione catastrofica in corso a Gaza. La portata della distruzione, delle morti di civili e del sistematico stato di deprivazione inflitto dal Governo israeliano al popolo palestinese esige non solo indignazione morale ma un'immediata azione internazionale.
Come affermato dalla Relatrice Speciale dell’ONU sui Territori Palestinesi Occupati e dalla Commissione d’inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite nei loro ben documentati rapporti, gli atti a cui stiamo assistendo possono essere qualificati come genocidio ai sensi della Convenzione internazionale sul Genocidio del 1948. Ne sono esempi lampanti l’embargo in corso, l'ostruzione degli aiuti umanitari, l'uso della fame e dell'accesso all'acqua come armi, le morti evitabili di bambini e altri civili.

La legge internazionale sui diritti umani, il diritto umanitario e persino le regole di guerra sono totalmente ignorati e disattesi. L'impunità prevale nell’assenza di qualsiasi forma di responsabilità, e tutto questo sta accadendo sotto il silenzio e la complicità di troppi Governi.
Il Consiglio per i Diritti Umani e tutti gli Stati membri dell’ONU devono agire con urgenza. In particolare chiediamo:
  1. Un cessate il fuoco immediato e incondizionato.
  2. L'accesso agli aiuti umanitari a Gaza, senza ritardi né restrizioni.
  3. Il riconoscimento tempestivo e incondizionato dello Stato di Palestina.
  4. Il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas.
  5. La fine dell'occupazione illegale in Cisgiordania e la punizione delle azioni violente condotte dai coloni israeliani.
  6. La sospensione della vendita di armi ad Israele e di tutti gli accordi commerciali con le società israeliane coinvolte con gli insediamenti illegali nei Territori Occupati Palestinesi.
  7. Il pieno supporto alle indagini della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) e della Corte Penale Internazionale (ICC).
  8. L'istituzione di meccanismi di responsabilità internazionali credibili per indagare e perseguire tutti gli autori di crimini internazionali, incluso il crimine di genocidio, indipendentemente dallo status o dall'affiliazione.
Inoltre, esortiamo il Consiglio Diritti Umani a condannare e agire contro le sanzioni statunitensi inflitte a Francesca Albanese, relatrice Speciale dell’ONU, e ad alcuni membri della Corte Penale Internazionale.  Queste misure minano l’indipendenza degli organismi internazionali e ostacolano l’accertamento delle responsabilità. Proteggere e i rappresentanti delle Nazioni Unite da queste indebite pressioni politiche è imprescindibile per garantire il diritto internazionale e difendere i diritti umani».

Attacchi su Gaza
Una colonna di fumo si alza dopo gli attacchi aerei israeliani su Gaza City, il 2 ottobre 2025, mentre i palestinesi vengono sfollati verso sud dal Wadi Gaza in seguito all'annuncio israeliano della chiusura della strada di Al-Rashid verso nord.
Foto di HAITHAM IMAD

Il lavoro e le denunce delle Nazioni Unite

In contrasto con il silenzio, l’inazione e la complicità di molti, troppi governi, gli organismi indipendenti delle Nazioni Unite per la tutela dei diritti umani sono fortemente impegnati per indagare, monitorare e denunciare gli abusi e le violazioni dei diritti umani massivamente perpetrati contro la popolazione civile nei Territori Palestinesi Occupati. Sono numerosi e molto dettagliati i rapporti che documentano questo complesso lavoro di ricerca, analisi e denuncia, elemento necessario per superare l’impunità e rendere giustizia alle vittime di questi crimini. Riprendiamo sinteticamente i 3 importanti rapporti che fanno da sfondo al dibattito generale sulla «situazione dei diritti umani in Palestina e in altri territori arabi occupati» e all’intervento della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Il dibattito generale è stato introdotto dalla presentazione di un rapporto dell'Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite sulle imprese coinvolte in attività collegate agli insediamenti israeliani illegali. Il rapporto costituisce l’aggiornamento di un database, elaborato per la prima volta nel 2020, che identifica le imprese coinvolte in attività quali:
  • la fornitura di attrezzature e materiali che facilitano la costruzione e manutenzione degli insediamenti illegali,
  • la demolizione di case e proprietà dei palestinesi,
  • la sorveglianza,
  • l'uso di risorse naturali a fini commerciali,
  • l'inquinamento e lo scarico di rifiuti nei villaggi palestinesi.
A fronte di 596 imprese segnalate e 215 esaminate, il rapporto elenca un totale di 158 imprese provenienti da 11 Paesi coinvolte in una o più di queste attività collegate agli insediamenti israeliani illegali nei Territori Palestinesi Occupati.
Questo rapporto fa seguito a quello presentato a luglio dalla relatrice speciale dell’ONU sui Territori Palestinesi Occupati, Francesca Albanese, in cui vengono descritti e documentati l’infrastruttura e il complesso di imprese che traggono profitto dall'economia di occupazione di Israele e dalla sua fatale trasformazione in un'economia di genocidio.
Il rapporto identifica 48 imprese (tra cui produttori di armi, grandi compagnie tecnologiche, istituzioni finanziarie, aziende edili ed energetiche) operanti in diversi settori e profondamente intrecciate nel «sistema di occupazione, apartheid e genocidio nei Territori Palestinesi Occupati», come definito dalla Relatrice Speciale, «indifferenti a decenni di violazioni dei diritti umani e crimini internazionali» e pienamente consapevoli di sostenere di fatto la repressione del popolo palestinese da parte di Israele.
Ad influenzare il dibattito generale c’è stato anche un altro cruciale rapporto pubblicato in concomitanza con la 60° sessione del Consiglio Diritti Umani dalla «Commissione d'inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est, e Israele». Basandosi su riscontri fattuali e legali in relazione agli attacchi a Gaza effettuati dalle forze israeliane e sulla condotta e le dichiarazioni delle autorità israeliane dal 7 ottobre 2023 fino al 31 luglio 2025, la Commissione d’inchiesta ha riscontrato che le autorità e le forze di sicurezza israeliane hanno commesso quattro dei cinque atti di genocidio definiti dalla Convenzione internazionale del 1948 sulla Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio, ovvero: uccidere; causare gravi lesioni fisiche o mentali; infliggere deliberatamente condizioni di vita intesse a provocare la distruzione dei palestinesi a Gaza, in tutto o in parte; e imporre misure volte a impedire le nascite.
La Commissione ha concluso che lo Stato di Israele è responsabile per il fallimento nella prevenzione del genocidio, ha commesso genocidio contro i palestinesi nella Striscia di Gaza e ha fallito nel punirne gli autori. Come ha affermato Navi Pillay, la Presidente della Commissione d’inchiesta, «la comunità internazionale non può restare in silenzio sulla campagna genocida lanciata dal Governo di Israele contro il popolo palestinese a Gaza. Quando emergono chiari segnali e prove di genocidio, l'assenza di azione per fermarlo equivale a complicità. Ogni giorno di inazione costa vite umane e erode la credibilità della comunità internazionale».
 
Per approfondimenti:
Sito dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite
Sito del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite
Sito dell’Ufficio APG23 presso l’ONU a Ginevra