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7 Giugno 2025
Ultima modifica: 7 Giugno 2025 ore 08:39

L'isola di plastica più grande del mondo

L'8 giugno si celebra la Giornata degli Oceani. Ma nelle acque del Pacifico c'è un'enorme isola composta da 100 mila tonnellate di plastica, e non è la sola.
L'isola di plastica più grande del mondo
Sono sette le isole di spazzatura sparse in tutto il mondo e ce n'è una anche in Italia, tra l'Isola d'Elba e la Corsica. Il Mediterraneo, per la sua conformazione chiusa, è tra i mari più a rischio. Nonostante le missioni attivate, la situazione sta peggiorando.

Nelle acque a nord dell’Oceano Pacifico si estende una vasta area di rifiuti galleggianti, conosciuta come Great Pacific Garbage Patch. Nel 2025, si stima che questa isola di spazzatura copra circa 1,6 milioni di kmq, con una massa di plastica di circa 100.000 tonnellate. La maggior parte dei rifiuti è costituita da oggetti più grandi di 0,5 cm, come reti da pesca e bottiglie.
Tra queste, le iniziative più rinomate sono sicuramente il progetto The Ocean Cleanup e la missione Kaisei dell'Ocean Voyages Institute (OVI): quest’ultima ha contribuito significativamente alla rimozione di questi rifiuti, con oltre 318 tonnellate raccolte tra il 2020 e il 2022. Si tratta di una goccia nel mare ma, nonostante l'affondamento della nave Kaisei nel 2025, l'OVI continua i suoi sforzi di pulizia utilizzando altre imbarcazioni e tecnologie innovative.

Le missioni per rimuovere i rifiuti

Diverse spedizioni hanno tentato - e stanno tentando tuttora - di rimuovere i detriti e limitare così l’espansione della Great Pacific Garbage Patch.  La missione Kaisei, avviata nel 2009 dall'Ocean Voyages Institute (OVI), ha svolto un ruolo significativo nella rimozione dei rifiuti plastici dalla Great Pacific Garbage Patch. Nel 2020, l'OVI ha stabilito un record rimuovendo 170 tonnellate di rifiuti plastici in due spedizioni. Nel 2022, ulteriori 148 tonnellate sono state rimosse in due spedizioni estive. Tuttavia, nel maggio 2025, la nave Kaisei è affondata nel porto di Alameda, in California. Le cause dell'affondamento sono attualmente oggetto di indagine ma nonostante questo incidente, l'OVI continua i suoi sforzi di pulizia utilizzando altre imbarcazioni e tecnologie innovative per localizzare e rimuovere i rifiuti marini.
Per quanto riguarda The Ocean Cleanup, l’iniziativa ha raggiunto nel luglio 2024 un nuovo traguardo nella lotta contro l'inquinamento marino, rimuovendo 16 tonnellate di plastica in un'unica operazione. Questa raccolta comprendeva una vasta gamma di rifiuti, tra cui reti da pesca, boe, flaconi e altri detriti plastici. La plastica recuperata è stata avviata al riciclo per essere trasformata in prodotti sostenibili. Con questa operazione, il totale della plastica rimossa dalla GPGP ha superato le 345 tonnellate. Per il 2024, l'organizzazione si è prefissata l'obiettivo di eliminare 100 kg di plastica all'ora utilizzando il System 03, un dispositivo avanzato progettato per aumentare l'efficienza della raccolta dei rifiuti marini.

La situazione sta peggiorando

Nonostante gli sforzi, negli ultimi sette anni, la Great Pacific Garbage Patch ha registrato un incremento significativo della concentrazione di plastica, in particolare dei frammenti più piccoli. Secondo uno studio condotto da ricercatori di IOP Publishing in collaborazione con The Ocean Cleanup, tra il 2015 e il 2022 la densità dei frammenti di plastica è aumentata da 2,9 kg/km² a 14,2 kg/km². Questo aumento è attribuito principalmente all'arrivo di nuovi frammenti generati dalla frammentazione di rifiuti plastici più vecchi, trasportati dalle correnti oceaniche.
La crescente presenza di microplastiche rappresenta una minaccia per l'ecosistema marino, poiché può compromettere la sopravvivenza delle specie viventi e influenzare negativamente il ciclo globale del carbonio, dato che le microplastiche galleggianti possono interferire con lo zooplancton, fondamentale per l'assorbimento della CO2.

L'isola spazzatura che c'è fra Isola d'Elba e Corsica

Quella situata nel nord del Pacifico, oggetto di raccolta della Kwai, non è purtroppo l’unica isola di plastica e di rifiuti a galleggiare negli oceani: attualmente sono sette le isole di spazzatura sparse in tutto il mondo e ce n’è una anche in Italia, nel Mediterraneo, tra l’Isola d’Elba e la Corsica.
Questa isola è alimentata in larga parte dai rifiuti provenienti dall’Arno, dal Tevere e dal Sarno. Lunga per il momento poche decine di chilometri la macchia di spazzatura continua a espandersi e in maniera anche più densa di quella dell’oceano Pacifico.

Mediterraneo, situazione grave

Il Mar Mediterraneo si conferma tra i mari più a rischio al mondo: su di esso si affaccia circa il 10% della popolazione globale e il suo bacino, tra i più trafficati, riceve le acque di fiumi che attraversano aree densamente popolate, come il Nilo, l’Ebro e il Po. Nonostante rappresenti meno dell’1% della superficie marina del pianeta, contiene circa il 7% di tutte le microplastiche marine. Le ultime rilevazioni hanno registrato una concentrazione record di microplastiche nei suoi fondali, pari a 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato: una densità che supera la soglia considerata compatibile con la vita marina.
Questo grave inquinamento è dovuto anche alla particolare conformazione del Mediterraneo, bacino semi-chiuso con un unico sbocco nello Stretto di Gibilterra, che misura solo 14 chilometri. Tale struttura impedisce una dispersione efficace delle plastiche galleggianti, che tendono ad accumularsi in superficie o a depositarsi sui fondali. Una volta sul fondo, questi rifiuti ricevono poca luce e possono restare intatti per secoli o degradarsi lentamente in microframmenti, contribuendo a lungo termine all’inquinamento.
Anche in questo caso, diverse iniziative sono state attivate per contrastare l’emergenza plastica nel Mediterraneo. Tra le più recenti c’è il progetto EPIC, presentato a Livorno e sostenuto da ARPAT e dalla Regione Toscana, che mira a identificare le fonti e le dinamiche di diffusione delle macroplastiche attraverso i fiumi e a sviluppare tecnologie per il loro recupero e riciclo.

Insomma, l'impatto della nostra civiltà continuerà a essere misurabile anche dalla plastica presente sul fondo del nostro mare. Meglio attivarsi e lasciare un’eredità più sostenibile alle future generazioni.