In occasione della Giornata Internazionale di lotta alla droga, il 26 giugno, a Roma c'erano anche i giovani e gli operatori impegnati nel percorso di liberazione dalle dipendenze. Il Pontefice ha incoraggiato i giovani ad essere protagonisti, scoprendo la parola che mai tradisce: «insieme».
Abhulimhen ha portato un quadro fatto da lui da regalare al papa: «È il mio modo per esprimere la mia gratitudine per la vita ritrovata».
E questo grazie a un
cammino comunitario in una struttura terapeutica della Comunità Papa Giovanni XXIII. Siamo in tanti quasi 4000 persone qui al Cortile San Damaso per l'udienza speciale col papa rivolto a persone tossicodipendenti, famiglie, educatori impegnati nella cura e nella prevenzione dalle dipendenze. Arrivati da tutta Italia. Occhi ancora stropicciati dal sonno. Eppure contenti di esserci. «Ha un gran significato incontrare il papa nella Giornata Internazionale contro la droga» dice Eros uno dei 300 ragazzi della Comunità Papa Giovanni XXIII arrivati qui per l’occasione. «Di droga non ne voglio più sapere. Spero che i ragazzi di oggi sempre più fragili non sprechino la loro vita nell'uso di sostanze. C'è davvero tanto da scoprire e per cui realizzarsi».
Le parole di Papa Leone ai ragazzi delle comunità terapeutiche
Anche papa Leone XIV nel suo discorso esorta più volte i ragazzi ad alzare lo sguardo: «Carissimi,
la vostra presenza qui è una testimonianza di libertà. Speranza è una parola per voi ricca di storia: non è uno slogan, ma la luce ritrovata attraverso un grande lavoro.
La droga e le dipendenze sono una prigione invisibile che voi, in modi diversi, avete conosciuto e combattuto, ma siamo tutti chiamati alla libertà. Incontrandovi, penso all’abisso del mio cuore e di ogni cuore umano. Noi cerchiamo la pace e la gioia, ne siamo assetati. E molti inganni ci possono deludere e persino imprigionare in questa ricerca. Guardiamoci attorno, però. E leggiamo nei volti l’uno dell’altro una parola che mai tradisce: insieme.
Il male si vince insieme. La gioia si trova insieme. L’ingiustizia si combatte insieme. Il Dio che ha creato e conosce ciascuno – ed è più intimo a me di me stesso – ci ha fatti per essere insieme».
Parole di speranza per tutti i presenti, commozione, l'invito a lavorare insieme nel comune obiettivo per tutte le realtà terapeutiche presenti: provare ad
essere risposta al grido di dolore dei tanti giovani incontrati. Una condivisione di vita che sappia dire forte e chiaro il proprio NO contro chi fa uso delle droghe e di ogni altra dipendenza.
«Esistono enormi concentrazioni di interesse e ramificate organizzazioni criminali - ha continuato il papa - che gli Stati hanno il dovere di smantellare. È più facile combattere le loro vittime. Troppo spesso, in nome della sicurezza, si è fatta e si fa la guerra ai poveri, riempiendo le carceri di coloro che sono soltanto l’ultimo anello di una catena di morte. Chi tiene la catena nelle sue mani, invece, riesce ad avere influenza e impunità.
Le nostre città non devono essere liberate dagli emarginati, ma dall’emarginazione; non devono essere ripulite dai disperati, ma dalla disperazione. Il Giubileo ci indica la cultura dell’incontro come via alla sicurezza, ci chiede la restituzione e la redistribuzione delle ricchezze ingiustamente accumulate, come via alla riconciliazione personale e civile.
Cari giovani, voi non siete spettatori del rinnovamento di cui la nostra Terra ha tanto bisogno: siete protagonisti. Dio fa grandi cose con coloro che libera dal male. Gli errori, le sofferenze, ma soprattutto il desiderio di vita di cui siete portatori,
vi rendono testimoni che cambiare è possibile.
La Chiesa ha bisogno di voi.
L’umanità ha bisogno di voi. L’educazione e la politica hanno bisogno di voi. Insieme, su ogni dipendenza che degrada faremo prevalere la dignità infinita impressa in ciascuno.»