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5 Febbraio 2021

Il popolo mapuche: «Chiediamo giustizia»

Nell'ennesima incursione delle forze dell'ordine, un poliziotto perde la vita. I familiari si schierano dalla parte dei mapuche per chiedere giustizia.
Il popolo mapuche: «Chiediamo giustizia»
Foto di Camilo Tapia
Il 7 gennaio una massiccia operazione di polizia ha luogo nella comunità mapuche di Temucuicui, regione dell’Araucanía, Cile. Durante l’intervento muore un membro della squadra specializzata antidroga, Luis Balcazar, per mano di persone tutt’ora ignote. La reazione dei familiari, la madre ed il fratello, non è però quella di criminalizzare la comunità mapuche, ma di unirsi a loro nel chiedere trasparenza e giustizia da parte del governo su ciò che accaduto a Luis, in nome della solidarietà tra popoli.

La morte di Camilo Catrillanca, mapuche

Il 7 gennaio scorso era il giorno in cui il Tribunale di Angol, cittadina cilena nei pressi della comunità mapuche di Temucuicui, doveva emettere il verdetto sulla morte di Camilo Catrillanca, giovane appartenente alla comunità sopracitata e ucciso nel 2018 dalle forze dell’ordine durante un’irruzione in seguito a una denuncia per furto.
Durante il processo, più volte rinviato anche a causa della pandemia, erano emerse diverse irregolarità nelle testimonianze dei carabinieri e militari coinvolti. Quel giorno d’inizio gennaio dunque, c’erano attesa e trepidazione per il verdetto finale.

L'incursione della polizia nella comunità mapuche di Temucuicui

E proprio quel giorno, nonostante la situazione di quarantena, dovuta alla pandemia di COVID-19, i genitori di Camilo e alcuni stretti familiari (tra cui la compagna e la figlia di 7 anni) hanno provato a recarsi ad Angol per ascoltare dal vivo la sentenza. Prima di giungere sul luogo sono stati fermati dalla polizia ed è stato impedito loro il passaggio. Poco dopo questo fatto, veniva pubblicato un video su Facebook che mostrava una lunga serie di camionette piene di carabinieri che stavano percorrendo la strada sterrata che conduce alla comunità di Temucuicui.

La giovane che stava riprendendo le immagini si chiedeva con tono angosciato dove stessero andando tanti membri delle forze dell’ordine proprio il giorno del verdetto Catrillanca. Immediatamente sui social si moltiplicano video e foto di auto blindate, elicotteri, camionette, personale con giubbotti anti-proiettile, caschi, scudi e armi alla mano.
Il 7 gennaio, mentre tutti attendevano il verdetto sulla morte di Catrillanca e mentre i familiari di Catrillanca erano bloccati dalla polizia, circa 800 agenti sono entrati nella comunità di Temucuicui (e successivamente in altre 6 comunità mapuche) con 200 veicoli, 2 elicotteri e vari droni, nel quadro di un’operazione di polizia con l’obiettivo di smascherare un presunto traffico di armi e droga. Vi prendono parte tutte le principali forze di polizia del Paese: Carabineros de Chile, la PDI (Polizia Investigativa) e l’esercito, irrompendo in una ventina di abitazioni di membri della comunità mapuche per effettuare perquisizioni.
In seguito a quella giornata, le persone della comunità mapuche denunciarono una decina di feriti, la distruzione e il danneggiamento di 10 case e vari dei propri animali uccisi a colpi di proiettile.

Diritti umani violati

La compagna di Camilo Catrillanca e la loro figlia di 7 anni, insieme alla suocera, ferme sulla strada dopo che era stato impedito loro di raggiungere il tribunale, vennero arrestate dalla PDI senza alcun motivo apparente. I poliziotti ruppero il vetro del veicolo nel quale si trovavano le donne e la bambina, li fecero stendere a terra, li ammanettarono e li condussero in commissariato. All’avvocato della famiglia non fu permesso mettersi in contatto con loro. L’Istituto per i Diritti Umani del Cile ha annunciato azioni legali contro le forze di polizia per arresto irregolare e abuso di potere nei confronti della figlia di Catrillanca di soli 7 anni. La Defensoría de la Niñez (Difensore dell’Infanzia), organismo istituzionale autonomo che si occupa di vigilare sul rispetto dei diritti dei bambini, ha inoltre presentato una denuncia contro la polizia per maltrattamento e minacce di morte a una ragazzina di 12 anni e la sua famiglia durante l’irruzione nella comunità mapuche.
Alla fine di quel 7 gennaio, è giunta anche la notizia che un membro di una squadra specializzata della PDI, Luis Morales Balcazar, era morto in seguito ad uno sparo sul volto. La polizia accusa un “gruppo di delinquenti” armati quali responsabili dell’accaduto. Il risultato di questa massiccia operazione anti-droga è stato il sequestro di 1000 piantine di marijuana.
I famigliari del poliziotto ucciso vennero a conoscenza dei fatti leggendo i giornali. Il fratello di Luis, Ramon, criticò duramente l’accaduto sui canali social, ma le sue non furono parole d’odio contro i mapuche. Ciò non è né scontato né comune.

Mapuche, dipinto dai mass media come popolo criminale

Per molti anni i mezzi di informazione cileni hanno contribuito a polarizzare l’opinione pubblica dipingendo il popolo indigeno e le sue azioni di rivendicazione alla stregua di atti criminali.
Nelle giornate successive agli accadimenti, i famigliari del giovane poliziotto e in particolare il fratello Ramon espressero perplessità dinnanzi alle circostanze della morte di Luis, fatto spostare nella regione dell’Araucanía (Cile centro-meridionale) dalla città in cui era di base (Iquique, nel nord del Cile) per una massiccia operazione militare con fini poco chiari e nei confronti di una comunità che proprio quel giorno si era raccolta per ascoltare il verdetto sulla morte di un proprio membro. (Fonte: Twitter Ramon Balcazar)
Ramon Balcazar chiede ora che le autorità accertino i fatti per determinare le responsabilità amministrative e politiche sulla morte di Luis; non attribuisce alcuna responsabilità al popolo mapuche che anzi definisce «vittima di un sistematico terrorismo statale». (Fonte: Twitter Ramon Balcazar)

Le vittime della violenza si incontrano a Temucuicui

Lunedì 18 gennaio scorso la comunità di Temucuicui ha organizzato un trawun (riunione collettiva) invitando comunità e organizzazioni mapuche a discutere degli eventi per capire come proseguire il dialogo con lo Stato. Quello stesso giorno Ramon e la madre si sono recati in visita alla comunità e hanno incontrato il padre di Camilo Catrillanca, Marcelo, che è il longko (leader) di uno dei due settori in cui è divisa Temucuicui.
Le parole del longko sono state di sostegno e incoraggiamento, incoraggiamento nel perseguire verità e giustizia per il fratello ma, soprattutto, di perseguirla insieme: «I popoli devono unirsi affinché si possa fare giustizia».
Ramon ha espresso così ciò che ha vissuto in quell’incontro con i mapuche: «Ci passano la loro forza ed io l’accolgo con tutto il cuore».
 
Le persone hanno spesso il coraggio di affrontare ciò che i loro leader non sembrano ancora pronti a vedere. Che le autorità e le forze politiche cilene possano intraprendere la via della solidarietà, e che la relazione tra il popolo cileno ed i popoli indigeni del Cile sia il fondamento della nuova Costituzione che il paese di accinge a redigere.