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22 Febbraio 2023
Ultima modifica: 22 Febbraio 2023 ore 11:01

La croce? Paradossalmente è un segno di libertà

Con il Mercoledì delle Ceneri inizia la Quaresima, per i cristiani un periodo di intenso cammino spirituale fino alla Passione di Cristo. Ma qual è il vero senso della croce?
La croce? Paradossalmente è un segno di libertà
Foto di Ana Krach
Noi siamo abituati alla croce, la portiamo anche al collo come un monile. Eppure occorre riscoprire il suo senso aberrante, non per gusto quasi sadico, ma perché vogliamo entrare profondamente del mistero pasquale.
Nella diocesi di Gorizia, di cui sono arcivescovo, abbiamo il dono di avere la splendida basilica di Aquileia, costruita appena si è avuta nell’impero romano la libertà di religione con il cosiddetto editto di Milano del 313. Della prima costruzione si sono salvati gli splendidi mosaici, portati alla luce dagli archeologi negli anni 1909-1912. Il pavimento della basilica costituisce il più esteso mosaico paleocristiano del mondo occidentale (occupa 760 m2) e rappresenta un significativo esempio di inculturazione. I simboli pagani, infatti, vengono riletti in modo innovativo dal punto di vista cristiano. Per esempio, viene rappresentata la “vittoria alata”, tipica immagine pagana, ma collocando ai suoi piedi il cesto con i pani, ecco che diventa la “vittoria eucaristica”.
Torno spesso ad Aquileia e ogni volta resto incantato a vedere lo splendore di questa chiesa (che continua a restare chiesa a tutti gli effetti e non un museo). Tempo fa, però, osservando bene i mosaici, mi sono domandato: ma la croce dov’è? Effettivamente non è rappresentata nel pavimento a mosaico. Certo Gesù è presente, in particolare con la raffigurazione di un giovane buon pastore. E anche il mistero pasquale è rappresentato con il ciclo di Giona, che occupa una parte significativa del mosaico del IV secolo. Il profeta, con la sua vicenda personale e in particolare con la sua presenza per tre giorni nel ventre del pesce, è evidentemente simbolo della sepoltura di Gesù e della sua risurrezione. Gesù stesso lo afferma: «Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Matteo 12,40). Ma la croce non è presente nel mosaico: c’è un bellissimo crocifisso in una cappella laterale, che però è del XVI secolo. Mi sono domandato il perché.

Facendo una ricerca ho scoperto che nei primi secoli della Chiesa il crocifisso e la croce non era rappresentati, neppure nelle catacombe (dove erano presenti simboli che vi alludevano: l’ancora, l’albero della nave, il “chirò” o monogramma di Cristo). Pare che la prima raffigurazione della croce sia quella del portale della basilica di Santa Sabina a Roma della metà del V secolo.
Come mai? Perché per la cultura romana la croce era qualcosa di assolutamente orribile e infamante, un modo per uccidere gli schiavi ribelli e i malfattori. Rappresentarla sarebbe stato come oggi raffigurare una sedia elettrica o una forca o qualcosa d’altro di simile, usato purtroppo ancora ai nostri giorni per condannare a morte. Solo con l’imperatore Teodosio il supplizio della croce venne abolito.

Noi siamo abituati alla croce, la portiamo anche al collo come un monile. Eppure occorre riscoprire il suo senso aberrante, non per un gusto quasi sadico, ma se vogliamo entrare profondamente nel mistero pasquale che questi due mesi, con la Quaresima, la Settimana santa con la Pasqua e l’inizio del tempo pasquale, ci propongono.
Ho scritto il suo senso “aberrante”, ma mi correggo: nel caso della croce di Cristo, il suo senso di amore.

Ha scritto don Benzi: «Cristo non ci ha redenti perché è morto in croce! Egli ci ha redenti perché ci ha amati e perché ci ha amati è morto in croce. La redenzione raggiunge nella sua croce il massimo della manifestazione dell'amore redentivo. È quindi l'amore che redime, tant'è vero che si dice che tutta la vita di Cristo è redenzione. La croce è una manifestazione di un amore che raggiunge il massimo, la definitività: è quell'amore che ha un potere di redenzione» (da: O. Benzi, La sua croce, la nostra guarigione. Il mistero dell’espiazione).
La croce, nel suo sconvolgente realismo, dice tutta la gravità del nostro male: siamo arrivati al punto di inchiodare alla croce il Figlio di Dio! Ma dice anche tutta l’enormità dell’amore di Cristo, che per così dire svuota dall’interno il nostro massimo male e lo fa diventare il massimo dell’amore.

La croce è anche paradossalmente il segno della nostra libertà. Dio poteva anche salvarci senza la croce, ma non avrebbe rispettato la libertà dell’umanità. Una libertà che ci fa simili a Lui e che ci permette di amare: senza la libertà non può esserci il dono di sé in cui consiste l’amore. Ma la libertà può essere usata anche per attuare il contrario dell’amore: l’odio. E così purtroppo è stato e continua a essere.
La croce trasforma tutto il male e l’odio del mondo in amore. È questo il suo mistero. È questo il mistero pasquale di odio e di amore, di morte e di vita che in queste settimane siamo chiamati a preparare, lungo la Quaresima, e a contemplare nella Pasqua, cantando il nostro “Alleluia”.  


Testo tratto dall'Introduzione alla Parola di Pane Quotidiano, marzo aprile 2023