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28 Giugno 2025

Migranti: 73 mila vittime in dieci anni, ma molte altre sono invisibili

La denuncia dal Relatore speciale ONU sui diritti dei migranti: le politiche migratorie restrittive spingono verso rotte rischiose, che spesso si trasformano in trappole mortali.
Migranti: 73 mila vittime in dieci anni, ma molte altre sono invisibili
Foto di ANSA
Tra gli intervenuti alla 59ª sessione del Consiglio dei Diritti Umani in corso a Ginevra, anche la Comunità Papa Giovanni XXIIII, con un intervento cofirmato da altre dieci organizzazioni non governative che ha dato voce alle storie raccolte direttamente da chi incontra e accoglie uomini, donne e bambini in cerca di un futuro e una casa sicura.

Nella notte tra il 13 e il 14 giugno del 2023, il peschereccio Adriana partì da Tobruk, in Libia, diretto in Italia. A bordo si trovavano circa 750 persone, tra loro uomini, donne, bambini, famiglie piene di speranza e di progetti da realizzare. Qualche ora dopo, il peschereccio naufragò al largo di Pylos, a sud del Peloponneso, in Grecia. I sopravvissuti al naufragio, consumato in 15 lunghissime ore, furono 104; degli 82 corpi recuperati, solo 58 furono identificati e più di 500 risultano ancora dispersi.
Il naufragio di Pylos è solo uno dei numerosi incidenti mortali accaduti lungo le diverse rotte migratorie in varie parti del mondo.
Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) tra il 2014 e il 2024, più di 73.000 migranti sono morti o sono scomparsi nel tentativo di raggiungere la loro destinazione; di questi quasi 4.000 sono bambini.
Annegati durante un naufragio, abbandonati e dispersi mentre attraversavano il deserto, scomparsi nelle carceri in Libia o intrappolati nelle reti criminali del traffico di esseri umani o costretti a lavori forzati, le vittime invisibili della migrazione, purtroppo, sono molte di più.

La denuncia del relatore speciale Gehad Madi

Ed è proprio di coloro che muoiono o sono dispersi lungo le rotte migratorie che il Relatore Speciale sui diritti umani dei migranti ha parlato nel suo ultimo rapporto, presentato durante la 59ª sessione del Consiglio dei Diritti Umani, che si sta tenendo a Ginevra in queste settimane.
Il rapporto evidenzia come le politiche migratorie sempre più restrittive, una gestione delle frontiere incentrata sulla sicurezza e sulla militarizzazione e l’assenza di canali di migrazione sicuri, accessibili e regolari spingono le persone a viaggiare attraverso rotte rischiose, che spesso si trasformano in una vera e propria trappola mortale.
Il relatore speciale, il signor Gehad Madi, ha richiamato gli Stati a rispettare i diritti e la dignità di coloro che sono costretti a migrare, indipendentemente da come scelgano di attraversare i confini internazionali o dal loro status legale, intensificando ogni sforzo per prevenire la morte di chi parte in cerca di un futuro.
Nel rapporto di Madi si pone attenzione anche sulla profonda angoscia vissuta dalle famiglie delle vittime della migrazione, aggravata dall’assenza di informazioni sul destino dei propri cari o sul luogo della loro sepoltura.
«Meccanismi di ricerca e identificazione inadeguati prolungano questa incertezza e negano il loro diritto alla verità e alla giustizia», ​​ha affermato l'esperto.

Impunità e responsabilità degli Stati

Il rapporto sottolinea anche come lungo i confini internazionali di terra o di mare si registri un preoccupante livello di impunità per chi commette violazioni o omissioni nei confronti dei migranti. A questa impunità si aggiunge la mancanza di dati affidabili, che contribuisce alla diffusa invisibilità del fenomeno, alimentando l’indifferenza e ostacolando interventi efficaci.
In particolare, Madi richiama l’attenzione sulle responsabilità degli Stati nelle operazioni di soccorso in mare: quando tali doveri vengono ignorati, con esiti spesso tragici, è fondamentale che gli Stati coinvolti siano chiamati a risponderne.
Infine, il rapporto invita a decriminalizzare la migrazione e a smilitarizzare i confini, superando politiche eccessivamente restrittive che in alcuni casi portano a detenzioni ingiuste, espulsioni collettive o rimpatri forzati, in favore di un approccio basato sui diritti umani, capace di garantire protezione e dignità ai migranti in situazioni di vulnerabilità, sollecitando l'istituzione di un meccanismo di monitoraggio per stabilire la verità, garantire giustizia e prevenire future violazioni.

Le testimonianze raccolte dalla Comunità Papa Giovanni XXIII

Anche la Comunità Papa Giovanni XXIII ha preso parte al dialogo interattivo con il relatore speciale attraverso un intervento cofirmato da altre dieci organizzazioni non governative, dando voce alle storie raccolte direttamente da chi condivide sul campo, incontra e accoglie uomini donne e bambini in cerca di riscatto, di un futuro e di una casa sicura.
Nei loro racconti emergono le drammatiche sfide affrontate lungo le rischiose rotte migratorie percorse nel tentativo di raggiungere l’Europa.

"Ero su un gommone con una quindicina di altre persone, in partenza dalla costa turca. Il motore si è rotto e presto la gente ha iniziato ad annegare. Un elicottero e una nave della Guardia Costiera ci sono passati sopra, abbiamo urlato, implorato aiuto, ma ci hanno ignorato. Non hanno fatto nulla. Uno ad uno, tutti intorno a me sono morti. Sono stata l'unica a sopravvivere, aggrappata ai corpi senza vita nel gommone. A un certo punto, ho perso conoscenza. Quando mi sono svegliata, ero in un sacco nero per cadaveri, in un ospedale in Turchia."


Attraverso le testimonianze raccolte, APG23 ha denunciato respingimenti sistematici e come i diritti umani di chi scappa da guerre, carestie e crisi economiche siano ripetutamente violati. Troppo spesso chi migra viene privato di ogni diritto e tutela, e insieme a loro vengono criminalizzati anche gli operatori umanitari che quotidianamente si impegnano a salvare e proteggere vite in difficoltà.
Il destino di chi si perde lungo le rotte migratorie è spesso, inoltre, avvolto nel silenzio. Le famiglie restano intrappolate in un limbo di indifferenza. Per molti non c’è un corpo da piangere, né un luogo dove ricordare.

Di fronte agli Stati membri del Consiglio dei diritti umani, la Comunità ha ribadito con forza la necessità di attuare politiche migratorie che abbiano al centro la dignità di ogni essere umano, sottolineando che l’obbligo di effettuare operazioni di ricerca e soccorso in mare è inderogabile e non può mai essere ignorato. Allo stesso tempo, è urgente creare percorsi migratori sicuri e legali come previsto anche dal Patto Globale per una Migrazione Sicura, Ordinata e Regolare che delinea gli impegni e le azioni necessarie per fronteggiare le sfide legate alla migrazione attraverso un approccio globale, basato sui diritti umani e promuovendo la cooperazione tra i Paesi.
A questo proposito, la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 4 e 5 ottobre, dal titolo "Migranti, missionari di speranza", propone una chiave di lettura delle complesse sfide poste oggi dalla mobilità umana, adottando uno sguardo rinnovato e profondamente umano, in contrasto da narrazioni dominate da paura, esclusione e indifferenza e che tentano di disumanizzare chi spera in un futuro differente.