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29 Giugno 2023
Ultima modifica: 29 Giugno 2023 ore 14:08

In Marocco seguiamo il profumo dei poveri

Elia e Marianna sono giovani missionari a Tangeri: una presenza voluta dalla diocesi a fianco dei ragazzi di strada. Il sogno è l'apertura di una casa famiglia.
In Marocco seguiamo il profumo dei poveri
Foto di Claudia di Profio
Parte domani l'iniziativa "Vieni in Marocco", una settimana di servizio e preghiera per conoscere le strade di Tangeri e i bambini che le abitano, condividendo la quotidianità dei due giovani volontari che da febbraio hanno inaugurato la missione in nord Africa. Questo è il loro racconto.
A Tangeri, una città del Marocco affacciata sullo stretto di Gibilterra, due giovani italiani stanno vivendo un’esperienza particolare. «Ci capita spesso di uscire di casa presto per andare a prestare servizio nelle varie realtà di Tangeri e di trovare fuori dalla nostra porta delle sagome sdraiate su dei cartoni, rannicchiati per ripararsi dal freddo umido della notte. Il sole è già alto, ma loro ancora dormono. La notte “lavorano”: fanno l’elemosina fuori dai locali della movida frequentati dai turisti. A volte però non li troviamo, allora seguiamo l’odore della colla che sniffano, l’odore dei piedi non lavati da giorni: è il profumo dei poveri, come lo chiamava don Oreste, profumo che permea tutti i vicoli della Medina, il quartiere antico di Tangeri, e quando li troviamo è sempre una grande festa. Ci corrono incontro felici e sorridendo mostrano i denti cariati o caduti. Qualsiasi cosa stessero facendo, la interrompono, prendono i pochi spiccioli raccolti fino a quel momento e iniziano a camminare con noi, senza chiederci dove andiamo. Lo stesso bambino che fino a poco prima si guardava attorno diffidente e preoccupato, sempre all'erta, adesso è spensierato, ride, corre. Abbiamo gli occhi di tutti addosso: i turisti, i marocchini, la polizia in borghese, che abbiamo imparato a riconoscere. 
Sguardi di disprezzo, a volte di preoccupazione nei nostri confronti. E se qualcuno dice loro qualcosa: “Sono nostri amici”, rispondono orgogliosi Mohamed, Ashraf e Younes. Ci dicono che con noi si sentono al sicuro. Perché siamo europei? Bianchi? Perché abbiamo i soldi? Forse. Ci piace pensare che si sentano al sicuro perché li guardiamo con gli occhi del cuore, senza giudicarli o compatirli, perché li vediamo per quello che sono: bambini in cerca di amore. Ci piace pensare che sappiano che nel nostro piccolo, restituiamo loro la dignità che gli è stata sottratta. Ogni giorno usciamo dal nostro fortino lasciandoci dietro le nostre sicurezze, per poi scoprire in mezzo a quei vicoli la certezza più grande: i poveri aspettano solo noi».
Elia e Marianna in Marocco
Foto di Claudia di Profio
Elia Vargiu, 22 anni, e Marianna Antosa, 30 anni, sono partiti lo scorso febbraio per vivere un’esperienza in Marocco con la Comunità Papa Giovanni XXIII. La presenza nel Paese nordafricano nasce per dare risposta alla richiesta di padre Emilio Rocha, arcivescovo di Tangeri: «Padre Emilio, frate francescano minore spagnolo, ci ha chiesto di affiancare le suore di Madre Teresa che aiutano i ragazzi di strada. Alcuni di loro finiscono in strada da soli già a 6 anni» spiega Antonio De Filippis, responsabile della zona Medio Oriente. Una presenza missionaria tutt’altro che scontata o semplice, visto che il Marocco è a maggioranza islamica. Eppure l’arcivescovo di Rabat, Cristóbal López Romero, spiega: «In Marocco la Chiesa cattolica esiste ed è viva e vegeta, formata da 30.000 cattolici provenienti da oltre 100 Paesi; ci sono due diocesi – anzi, arcidiocesi! – con le loro rispettive cattedrali a Tangeri e a Rabat; ci sono una trentina di parrocchie e presenze cristiane, servite da 51 sacerdoti (diocesani e religiosi), e una trentina di comunità di religiose con 154 suore, compresi due monasteri: di clarisse e di carmelitane». E così, dopo alcuni viaggi conoscitivi, Antonio De Filippis si è messo alla ricerca di giovani disposti a partire e li ha trovati.

«Il problema dei ragazzi di strada è diffuso in tutto il Paese – spiegano Elia e Marianna – in particolar modo nella città di Tangeri, dove i bambini arrivano da tutto il Marocco sognando di attraversare i soli 14 km di mare che li separano dalla Spagna. Essendo una città piena di turisti durante tutto l’anno, i bambini riescono tramite l’elemosina a sopravvivere. Per combattere la fame e il freddo acquistano a prezzi stracciati colla e solvente, sostanze reperibili legalmente e dalle quali diventano dipendenti inalandone i fumi. Vivono in uno stato psico-fisico e igienico precario, in una condizione di totale invisibilità da parte di larga parte della società marocchina, istituzionale e civile. Vivono in un clima estremamente violento, sia tra di loro, sia perché vengono maltrattati dai locali, in particolare dalla polizia che, per proteggere l’apparente decoro della città e preservare il turismo, li prende con brutalità e li respinge in altre città limitrofe e non. Le cause che portano i bambini a scappare da casa e iniziare la vita di strada, secondo l’opinione dei locali e di alcuni studi di professionisti che si occupano del problema, sono di svariata natura: povertà generalizzata in buona parte della popolazione, violenza domestica e/o scolastica, mancanza di cure da parte dei genitori, l’essere nati al di fuori del matrimonio (molti di loro infatti non sono registrati all’anagrafe), l’abbandono da madri divorziate che, risposandosi, non trovano nel nuovo marito la volontà di assumersi la responsabilità del bambino, il desiderio di arrivare in Europa.

Ragazzi di strada in Marocco


La Chiesa di Tangeri prova a rispondere a questo problema attraverso le suore di Madre Teresa di Calcutta, che da 20 anni offrono ai bambini di strada un luogo sicuro dove poter mangiare, riposare, lavarsi, giocare e in generale sentirsi liberi di essere bambini, con l’aiuto di volontari e pediatri marocchini e spagnoli. Le Missionarie della Carità però sono solo quattro e ospitano nella loro casa numerose donne marocchine e subsahariane incinte o neo-mamme, per questo il vescovo Emilio ha pensato alla Comunità Papa Giovanni XXIII per supportare questa realtà, sognando l’apertura di una casa famiglia. Da quando siamo arrivati aiutiamo le suore nei vari servizi: la colazione tre volte a settimana e le docce con cena due volte a settimana. Abbiamo creato un legame di fiducia con i bambini che da subito, incontrandoci in giro ci corrono incontro e ci abbracciano, per poi fare un pezzo di strada con noi».
Missione Marocco
Una bella esperienza che ha la prospettiva di continuare anche in futuro: «Elia e Marianna stanno ampliando l’attività portata avanti finora dalle suore – dice Antonio De Filippis – e stanno cercando anche altre realtà locali impegnate coi bambini di strada, per creare una piccola rete di realtà locali e ONG sensibili al problema dei ragazzi di strada».
Questa presenza appena nata, oltre che un bel segno di condivisione con i poveri, è anche molto preziosa nel dialogo interreligioso con i musulmani, un tema che sta molto a cuore a Papa Francesco e che Antonio ci tiene a portare avanti: «Per tenere aperta questa presenza di dialogo, oltre a Elia e Marianna, siamo alla ricerca di altre persone che diano la loro disponibilità a vivere la condivisione diretta con questi bambini di strada. Vi aspettiamo!