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14 Aprile 2021

Myanmar: un'escalation di violenza

Dopo il colpo di stato militare la situazione è ogni giorno più drammatica: più di 700 i manifestanti e civili assassinati dalle forze di sicurezza
Myanmar: un'escalation di violenza
Foto di Stringer
È stata indetta una giornata di digiuno il prossimo giovedì 15 aprile per sostenere la ricerca di una soluzione nonviolenta in Myanmar
«Ancora una volta e con tanta tristezza sento l’urgenza di evocare la drammatica situazione in Myanmar dove tante persone, soprattutto giovani, stanno perdendo la vita per offrire speranza al loro Paese. Anche io mi inginocchio sulle strade del Myanmar e dico: cessi la violenza! Anche io stendo le mie braccia e dico: prevalga il dialogo. Il sangue non risolve niente. Prevalga il dialogo!»
Il dolore è immediatamente percepibile nel tono e nelle parole di Papa Francesco all’udienza generale dello scorso 17 marzo. E ad oggi la sua voce è rimasta inascoltata: la situazione in Myanmar dopo il colpo di stato militare è ogni giorno più drammatica.
Dallo scorso 1° febbraio, data del golpe e dell’arresto di Aung San Suu Kyi sono più di 700 i manifestanti e civili assassinati dalle forze di sicurezza, secondo l'Associazione di assistenza ai prigionieri politici (Aapp). La stessa Aapp ha dichiarato che i prigionieri sono 3059, dei quali 64 sono stati processati e torturati. Altri 657 hanno ricevuto mandato di cattura, ma sono in fuga.
Nel frattempo la popolazione è scesa in strada e continua a protestare per un percorso di sviluppo democratico.
È una crisi che ha una grande attenzione dai parte dei media internazionali: Aung San Suu Kyi – ricordiamolo, premio Nobel per la Pace nel 1991 - da sempre è il simbolo della democrazia e della tutela dei diritti umani.
Oggi la voce della Santa Sede è una delle più autorevoli nell’opporsi alla repressione e alla soppressione dei diritti. È emblematica l’immagine, che ha fatto il giro del mondo, della suora che si è inginocchiata di fronte ai militari per fermarli.
Girano diverse voci sul web e nelle agenzie di stampa sulle defezioni dei militari e su una sorta di indebolimento dell’esercito (sembra anche che molti militari e poliziotti abbiano abbandonato il Paese per non incorrere in pesanti ritorsioni), ma – secondo Raffaele Crocco, direttore dell’Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo, in Myanmar «L’esercito è una tale macchina di potere e di potere economico nel Paese da rendere davvero difficile la diserzione da parte dei militari. L’esercito è un luogo di potere che migliora la qualità della vita delle persone. È difficile rinunciare a certi privilegi».
Myanmar gruppo manifestanti
Le proteste anti-golpe continuano nonostante l'intensificarsi della violenta repressione dei manifestanti da parte delle forze di sicurezza (Myanmar, aprile 2021)
Foto di Stringer
Myanmar gas lacrimogeno
I manifestanti reagiscono dopo essere stati esposti ai gas lacrimogeni sparati dalla polizia durante una protesta contro il colpo di stato militare, a Mandalay, Myanmar. (13 marzo 2021)
Foto di Stringer
Myanmar bambini
Alcuni bambini fanno il saluto con tre dita, simbolo di protesta, durante una marcia contro il colpo di Stato militare (Mandalay, in Myanmar, 11 aprile 2021)
Foto di Stringer

La presenza cattolica in Myanmar è una minoranza, 600mila persone su 50 milioni di persone, ma preti e suore sono estremamente rispettati come uomini di fede, spirituali. E in questo momento l’alleanza tra i giovani e i religiosi rispetto alle proteste nonviolente che stanno attraversando le strade del Paese è un aspetto davvero interessante, che purtroppo va di pari passo con un’escalation della repressione, rendendo molto difficile tenere un atteggiamento pacifico e nonviolento che sin dal primo giorno ha caratterizzato la risposta ai militari. Paolo Affatato, responsabile del desk Asia per l’agenzia Fides racconta che «I giovani birmani di tutte le religioni e di tutte le etnie stanno portando avanti questo approccio nella speranza che qualcosa possa cambiare. Da una parte l’establishment militare è abbastanza compatto, dall’altra anche questi giovani urlano che non vogliono arrendersi, in un conflitto ad armi impari: da una parte una grande violenza, dall’altra la forza dei sogni, della speranza».
Sempre secondo Fides il regime militare intende fermare e intimidire le organizzazioni della società civile sospettate di fornire sostegno finanziario al Movimento di disobbedienza civile o di aver fornito supporto politico ed economico a partiti come la "Lega nazionale per la Democrazia" o a organizzazioni sociali e politiche che non sostengono la giunta.
Tra gli enti controllati e sottoposti a inchiesta ufficiale, vi sono anche l‘Ong Oxfam e “Karuna Mission Social Solidarity", la Caritas birmana. Gli uffici di “Karuna" nelle diocesi di Hakha e Loikaw sono stati già visitati da ufficiali dell‘esercito che hanno disposto controlli anche in tutte le altre sezioni e sedi diocesane della Caritas birmana.
Operazione Colomba, il corpo nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII sta seguendo con interesse l’evoluzione della situazione, nel tentativo di dare voce all’impegno di chi – i giovani, le suore dei diversi ordini, le donne lavoratrici – si sta opponendo con strumenti nonviolenti.

Una giornata di digiuno per il Myanmar

Jaijagat (Vittoria del mondo), movimento nato 5 anni fa con il fine di diffondere e sostenere valori ghandiani della nonviolenza, ha indetto una giornata di solidarietà a supporto del Movimento di Disobbedienza Civile (CMD) del Myanmar. Gruppi e singoli sono invitati a esprimere il proprio sostegno alla ricerca di una soluzione nonviolenta con una giornata di digiuno il prossimo giovedì 15 aprile.
Per info e per inviare foto e messaggi scrivere a jaijagatinternational@gmail.com