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17 Giugno 2022
Ultima modifica: 20 Giugno 2022 ore 09:41

Salvata dalla droga e dalla strada grazie a un bambino

La storia di Florica, una ragazza proveniente dalla Bulgaria.
Salvata dalla droga e dalla strada grazie a un bambino
Venduta più volte sulle strade della prostituzione, schiava di cocaina ed eroina per dimenticare il dolore, il racconto di Florica apre uno squarcio sull'inferno della prostituzione e della droga. Ma grazie al suo bambino ha deciso di cambiare vita.
Ha quasi 25 anni. Il volto ruvido, le occhiaie marcate, sembra che ne abbia già quaranta. Ma quando l’avvicini e abbassi il finestrino per offrirle un po' di amicizia oltre che mascherine e gel, all’improvviso entri in contatto con una bambina. Florica – nome di fantasia - se potesse ti abbraccerebbe ogni volta che ti vede, se fosse lucida durante la giornata ti chiederebbe più volte al giorno di trovarsi a prendere un caffè per parlare con qualcuno che davvero si interessi a lei non per soldi. E per rovesciare su altri tutte le sue pene. Sono tante nonostante sia nel pieno della giovinezza: i suoi viaggi per l’Europa, venduta e rivenduta, le sue crisi di astinenza per l’eroina a cui l’hanno addestrata ad aggrapparsi. E per quel figlio che ha partorito ma che non è con lei… Tante, tantissime cicatrici che a confronto il Covid è poca cosa. Ed è per questo che non ha mai smesso di prostituirsi nemmeno in zona rossa. Lei lo sa: i clienti sono così folli da girare alla ricerca di piacere facile a pagamento anche se il rischio di contagio è ad ogni angolo della città. L’unica persona che gli dà ancora un tetto sulla testa è il suo “fidanzato”, eroinomane pure lui. 
E di storie mescolate tra abuso di droga e prostituzione non c’è solo la sua. Gli altri affetti sono tutti nel giro. Cugine, conoscenti, fratelli e sorelle. A volte lo dice che non ce la farebbe nemmeno più a rispettare le regole di una vita normale, nella legalità, sciupata dalla vita com’è… Ora dice che non deve più pagare nessuno, anche se spesso si vedono le stesse facce girargli attorno con l’auto, e che si prostituisce poche volte, solo per recuperare i soldi per la droga.

Un viaggio dell'orrore sulle strade della prostituzione 

È partita dalla sua terra che non aveva nemmeno 16 anni. Parla di quel periodo quasi senza sentimenti. 
«Dovevo seguire l’uomo a cui mi avevano affidato, era il mio fidanzato. Da noi si fa così quando diventi grande, sei già destinata ad un uomo. E poi mia madre ha già fatto tanto per me, ero così scapestrata che crescermi con tanti figli è già stato un miracolo. Per fortuna non mi hanno mandato via da piccola». 
Non me lo hai mai detto esplicitamente, ma intuisco da tempo che era orfana da piccola, in una famiglia rom. Anche il suo nome e cognome, la sua età ripetute come si fa a scuola, sembrano pezzi di lei che le hanno appiccicato addosso. E poi i suoi viaggi dell’orrore in giro per l’Europa fino ad arrivare alla prostituzione in strada, ormai addestrata a vendersi, a non lasciare il marciapiede e cercare a tutti i costi i soldi da portare al magnaccia. E infine quel legame con Francesco, 10 anni più grande di lei, che lei presenta come il suo benefattore, ma in realtà continua a sfruttarla per avere i soldi per la droga per lui, per la sua cerchia e per lei. «Perché solo l’eroina mi fa stare zitta e dice che mi lamento sempre. E parlo troppo». 
 
A volte lo dice che non ce la farebbe nemmeno più a rispettare le regole di una vita normale, nella legalità, sciupata dalla vita com’è… Ora dice che non deve più pagare nessuno, anche se spesso si vedono le stesse facce girargli attorno con l’auto, e che si prostituisce poche volte, solo per recuperare i soldi per la droga. E un’operatrice della Comunità Papa Giovanni XXIII coi volontari dell’unità di strada continua imperterrita a portarle da mangiare se ha bisogno, a riprendere un appuntamento per lei al Servizio Dipendenze se un giorno appare più lucida del solito… Anche se poi la settimana dopo ricade nel girone dell’inferno e non chiama per diverso tempo. Ma ora c’è una novità nella sua vita: quel neonato che è rimasto miracolosamente legato al suo cordone ombelicale. Anche quando quel funicolo che collega il feto alla madre attraverso la placenta e lo nutre nella vita intrauterina, non c'è più, ha lasciato in lei un legame viscerale che resta per sempre fisico e psichico. Un legame così intenso che ti lascia senza fiato quando si interrompe senza un motivo razionale. Nonostante intossicato, è sopravvissuto e nato con parto naturale. Florica era convinta – così le aveva detto la sua famiglia - che i servizi sociali l’avrebbero portato via per sempre da lei. Ma non è successo. Lui in ospedale per mesi e lei sospesa come su un esile filo tra la decisione di lasciare la droga per sempre ed entrare in una comunità mamma-bambino prima che quei 40 chili di mamma non abbiano più le forze per fare una scelta.

Vengono dalla Bulgaria molte persone trafficate

Le giovani bulgare sono il terzo gruppo presente in strada dopo rumene e albanesi, nonostante le donne prostituìte sui marciapiedi italiani siano diminuite durante la pandemia. La Bulgaria rimane infatti uno dei principali Paesi di origine della tratta dall’est, anche secondo il Report del Dipartimento di Stato americano Trafficking in persons 2021: ci sono alcuni gruppi etnici che anche durante il Covid hanno continuato a spostarsi dall’est all’Europa occidentale per rispondere alla domanda di prostituzione in particolare al chiuso, soprattutto negli appartamenti privati con pubblicità delle prestazioni sessuali gestite tramite siti pornografici o nei centri benessere e bordelli di Germania, Francia e Svezia.
Donne e bambini bulgari sono anche vittime della tratta sessuale già in Bulgaria, in particolare nella capitale, nelle zone turistiche e nelle città di confine. Si tratta di frequente di bulgari di etnia turca e donne e ragazze rom adescate in aree periferiche del Paese e secondo le autorità a questo si aggiunge anche l’aumento del numero di casi di donne e ragazze provenienti da comunità emarginate costrette a sposare cittadini di Paesi terzi. Uomini e ragazzi bulgari sono principalmente sfruttati nei lavori forzati in tutta Europa, prevalentemente in agricoltura, edilizia, e nei servizi di pulizie. Le ragazze spesso sono vittime di sfruttamento lavorativo ma nelle baraccopoli del sud, anche usate per garantire prestazioni sessuali ai lavoratori nei campi. Persone con disabilità sono ingaggiate per essere invece usate in strada nell’accattonaggio o nel borseggio specie in Svezia, Francia e Italia. Tuttavia sia nella magistratura che nelle forze di polizia, emerge dai rapporti sulla tratta un livello di corruzione che impedisce punizioni adeguate agli sfruttatori e un incisivo contrasto. E dall’altra parte, la discriminazione nei confronti delle comunità rom, per cui è diffusa la mentalità nelle stesse autorità che dovrebbero tutelarli che donne e ragazze scelgono liberamente di prostituirsi o gli uomini e i ragazzini di mendicare, impediscono di identificare le vittime e i bisogni di sostegno e protezione da parte dello Stato. Ed è anche precisato che negli ultimi due anni il governo non ha manifestato sufficienti sforzi per ridurre la domanda di servizi sessuali a pagamento.

Il 15% delle vittime di tratta in Bulgaria sono minori

Resta grave il fatto che circa il 15% delle vittime di tratta identificate in Bulgaria siano minori. Le donne e le ragazzine bulgare sono pure vittime della tratta interna, principalmente nella capitale, in aree di villeggiatura lungo la costa del Mar Nero, nelle città di confine con la Grecia. Non a caso i programmi di recupero durano più di 3 anni.  Bulgare di etnia turca e le donne e le ragazze rom, alcune di appena 13 anni, rappresentano la maggior parte delle vittime della tratta sessuale. Sono nuovi “paria”, invisibili, inesistenti, senza valore per lo Stato, e peggio ancora per le loro famiglie con troppe bocche da sfamare. Per prepararle alla vita di prostituzione i leader della criminalità organizzata esercitano una forte influenza in alcuni bar e discoteche e controllano molti circuiti di prostituzione sul Mar Nero. 
Florica non è stata la prima a raccontarmi di come si impara ad adescare i turisti negli stabilimenti balneari. Di come irretire il cliente, stando al suo gioco, facendolo ridere e bere fino a coinvolgerlo anche nel privé. Di come aggiungere la tariffa delle prestazioni solo a voce, quando hanno consumato, ai prezzi delle bevande nei bar e nelle discoteche di fascia alta. Questi sono scritti e gli altri no. Nei locali, sono pure indicate segnaletiche inequivocabili, sui tipi di prestazioni sessuali offerti e in quale area, come le segnaletiche della toilette. E se sono addebitati ai clienti prezzi esorbitanti è bene che paghino altrimenti la direzione può usare la forza per garantire il pagamento. È così che impari a cercare clienti tra i bar anche quando arrivi in Italia. «Il metodo ce l’hanno insegnato fin da piccole e non puoi certo pensare che la vita qui sia del tutto diversa. Sai che ti dico: conosco tutti i bar della città e stai sicura che c’è anche gente perbene dentro, ma qualcuno che ti chiede un p…ino, lo trovi sempre». 

Un bimbo le dà il coraggio di cambiare vita

Tre giorni fa mi ha telefonato di nuovo Florica. Più volte mi ha ripetuto che ora però è pulita, ora che il suo piccolo sta per uscire dall’ospedale, la sua vita è sicuro che cambierà. E non vede l’ora di entrare nella comunità madre-bambino che il servizio sociale con la collaborazione delle operatrici della Comunità Papa Giovanni XXIII hanno cercato per lei. Vuole ringraziare tutti quelli dell’unità di strada che le sono stati sempre vicini. Dice che stavolta lo lascia per sempre Francesco. Anzi spera che la polizia lo metta dentro per sempre. Così da uno dei suoi “protettori” si è liberata, ora mancano i suoi fratelli. «Se mi libero anche di quelli, io non farò la fine di quelle donne uccise in strada a Sarzana. La tv la guardo io, le cose le so, non sono mica scema». Di notte in strada e in casa tra i tossici che si fanno in vena, la paura di morire l’ha vista in faccia tante volte anche lei. E la terrorizza. Pensa al suo piccolo. Non vorrebbe mai rischiare di non vederlo mai più. Dice che le dà un senso per vivere e per questo ha scelto di provare a disintossicarsi. Non è la prima ad esserne uscita anche ci volessero degli anni. Ma intanto non perderà il suo piccolo e nemmeno se stessa. Mi saluta e mi chiede quando tornerò nella sua città per prendere insieme un caffè. Mi chiede se ancora stiamo pregando per lei e per il suo bambino. Continuando a ringraziare, mi saluta: «Te lo prometto. Questa volta davvero mi faccio aiutare per stare per sempre col mio piccolo. E tutti gli altri che mi hanno rovinato la vita, vaffanculo per sempre. Te lo prometto Irene, questa volta è vero: entro nella comunità». Mentre ripenso alle centinaia di telefonate, agli incontri con le operatrici e i volontari che la sostengono e alla rete coi servizi territoriali che ha impegnato diverse persone per quasi un anno, mi viene spontaneo raccomandarle come diceva don Oreste Benzi: «Questa volta “non perdere la coincidenza con Dio!”».

Storia tratta dal progetto "MIRIAM. Free Migrant Women from GBV, through identification and access to specialized support service", finanziato dal "Justice Programme" e dal "Rights, Equality and Citizenship Programme" dell'Unione Europea e finalizzato, attraverso il partenariato di Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Differenza Donna in Italia e Fundaciòn de Solidaridad Amaranta in Spagna, a potenziare i servizi per le donne vittime di violenza, con una particolare attenzione alle donne straniere vittime di sfruttamento sessuale, violenza domestica e matrimoni forzati. 
Per saperne di più: www.apg23.org/it/progettomiriam/
Per info e richieste di aiuto, scrivere a: progettomiriam@apg23.org