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9 Marzo 2023
Ultima modifica: 9 Marzo 2023 ore 11:54

Nostra Signora delle Grazie di Mellea

Le apparizioni ed i miracoli in un libro in uscita oggi
Nostra Signora delle Grazie di Mellea
Foto di Massimo Rossi
Due apparizioni, la costruzione di un santuario e poi di un convento, diversi ordini religiosi che si susseguono nei secoli, ed ora una "capanna di Betlemme" intitolata a don Oreste Benzi. La storia di questa perla di spiritualità nel cuore delle Langhe

È il 20 maggio 1537, domenica di Pentecoste. Da Chambery a Farigliano, oggi in provincia di Cuneo, è di passaggio Antonio di Momigliano, una persona molto malata alle gambe, accompagnato da un amico; si trovano in una fitta boscaglia quando ad Antonio appare una Donna che si fa riconoscere come “la Regina del Cielo” e lo invita ad alzarsi: «Levati in piedi perché qui vi è una Vergine che fa miracoli». Antonio si sente guarito, all’improvviso. L’amico torna di corsa a Farigliano per diffondere la notizia e numerose persone raggiungono quel bosco, accompagnandovi i loro familiari affetti da ogni malattia. In quel luogo solitario, la località di Mellea, viene costruita una chiesuola, iniziando una 

Nostra Signora delle Grazie di Mellea
Foto di Massimo Rossi
storia plurisecolare di devozione sincera e continua verso la Madonna che, cento anni dopo, il venerdì santo del 1637, ricambia l’affetto concedendo una seconda apparizione a Giovanguglielmo Ferrero, un giovane pastore impaurito da una improvvisa e violentissima grandinata. In segno di gratitudine viene deciso di fabbricare lì di fianco un Convento, che verrà nei secoli successivi ampliato per rispondere sempre meglio alla cura del Santuario e all’assistenza spirituale dei fedeli. Nonostante l’entusiasmo di fede e la partecipazione di numerosi pellegrini, nel corso dei secoli il Santuario-Convento subisce devastazioni e danni causati da guerre, epidemie, calamità naturali; ma fin dagli inizi c’è un’attenzione particolare a conservare la documentazione storica attraverso gli atti notarili, le tavolette votive, la stesura scrupolosa del Libro dei Miracoli: testimonianze preziose giunte ai nostri giorni che ci consentono di conoscere quegli avvenimenti straordinari e miracolosi.

 

La storia plurisecolare diventa quotidianità condivisa

Nel delicato compito di cura del luogo si avvicendano diversi ordini religiosi: dapprima la confraternita dei disciplinanti di Farigliano (1537-1642), cui seguono i monaci circestensi (1642-1647), il testimone viene poi raccolto dai frati francescani (1647-2009) che assicurano una presenza di ben 362 anni, finché nel 2009 mons. Pacomio, vescovo di Mondovì, affida il servizio al Santuario e la gestione del Convento alla Comunità Papa Giovanni XXIII
La Comunità Papa Giovanni XXIII, fedele al carisma del proprio fondatore, don Oreste Benzi, propone nel Convento una forma di condivisione diretta, rivolta alle persone bisognose di una casa accogliente, denominata emblematicamente “Capanna di Betlemme don Oreste Benzi”.
Il Convento-Capanna di Mellea ha una capienza di 25 posti e la permanenza dipende dal progetto pensato e condiviso con la Comunità e il servizio con cui si collabora, dai pochi giorni ad altre situazioni in cui il soggiorno assume un carattere maggiormente progettuale; alcune persone vivono qui da anni avendo trovato “un cuore in cui abitare una casa”. 
Come ci racconta Vincenzo: «Ho 57 anni, la mia vita è cambiata nel 2006 perché ho perso lavoro e di conseguenza casa, per 2 anni ho fatto il clochard, una svolta avviene nel 2008 quando incontro la comunità Papà Giovanni XXIII e con loro ho trovato una famiglia, amore e calore: tutto quello di cui avevo bisogno».
In questi 13 anni le persone accolte nel Convento-Capanna sono 260. L'accoglienza prevede una soluzione abitativa dignitosa: le stanze sono quelle dove in passato vivevano i frati francescani, rinnovate e rimodernate recentemente.

Come si vive nella “capanna”

All'interno della casa si vive una vita familiare, per rispondere alla necessità essenziale e profonda di chi viene accolto: il bisogno di sentirsi amato e di essere utile ed importante per qualcuno; in definitiva la possibilità di costruire una relazione di fiducia stabile e significativa.
Simona, volontaria quarantatreenne, racconta la sua esperienza: «A ottobre 2021 Giona mi propone di fare la volontaria alla Mellea, all'inizio ero un po' scettica, non mi sentivo all'altezza, venivo qui in modo saltuario, poi quando a marzo ’22 ho avuto dei problemi famigliari, lo stesso Giona mi invita a rimanere in struttura in pianta stabile. Pian piano mi sono ambientata, ho avuto modo di rendermi più utile e di entrare a stretto contatto con gli ospiti della casa, per me è una gioia poter aiutare gli altri ed essere un sostegno per chi ha bisogno, i momenti trascorsi in loro compagnia regalano una grande soddisfazione, difficile da spiegare. In questa esperienza che spero di poter portare avanti ancora per molto tempo sono nate belle amicizie che mi danno il senso di famiglia». 
Condividere non è soltanto rendere un servizio, ma significa accogliere l’altro accettando di cambiare la sua e la propria vita, significa integrare e superare le buone opere come soddisfare i bisogni primari (cibo, vestiti) proponendo di vivere insieme negli stessi spazi per ogni azione quotidiana, cominciando dalle più semplici e vitali come mangiare, dormire, scaldarsi, esprimere se stessi. Ci si impegna radicalmente e in modo oblativo a “costruire relazioni e accogliere”, con ogni persona incontrata, sia coloro con cui si vive quotidianamente sia con chi si incrocia casualmente per diversi motivi: per situazioni di bisogno così come per momenti di preghiera. 

Il dono di don Thaddeus

Dal 2011 il Convento-Capanna di Mellea si arricchisce della preziosa presenza di un sacerdote indiano, don JoseThaddeus, che oggi rappresenta una grande risorsa perché offre il proprio servizio e la condivisione di assistenza religiosa tra il Convento-Santuario e altre parrocchie del territorio, secondo gli accordi tra la Comunità Papa Giovanni XXIII e la Diocesi di Mondovì; lui stesso spiega: «Arrivo da un paese molto lontano, l’India, dove era venuto in visita don Oreste Benzi che mi chiese di seguirlo in Italia. Sono rettore del Santuario Madonna delle Grazie, luogo sacro amato e frequentato da diverse persone che trovano un luogo di preghiera e di pace. Vivo nel Convento-Capanna condividendo la vita con chi è in difficoltà: due polmoni di un corpo solo fatto di preghiera, eucarestia, devozione popolare e mariana, e di Vangelo che si incarna nei poveri, e scartati dell’umanità ferita, come ricorda spesso Papa Francesco. Santuario e Capanna, una realtà unica e bella dove spendere la vita nel Signore e nella devozione a Maria».
Coloro che passano in questo Santuario-Convento si trovano immersi nella circostante natura accogliente, riconoscono la presenza di qualcosa di misterioso e sacro, e i poveri come dono. 
Oggi, così come nei secoli passati, a Mellea le persone vivono l’incontro tra il terreno e il divino, restando toccate nel loro cuore, consolate nella mente, rinvigorite nella vita. Da Mellea si riparte con una nuova, forte energia interiore. 

di Giona Cravanzola
e Francesco Paolo Sardi