Natalia è una donna di 35 anni vissuta fino all’età di 17 anni nelle campagne moldave. Se avesse potuto scegliere, avrebbe voluto studiare per diventare una stilista di moda. Ma un giovane del suo paese di cui si era innamorata alla follia l’ha portata sull’isola di Malta con la promessa di un futuro da favola. Costretta a bere vodka e gin e a far bere i clienti di un night per spillare loro più soldi possibili, è precipitata per dieci anni nel vortice dello sfruttamento sessuale. Dopo Malta è stata trasferita nei bordelli spagnoli per poi finire sui marciapiedi in Italia. Oggi, dopo un lungo periodo di terapia per superare la dipendenza da alcool e i traumi vissuti nella prostituzione, lavora nel settore tessile, sempre attenta a non ricadere nell’alcolismo.
Carmen viene dalla Romania. È entrata nel “giro” quando aveva 20 anni. Anche lei col “metodo loverboy”, l’apparente amore romantico, le promesse di felicità per tutta la vita in Europa. Ma in Germania il sogno si è infranto ed è stata incastrata in una cosiddetta SPA. Un centro benessere dove vivere e dormire tra lussi, droga e sesso a tutte le ore per i clienti. Per rispondere alle loro richieste senza limiti di prestazioni sessuali - orali, anali e vaginali - con e senza preservativo, ha iniziato ad usare la cocaina. Diversi clienti ne facevano uso per essere al massimo durante i rapporti a pagamento. Finchè non è caduta nella dipendenza dall’eroina. Le ci è voluto moltissimo tempo per riprendersi e per chiedere aiuto. Altre volte è caduta in rapporti usa e getta e maltrattanti e nella dipendenza. Ma poi è rimasta incinta e si è aggrappata a quella fragile vita per uscirne del tutto attraverso un programma terapeutico per donne tossicodipendenti, con vissuti di violenza. Oggi lavora in una fabbrica e ha una vita serena, pur essendo una madre single. E spera sempre di non aver fatto male alla sua bimba, quando ancora era nella sua pancia…
L’abuso di sostanze droghe e alcool è un mezzo di coercizione sempre più utilizzato da trafficanti e sfruttatori all’interno dell’Unione Europea. A raccontarlo è Elisabeth Saenz Miranda, funzionaria dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, intervenuta in un convegno a Roma nell’ambito del progetto europeo AMELIE sulla salute delle vittime di tratta, insieme a ong di Grecia, Italia, Germania e Belgio, a sopravvissute alla tratta e al Direttore generale del Dipartimento per le Pari Opportunità italiano, Stefano Pizzicannella.
🌍 Oggi convegno #Amelie con #RuthAguele sopravvissuta alla tratta di esseri umani: 🗣️ Pone l'accento sul trauma subito dalle donne, 👩👧👦 molte madri sole con figli, provenienti dal nord Europa. 🚫 Affrontano re-trafficking barriere all'integrazione. 🤝 #StopTratta @TalithaKumRome pic.twitter.com/Eg2eHLPwnE
— Comunità Papa Giov23 (@apg23_org) May 9, 2023
Il ruolo del personale sanitario è centrale nella lotta alla tratta e nel riconoscere una vittima.
«I trafficanti spesso isolano le loro vittime dalle loro famiglie e dai sistemi di sostegno - continua la dottoressa - ; tuttavia, secondo uno studio, circa l’88% delle sopravvissute alla tratta sessuale è stato contattato o visitato da un medico durante la loro dipendenza. Per molte sopravvissute, l'abuso di sostanze è il motivo di collegamento con chi può fornire loro assistenza sanitaria. Questo collegamento crea l'opportunità per gli operatori sanitari di identificare possibili sopravvissuti alla tratta, offrire assistenza e raccogliere prove che possano aiutare i pubblici ministeri a perseguire il trafficante in futuro».
Ma un'altra strategia non va dimenticata seconda l’esperta dell’UNODC: la collaborazione tra servizi in situazioni di emergenza. Durante la pandemia l’abuso di sostanze e alcool è aumentato, specie nei periodi di lockdown. Le vittime spesso rischiano di restare sole. Di non essere riconosciute, di non essere soccorse come vittime sessuali ma solo come tossicodipendenti. Oppure possono essere assistite per prevenire i sintomi di astinenza per esempio col metadone, ma interromperne improvvisamente l’assunzione mette a repentaglio la loro vita perché non hanno potuto scegliere di iniziare davvero un percorso di disintossicazione. È importante che coloro che si occupano di dipendenze patologiche e gli enti pubblici e privati che offrono servizi di assistenza e recupero per le vittime di abuso e sfruttamento sessuale abbiano una formazione specifica sulla tratta e siano informati sui diversi traumi che le persone “costrette a dipendere” devono affrontare, a causa delle decine e decine di clienti che comprano ogni giorno i loro corpi.