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25 Novembre 2022
Ultima modifica: 1 Dicembre 2023 ore 08:56

Giornata internazionale contro la violenza alle donne

Europa, 2022. La donna è ancora vista come qualcosa che si può comprare.
Giornata internazionale contro la violenza alle donne
Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. In questa occasione vi raccontiamo la storia di Maria, originaria della Repubblica Dominicana, che dopo essere caduta nella rete della prostituzione nei club, ha avuto il coraggio di chiedere aiuto ed è stata liberata.
Saltano agli occhi in questi giorni i terribili fatti di cronaca di donne massacrate per mano di clienti e di madri colpite dai loro stessi compagni. In Italia 5 nel giro di una settimana. Nell’Europa occidentale, pur tenendo conto dellamancanza di dati per molti Paesi, i casi più numerosi si registrano in Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Spagna. Ma quello che fa riflettere è che se si tratta di donne europee viene raccontata la loro storia per filo e per segno e intervistati parenti e vicini di casa, quando il femminicidio riguarda donne extracomunitarie occupano i salotti dei talk show opinionisti improvvisati per parlare del fenomeno, ma restano invisibili quelle donne e sconosciute le loro storie e le loro origini.
E se in Europa questa spirale di violenza imperversa in modo esponenziale non sono invece altrettanto di fama e oggetto dell’attenzione mediatica le vicende di chi ce l’ha fatta. 

La storia di Maria: con l'inganno la costringono a prostituirsi

Maria, che oggi ha 29 anni è una di queste donne che si è salvata. Originaria della Repubblica Dominicana, con un piccolo di 6 anni, vive nel nord della Spagna. Ma non è stata facile la sua vita da piccola. Vive per diversi anni con la nonna, con la speranza di ritornare a stare con la sua mamma trasferitasi in Spagna per lavoro. 
A 16 anni finalmente arriva il momento di ricongiungersi alla sua famiglia e così si trasferisce nel sud della Spagna. La giovane donne racconta di quel periodo i frequenti maltrattamenti da parte della madre, sia verso di lei che verso il fratello maggiore.
Anche per il forte disagio vissuto in famiglia, finite le scuole superiori, cerca subito un lavoro ed entra nel settore alberghiero, anche se è senza contratto e assicurazione. Di conseguenza, 4 anni fa, non riesce a rinnovare il suo permesso di soggiorno. Anche il suo bimbo – nato da un padre che non l’ha riconosciuto e che è tornato in Sud America – pur andando a scuola dall’età di 3 anni, non ha nessun permesso. 
Maria un anno fa trova un altro lavoro. Questa volta è col contratto. Un lavoro in un club. Non le sembra vero di potersi regolarizzare e di essere aiutata in questo dai suoi datori di lavoro. Ma presto scopre l’inganno: col suo lavoro deve ripagare pratiche legali che non portano a niente e le mansioni richieste non corrispondono al lavoro concordato perché è costretta a vendere il suo corpo. Maria è sconvolta. Tutti quei clienti. Sguardi, odori, corpi su di lei. Non vuole cedere agli abusi e ai ricatti continui e con coraggio, di sua iniziativa, chiede aiuto alla polizia e denuncia i suoi datori di lavoro. Grazie all’UCRIF di Granada (Brigada Provincial de Extranjería y Fronteras), Maria e suo figlio entrano subito in contatto con la Fundaciòn de solidaridad Amaranta lo scorso dicembre. Le viene proposto il trasferimento in una casa rifugio nel nord della Spagna per proteggere lei e il suo piccolo e avviare un percorso di accompagnamento e di recupero psicologico.
Maria accetta subito. Sui suoi familiari non può contare in questo momento. E sa che dallo sfruttamento sessuale è difficile uscire: chi voleva fare soldi sulla sua pelle potrebbe cercare di rintracciarla di nuovo.
Questa giovane dominicana sa che lei non è una merce in vendita ma una persona, una madre, una donna con abilità da spendere nella realizzazione di sé e per mantenere suo figlio.

Il benessere psicologico delle sopravvissute: il primo passo per sentirsi di nuovo persona 

In una prima fase l'accompagnamento di Maria si è concentrato sull'accesso ai servizi di base, sanitari e all’istruzione, alla consulenza legale e sul garantire a questa giovane madre uno spazio sicuro di recupero e reintegrazione sociale. In questo periodo, sia Maria che suo figlio hanno raggiunto grandi obiettivi, come la regolarizzazione amministrativa di entrambi, l'accesso normalizzato al sistema sanitario, la scolarizzazione del minore, l'accesso al lavoro e alla formazione da parte della donna, l'accesso a un alloggio indipendente e finalmente ad un reddito proprio.
Ma nel percorso di uscita dalla violenza, sono emerse anche resistenze e blocchi, conseguenze delle violenze subìte. Il supporto psicosociale di operatrici, psicologi di Fundaciòn de Solidaridad Amaranta ha contribuito a migliorare il benessere fisico, emotivo e a promuovere il benessere psicologico sia della donna che del minore. E questo è stato possibile anche grazie al progetto MIRIAM. Free migrant women from GBV promosso da Comunità Papa Giovanni XXIII in partenariato con Differenza Donna in Italia e Fundaciòn de solidaridad in Spagna. 

La Campagna “Break the wall” parte anche in Spagna 

Maria Luisa Puglisi, Direttrice della Ong che dal 2006 è impegnata in diverse aree della Spagna dalla parte delle donne, è recentemente intervenuta al Parlamento Europeo dicendo: «Accompagnare le donne nel loro percorso di uscita richiede competenze e formazione specifica di chi opera nei centri di accoglienza. Se pensiamo che la Spagna, secondo l'Agenzia per i diritti fondamentali dell'Unione europea, è il Paese con la più alta percentuale di donne (83%) che hanno visto o sentito campagne di sensibilizzazione contro la violenza di genere, rispetto al 50% della media UE, capiamo quanto sia importante per noi anche la prevenzione, l’educazione delle giovani generazioni e la sensibilizzazione». Come la campagna Rompe el muro, lanciata il 22 novembre 2022 all’Università di Granada in Spagna; il 30 novembre la stessa campagna, col nome “Break the Wall” verrà presentata anche in Italia all’Università di Bologna. 

I numeri dello sfruttamento e violenza di genere

D’altra parte, tra il 2016 e il 2020, 4.329 donne e ragazze sono state vittime di traffico e sfruttamento, il 73,80% di tutte le vittime di violenza di genere. E queste sono solo quelle identificate e registrate nel Paese iberico. «Per queste ragioni – ha ribadito di recente Puglisi alla tavola rotonda con europarlamentari di diversi gruppi politici realizzata a Bruxelles – la collaborazione e la rete con altri ong ed enti privati e pubblici, sia a livello locale che a livello europeo, come col progetto europeo MIRIAM. Donne migranti libere dalla violenza, finanziato dal programma Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza della Commissione Europea è di grande importanza e ha un grande valore perché ha contribuito ad aumentare l'individuazione precoce, la protezione e i servizi di sostegno specializzati per le donne migranti vittime e potenziali vittime di sfruttamento sessuale, violenza per mano del partner e matrimoni forzati».
Ed è stato importante soprattutto per le tante giovani donne come Maria che ha trovato operatrici competenti, persone di fiducia, professionisti della salute che hanno ascoltato la sua storia, hanno cercato di approfondire le sue origini, le sue tradizioni, e dare seguito ai suoi sogni di bambina, riscoprendosi una persona che vale e non una merce da comprare.
 
Questa storia è stata raccolta all'interno del progetto "MIRIAM. Free Migrant Women from GBV, through identification and access to specialized support service", finanziato dal "Justice Programme" e dal "Rights, Equality and Citizenship Programme" dell'Unione Europea e finalizzato, attraverso il partenariato di Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Differenza Donna in Italia e Fundaciòn de Solidaridad Amaranta in Spagna, a potenziare i servizi per le donne vittime di violenza, con una particolare attenzione alle donne straniere vittime di sfruttamento sessuale, violenza domestica e matrimoni forzati. 
Per saperne di più: www.apg23.org/it/progettomiriam/
Per info e richieste di aiuto, scrivere a: progettomiriam@apg23.org 

Le autrici di questo articolo sono:
Silvia Pereira Gamez, operatrice sociale della Fundaciòn de solidaridad Amaranta in Spagna, coordinatrice del progetto Miriam in Spagna.
 
Irene Ciambezi, giornalista pubblicista, esperta in comunicazione e mediazione interculturale. Per la Comunità Papa Giovanni XXIII è referente della comunicazione e dei progetti europei antitratta e antiviolenza.