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3 Settembre 2020

Quei volontari italiani a Beirut

Alberto Capannini con Operazione Colomba è in Libano per raccogliere le testimonianze dei profughi siriani. Il messaggio di Papa Francesco.
Quei volontari italiani a Beirut
Foto di Archivio Operazione Colomba
I volontari italiani sono ritornati a Beirut dopo l'evacuazione dovuta al Covid-19. Adesso vivono al fianco degli attivisti che si battono, a rischio della vita, chiedendo un rinnovo della classe politica. Rischio di arresto per i siriani che tornano nel paese.
Alberto Capannini, referente di Operazione Colomba, corpo di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, si trova a Beirut. Ha raggiunto gli altri volontari che sono in Libano da circa un mese. Lo scopo del viaggio è quello di analizzare come continuerà la presenza dei volontari di Operazione Colomba nel campo profughi del nord del Libano, in cui erano presenti dal 2013, con l’arrivo del Covid-19.

Ad aggravare la situazione del Paese, già duramente provato da una crisi economica sociale e dalla presenza di una classe politica corrotta ed incerta, è stata l’esplosione di agosto al porto di Beirut di quasi 3.000 tonnellate di nitrato d’ammonio, con — pare — oltre 200 morti.


Alberto Capannini racconta quello che ha trovato: «Le prime due settimane le abbiamo trascorse a Beirut, proprio in seguito all’esplosione. Abbiamo incontrato alcuni attivisti che già da ottobre dell’anno scorso protestano a più riprese chiedendo un rinnovamento della classe politica. Questi ragazzi sono liberi da rapporti con le istituzioni e partiti, girano per le case offrendo aiuto alle famiglie, indistintamente libanesi e siriane, del quartiere colpito».

Alessandro Ciquera, volontario di Operazione Colomba, fra le macerie in Libano
Alessandro Ciquera, volontario di Operazione Colomba, fra le macerie di Beirut in Libano.
Foto di Archivio Operazione Colomba
Volontari di Operazione Colomba in Libano, foto di gruppo
Volontari di Operazione Colomba in Libano
Foto di Archivio Operazione Colomba

Crisi economica il Libano

«In Libano — continua Capannini — la crisi economica qui è fortissima. Il cambio fra la lira libanese e il dollaro ha superato la quota di 6mila a uno. Gli stipendi sono arrivati ad 1 quinto del valore iniziale; anche gli aiuti internazionali, erogati in lire, hanno perso potere d’acquisto. Troviamo sempre più spesso famiglie non più in grado di fare la spesa. Un’altro fenomeno è quello dei bimbi che non riescono più ad andare a scuola, spesso costretti al lavoro minorile anche per 12 ore al giorno, ad esempio nei vivai».

Anche Papa Francesco ha a cuore Beirut

«Anche il Papa ha ammonito che il Libano è ad un passo dalla catastrofe, e ha richiesto per domani 4 settembre un giorno di preghiera per il Libano: Papa Francesco, pensando al Paese, chiede di orientare verso la giustizia e non verso la menzogna e le noste azioni. E ci uniamo a lui ne chiedere giustizia a partire dall'ascolto del pianto dei più indifesi».

La presenza dei volontari di Operazione Colomba

Rispetto al futuro della presenza nel paese di Operazione Colomba, Capannini spiega: «Adesso siamo tornati nel nord del Paese a visitare le famiglie del campo profughi di Tel Abbas; manteniamo però le distanze previste dalle procedure anti-covid. Stiamo incontrando gruppi di attivisti per produrre i report periodici sulla situazione dei siriani in libano. Ultimamente la sensazione è che i libanesi siano su una barca che sta affondando, con poco ossigeno per tutti, insieme ai siriani».

«Nel report descriveremo le pressioni forzate per far tornare i siriani dal libano: chi si oppone e non ha soldi per pagare mazzette finisce in carcere o ucciso. Da parte nostra continuiamo a sostenere una proposta di pace per la Siria che chiede una risposta politica, e non solo umanitaria».

Famiglia siriana in Libano
Famiglia siriana rifugiata in Libano fotografata dai volontari di Operazione Colomba
Foto di Archivio Operazione Colomba

La Siria è vicina

E rispetto alla vicina Siria: «Il paese è tuttora gestito dalle forze che hanno causato la guerra; anche lì, come in Libano, si vedono poche alternative all’acuirsi delle tensioni sociali. E c’è — vista anche la visita del Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron — chi rimpiange il periodo coloniale francese».

E poi un messaggio che può tranquillizzare chi sta a casa: «In questo momento d’emergenza per il Covid-19 posso dire che risulta una diffusione molto alta del virus, sia in Libano che in Siria, anche se mancano i dati certi. Nel campo profughi dove siamo è stato eseguito a tutti un tampone nei giorni scorsi, risultato per tutti negativo».

«La crisi economica politica del libano, che è gravissima, rende ancora più urgente una risposta politica alla guerra in Siria. E questa risposta deve partire dalle richieste dei più poveri», conclude Capannini.