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6 Giugno 2023
Ultima modifica: 12 Giugno 2023 ore 09:36

Haiti è in mano alle bande armate

Un haitiano racconta la situazione drammatica dell'isola caraibica
Haiti è in mano alle bande armate
Nelle ultime ore le forti piogge hanno provocato inondazioni e smottamenti che sono costate la vita a 42 persone mentre altre risultano disperse. Questo aggrava un quadro sociale già fortemente compromesso da una prolungata crisi umanitaria alimentata dalla violenza tra bande, dal collasso politico e dalla stagnazione economica.
Haiti, piccola isola caraibica, ormai è governata dall’anarchia delle bande armate. A luglio 2021 l’assassinio del presidente ha aumentato le sommosse delle bande armate e impoverito ancora di più la società, precedentemente impoverita  dalle catastrofi naturali avvenute sull’isola: tsunami del 2004, terremoto del 2010 e uragano Matthew del 2021. Organizzazioni umanitarie e soccorsi hanno abbandonato l’isola e la situazione sociale è molto precaria«La vita ad Haiti non è facile, perché siamo costantemente afflitti dalla guerra e la maggior parte della popolazione cerca rifugio nella Repubblica Dominicana, spesso senza documenti e a piedi. La situazione è complicata poiché la fame ci opprime e i bambini sono privati dell'opportunità di andare a scuola» racconta Thony Andi, che abbiamo intervistato come testimone diretto della vita di Haiti.

La malnutrizione infantile è cresciuta negli ultimi anni a causa della scarsità di cibo e dei mancati aiuti. Gli studiosi del progetto Link NCA hanno riportato che una delle maggiori conseguenze della malnutrizione infantile ad Haiti è causata dallo stress genitoriale, poiché le donne sono lasciate sole, incinte e a capo della famiglia.  A inizio maggio 2023 l'Unicef ha lanciato un’allarme per malnutrizione infantile: quasi un quarto  dei bambini minori di 14 anni  ne sono afflitti e sono diffuse anche molte malattie, tra cui il ritorno del colera. Nella crisi haitiana si stima che un numero record di 4,9 milioni di persone nel Paese soffra la fame acuta, cioè circa il 45% della popolazione.

«Abbiamo vissuto con la paura sia degli uragani che dei terremoti. - continua Thony -. La mancanza di un governo  stabile ha reso la situazione ancora più difficile. Ogni volta che piove ci sono vittime perché non abbiamo un adeguato sistema fognario. Molte case sono vulnerabili all'infiltrazione dell'acqua, poiché la capitale è situata vicino al mare e durante le piogge intense i livelli delle acque aumentano drasticamente».

Negli ultimi anni Haiti è stata colpita da diversi fenomeni ambientali che hanno reso sempre più critica la situazione del Paese. Dal terremoto del 2010 e del 2021 con conseguente tsunami agli uragani, l’isola è distrutta come la sua popolazione.
Non ci sono ospedali, i pochi rimasti riescono a fare solo il minimo indispensabile, non esiste più un governo o un sistema che strutturi la società, ognuno provvede alla propria vita nel migliore dei modi.
Omicidi e rapimenti hanno iniziato a far parte della vita quotidiana. L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite attesta che  solo nei primi tre mesi del 2023, il numero di omicidi denunciati ufficialmente è aumentato a livello nazionale del 21% rispetto all'ultimo trimestre dell'anno 2022: ben 815 contro 673. Anche il numero di rapimenti è cresciuto in modo inquietante, passando da un totale di 391 a 637, aumentando del 63%.


«I soccorsi, a volte, vengono effettuati a piedi dalla Protezione Civile e la ricerca delle persone scomparse avviene manualmente, senza strumenti adeguati. Siamo completamente sprovvisti. Purtroppo, tutto ciò che accade ad Haiti spesso non viene raccontato dai media. Le armi illegali che arrivano nel Paese provengono dagli Stati Uniti e i giovani cercano di acquisire potere attraverso la forza. Ora tutte le organizzazioni internazionali sono andate via e i fondi raccolti non sono mai stati impiegati per aiutare veramente le persone. Abbiamo assistito a politiche molto strane, il ministro attuale sembra interessato solo ai soldi».

Le Nazioni Unite - come dichiara l’US Departments of State - in collaborazione con il Messico stanno organizzando restrizioni sui visti con lo scopo di dimostrare che ci sono conseguenze per coloro che istigano violenza e disordini nel Paese caraibico, mentre si continua "a  sostenere" i cittadini, organizzazioni e funzionari pubblici di Haiti che sono impegnati a generare speranza e opportunità per un futuro migliore nella loro nazione. Questa è la promessa che l’America fa all’isola. Il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha elaborato con il Messico una risoluzione che propone misure di sanzioni specifiche per consentire alla comunità internazionale di affrontare le molte sfide che la popolazione di Haiti deve affrontare. La popolazione ha iniziato a difendersi da sola: quella che era inizialmente anarchia è diventata una guerra civile, bande armate contro civili disarmati, che si difendono con la speranza e la voglia di un cambiamento.
L'ONU ha abbandonato l’isola nel 2019 insieme ai Medici Senza Frontiere. Da 350 ONG e associazioni umanitarie presenti sull’isola dal terremoto, oggi ne sono presenti circa una ventina di locali, e tutte le raccolte fatte non sono mai state utilizzate per la popolazione.


«Al giorno d'oggi, Haiti è completamente isolata e i migranti che cercano rifugio nella Repubblica Dominicana devono attraversare il mare. Ho trascorso otto mesi in Repubblica Dominicana e posso testimoniare che tutto è migliore rispetto ad Haiti. È un luogo più bello e più organizzato».

Gli abitanti provano a scappare in Repubblica Dominicana, nonostante il presidente abbia fatto inizare a costruire un muro per dividere le due parti dell'isola Hispaniola da un muro in costruzione di circa 160 km, con 20 torri sorvegliate per il prezzo di 27 milioni di euro voluto dal presidente Luis Abinader per il controllo dell'immigrazione illegale e della criminalità. La grande preoccupazione della repubblica dominicana non è quella di aiutare i civili, ma di salvarsi dal traffico di droga delle bande armate. Illegalmente via mare si riesce comunque a fuggire e a trovare rifugio, ma questa soluzione è temporanea il desiderio e quello di abbandonare l’isola Hispaniola e avere un futuro migliore.

Questo è il racconto dell’intervistato Thony Andi, collaboratore per anni dei missionari Scalabriniani di Haiti, riuscito a fuggire e raggiungere la sua famiglia in Italia lo scorso autunno grazie ad un ricongiungimento familiare. Thony collabora da lontano ad un progetto dell'associazione di promozione sociale AJPDH. Questa associazione di giovani ha la finalità di promuovere lo sviluppo di Haiti. Le raccolte fondi hanno lo scopo di sostenere attività di sostegno alimentare e sanitario, attività educative e formative per adolescenti e attività ricreative per bambini. L’associazione non è sostenibile online,  perché nonostante  i documenti per il riconoscimento ufficiale siano stati depositati più di 2 anni fa, non si è ottenuto ancora un riscontro da parte delle autorità haitiane competenti. Le condizioni in cui è il Paese sono ben individuabili anche nelle procedure burocratiche. Infatti, nonostante i costi esorbitanti per qualunque procedura,  a causa della corruzione insediata in ogni ambito, le amministrazioni statali e i relativi uffici sono fermi, bloccati e inefficienti. Questo favorisce notevolmente la diffusione e il consolidamento di sistemi illeciti e traffici illegali di certificazioni e documenti, tra cui i passaporti e i visti per l’espatrio. 

«La pioggia è scarsa e l'approvvigionamento elettrico è irregolare. Tuttavia, abbiamo accesso ai telefoni. L'acqua potabile non è disponibile in tutte le città, e molte persone non hanno accesso a una fonte di acqua sicura. È importante che il mondo conosca la vera situazione ad Haiti, le sfide che affrontiamo ogni giorno. Abbiamo bisogno di aiuto, di sostegno e di attenzione affinché possiamo superare queste difficoltà e costruire un futuro migliore per il nostro Paese».

Abbandonati a loro stessi, ma pieni di speranza. Ecco come vivono il loro "isolamento" gli haitiani. Agli occhi del mondo la loro situazione appare un problema minore, eppure coinvolge la vita di 11,5 milioni di persone.  I Paesi a maggior rischio di calamità naturali richiedono politiche internazionali di sostegno stabili e strutturali a lungo termine da parte dei governi fuori da ogni logica di corruzione e che le Nazioni Unite non lascino soli soprattutto i più piccoli, soprattutto bambini e bambine, che le associazioni locali e le congregazioni religiose radicate sull'isola, nonostante omicidi e rapimenti, continuano a sostenere a piccoli passi.