Come il carico economico di tutte le attività connesse all'aborto ricade sulla collettività, attraverso il sistema fiscale
È stato pubblicato pochi giorni fa il 2°
Rapporto sui Costi e sugli effetti sulla salute della Legge 194, intitolato “Verso la privatizzazione dell’aborto”, uno studio promosso dall’
Osservatorio Permanente sull’Aborto (Opa – osservatorioaborto.it), un osservatorio indipendente creato da una rete di associazioni: Aigoc (Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici), FEAM (Federazione Europea Associazioni Mediche Cattoliche), associazione Pro Vita & Famiglia onlus, Fondazione “Il Cuore in una Goccia onlus”, SIBCE (Società Italiana di Bioetica e Comitati Etici).
Lo studio fa seguito, a due anni di distanza, ad un analogo primo rapporto pubblicato nel maggio 2021.
L’aspetto interessante di questi rapporti è che essi cercano di determinare nel modo più oggettivo possibile i costi legati all’esecuzione degli aborti.
Chi paga per gli aborti
Infatti dal 1978, anno in cui la legge 194 ha introdotto un iter per abortire legalmente in Italia,
i costi degli aborti sono a carico del Servizio Sanitario e possono essere determinati dagli organi che lo governano (innanzitutto Ministero della Salute e Assessorati regionali alla Salute).
In altre parole, il carico economico di tutte le attività connesse all’aborto (visite pre- e post-intervento, ecografie, esami diagnostici sulla madre e sul bambino, diagnosi prenatali, esecuzione degli interventi, somministrazione di farmaci e di prodotti abortivi...) ricade sulla collettività, attraverso il sistema fiscale, cioè sui contribuenti italiani. Non è previsto nessun tipo di pagamento da parte della richiedente, sia essa italiana o straniera.
Questo è un fatto che
interroga le coscienze di tanti, a cui ripugna che una parte dei soldi delle proprie tasse, per quanto modesta, venga usata per dare la morte a dei nostri simili, più piccoli ed indifesi. Soprattutto sapendo che dietro tutto questo c’è una società che non vuole accogliere i bimbi concepiti nelle circostanze più sfavorevoli e quindi non offre reali alternative alle loro madri anzi, tante volte spinge verso l’aborto.
Quindi conoscerne di più su questi costi è il primo passo per sviluppare azioni di sensibilizzazione e di protesta.
Quanto costa un aborto
Nel Rapporto i costi vengono calcolati partendo dai costi standard stabiliti per gli aborti a livello nazionale e regionale: come la maggioranza delle prestazioni eseguite dalle Aziende sanitarie, diverse delle prestazioni sopra indicate sono rimborsate agli ospedali dalle regioni sulla base di un "tariffario" stabilito per decreto e periodicamente aggiornato.
Incrociando quindi i costi standard coi numeri delle diverse tipologie di aborti riportate nei rapporti del Ministero della Salute, lo studio arriva a determinare i costi complessivi derivanti dall’applicazione della Legge 194, pari a
59.609.815 Euro per l’anno 2020 (ultimo anno in cui ci sono i dati disponibili del Ministero). Considerando che gli aborti nell’anno sono stati 65.757, questo corrisponde ad un costo medio di circa
900 Euro per ogni bambino abortito.
Si tratta di un valore in calo rispetto a quello riportato nel primo rapporto (70.236.232 Euro, relativo all’anno 2018), principalmente per due motivi: il calo del numero degli aborti ed il maggior peso degli aborti chimici (quelli con la pillola RU486, che oggi sono ormai il 35% del totale) che hanno un costo minore per le casse pubbliche.
Seguendo una procedura analoga per tutti i 42 anni di vigenza della legge, il costo complessivo stimatoper la finanza pubblica è di
5,3 miliardi di Euro.
In questi anni dunque più di 5 miliardi di Euro del bilancio del Ministero della Salute sono stati sottratti alla cura delle persone e dirottati a queste pratiche, proprio in anni in cui le esigenze di salute per una popolazione che invecchia sempre di più sono in costante crescita, per non parlare dei costi per approvvigionarsi di vaccini e farmaci sempre più efficaci ma anche più costosi.
Un motivo in più per impegnarsi perché ai bambini sia garantito il diritto a nascere e alle loro mamme quello di continuare la gravidanza. Perché, come racconta l'esperienza degli operatori della
Comunità Papa Giovanni XXIII, che ogni anno ricevono centinaia di chiamate da gestanti in difficoltà, i motivi che inducono ad abortire non sono insuperabili, tante volte basta semplicemente ascoltare ed incoraggiare le donne per veder rifiorire la speranza dove si stava già sviluppando un progetto di morte.
Incompleti i dati sulle complicanze post-abortive
Questo secondo report dedica un’ampia parte ad approfondire in particolare il tema delle
complicanze post-abortive. Dall’analisi emerge che le informazioni pubblicate dal Ministero della salute nel suo report annuale sono in diversi casi incomplete e contraddittorie. Pertanto gli estensori del rapporto hanno sviluppato un loro approfondimento da cui emerge che l’incidenza delle complicazioni potrebbe essere
quasi tre volte superiore a quella registrata dalle statistiche ufficiali. Viene stimato anche l’onere finanziario legato a queste complicazioni, pari a
5,5 milioni di Euro per il solo 2020. Anno dopo anno il peso percentuale di questi costi sul totale dei costi di applicazione della legge aumenta e nel 2020 è pari a quasi il 10% del totale.
Un costo nascosto di cui spesso non si tiene conto.
Infine il report analizza anche il fenomeno del forte incremento della diffusione delle
pillole “di emergenza” (del giorno dopo e dei cinque giorni dopo), prodotti caratterizzati da un’azione anche abortiva, e stima che l’assunzione di questi prodotti causi un
numero di aborti variabile tra 15.000 e 30.000, arrivando così a concludere che l’abortività effettiva in Italia è più elevata di quella indicata dalle statistiche ufficiali.