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3 Maggio 2025
Ultima modifica: 3 Maggio 2025 ore 07:55

Giacomo Salvini: «Libertà di stampa, fondamentale»

L'autore del libro "Fratelli di chat" racconta la sua carriera e la sua visione nella Giornata internazionale della libertà di stampa.
Giacomo Salvini: «Libertà di stampa, fondamentale»
Foto di Swaroop
Giacomo Salvini nel suo ultimo libro affronta temi cruciali per la lettura della realtà contemporanea. 3 maggio; ecco i consigli ai giovani aspiranti giornalisti, raccolti da un aspirante giornalista.

Giacomo Salvini è un cronista che è riuscito a fare della sua passione un mestiere. In questo periodo, a seguito della pubblicazione del suo primo libro, Fratelli di Chat, sta scuotendo l’opinione pubblica su temi di rilevanza politica e sulla libertà d’informazione. Ho avuto il piacere di fargli qualche domanda sulla sua esperienza professionale, anche in occasione delle diverse presentazioni del suo lavoro.

Alla luce dell’odierna situazione del giornalismo, cosa consigli a un giovane studente che vuole intraprendere questa carriera?

«Innanzitutto di avere le idee chiare, sapere cosa vuole fare, in cosa vuole specializzarsi. Oggi è importante avere anche delle specializzazioni, se si vuol fare il giornalista d’inchiesta, o quello sportivo. Poi, naturalmente, una laurea è importante. Consiglio di scrivere molto, magari iniziando all’università. Si può scrivere anche localmente. L’importante è avere la passione per ciò che si vuole fare.»

Pensi che l’articolo 21 della Costituzione italiana sia, ancora oggi, uno strumento garante della libertà di manifestazione del pensiero?

«Sì, assolutamente. Rimane uno degli ultimi baluardi che difende i giornalisti. Le guerre ci ricordano quanto l’articolo 21 sia fondamentale.»

Mi puoi parlare brevemente della tua esperienza professionale? Come hai iniziato questo mestiere, cosa ti ha spinto a sceglierlo?

«Io ho iniziato a interessarmi di politica ai tempi delle scuole superiori. Mi piaceva la politica, volevo fare il magistrato, ma mi piaceva fare domande, interrogarmi, e alla fine ho scelto di fare il giornalista. Volevo raccontare quello che vedevo. Ho frequentato la facoltà di Scienze Politiche a Firenze e all’Università avevo già iniziato a scrivere.»

A seguito della pubblicazione del tuo ultimo libro, hai ricevuto diverse critiche. Come interpreti le affermazioni di alcuni politici?

«Preferisco non parlarne, cerco di svolgere il mio lavoro, nel rispetto dell’interesse pubblico e dell’opinione pubblica.»

Le nuove tipologie di querele, per i giornalisti ma non solo, vengono definite SLAPP (Strategic lawsuit against public participation), cioè “azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica”. Nonostante esse siano uno strumento identificato, e spesso le cause intentate ai giornalisti terminino con assoluzioni, procurano danni economici, non credi?

«Sì, credo siano danni anche economici. Purtroppo la politica non si occupa abbastanza di questa tematica. Inoltre alla politica questo strumento fa comodo, gli conviene. Per un giornalista, spesso, è difficile difendersi da queste querele, specie se non ha una grande azienda editoriale con la quale collabora.»

Dopo la vittoria elettorale di Donald Trump, Roberto Saviano ha fatto un ragionamento interessante. L’Unione Europea dipende dagli Stati Uniti anche perché non è dotata dei propri social media. Questi, però, sono strumenti che, in mano a persone potenti, sviluppano forme dittatoriali. Ma l’Europa ne ha comunque bisogno per emanciparsi dal controllo statunitense. Questi strumenti convengono al cittadino europeo?

«Secondo me sì, nel senso che i social media hanno un ruolo fondamentale nella democrazia, ma non penso che riescano a orientare un voto o delle preferenze elettorali. Questo è un tema da approfondire e da studiare. Non si devono creare situazioni come quella di Elon Musk, quindi serve una regolamentazione in materia.»

D’altro canto già i servizi segreti e il governo sono capaci di spiare chiunque con i loro mezzi, senza obbligatoriamente ricorrere all’uso dei social media.

«Sì, questo si è visto anche con il recente caso Paragon, di cui ancora non si è compreso tutto. Potrebbe essere stato spiato anche il giornalista e direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, ma questo bisogna ancora verificarlo.»

Oltre al mondo della politica e della magistratura, cosa serve per un modello di cittadinanza attiva?

«Questa è una domanda abbastanza complicata. Io consiglio sempre di informarsi molto.»

Ultima domanda. Un passaggio del tuo libro, Fratelli di Chat, narra la proposta di alcuni politici di fare una legge ad personam contro i giornalisti scomodi. Questo succede oggi come succedeva, in realtà, tanti anni fa. Basti pensare a governi precedenti che hanno fatto leggi per estinguere reati e aggredire anche l’articolo 21. Intellettuali e giornalisti aggrediscono questo governo, ma lo hanno fatto con i governi precedenti?

«A me sembra che questo governo goda di una stampa amorevole, decisamente di più rispetto ai governi precedenti. Ci sono stati pochi casi, in passato, di giornalisti cosi amorevoli verso il governo.»