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1 Febbraio 2023
Ultima modifica: 3 Febbraio 2023 ore 11:16

Si è spento Luca Pieri. Con coraggio ha superato tante barriere

Bologna. Il fisico di Luca Pieri ha ceduto. Affetto da disabilità ha portato avanti tante battaglie per i diritti degli emarginati e con la moglie ha accolto tante persone in famiglia.
Si è spento Luca Pieri. Con coraggio ha superato tante barriere
Luca Pieri non si è piegato al grave handicap che lo affliggeva, che rendeva le sue membra indomabili. Ha trasformato la sua debolezza in forza superando le barriere fisiche e culturali.
Luca Pieri, bolognese, nato il 7 aprile del 1954, ha combattuto tante battaglie per i diritti delle persone disabili. Si è spento ieri dopo un periodo di malattia.
Storico membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha collaborato diverse volte anche con il nostro giornale trattando soprattutto temi legati all'handicap e alla pace. Tratti distintivi: ironico e tenace. 

Luca era anche spastico ma ha imparato a convivere con le sue limitazioni fisiche. Una vita, la sua, vissuta con forza e testardaggine che l'hanno salva­to dall'arrendersi all'handicap. Avrebbe potuto piangendosi addosso, commiserarsi o crearsi un falso sé, e invece ha combattuto, tanto da  riuscire a superare barriere tecnologiche, architettoniche e culturali  e laurearsi in Scienze Politiche all'Università di Bologna. Una conquista impensabile per l'epoca.

Di sé diceva: 

sono affetto da Paralisi cerebrale infantile che mi impedisce di svolgere autonomamente tutte le azioni della vita quotidiana. Il mio corpo mi ricorda Furia, “il cavallo del West”, perché, nonostante gli sforzi dei riabilitatori, gli arti, il tronco e il capo restano sostanzialmente indomabili. Ciò mi ha abituato a dipendere costantemente dagli altri.
Luca Pieri

Lottava per i diritti degli emarginati, sempre in prima linea per la pace: era stato anche nei territori di guerra nell'allora ex-Jugoslavia. Aveva partecipato nel 2001 al G8 di Genova. In quell'occasione aveva sperimentato la forza della debolezza, la forza della nonviolenza dovuta proprio alla sua condizione fisica.

Ho potuto sperimentare, come in altre occasioni, che la mia condizione contiene degli aspetti oggettivi di annuncio di Cristo: la forza della debolezza, l'anima della nonviolenza.
Luca Pieri


È la storia di un uomo che ha trovato la spinta di vivere in Dio nel cammino della Comunità Papa Giovanni XXIII, nei suoi cari, negli amici e che ha trovato l'amore di Carla, diventata sua moglie. Diventare padre è stata una delle sue più grandi soddisfazioni, perciò ha deciso di diventarlo di tanti altri che un padre non l'avevano. Voleva restituire tutto il bello che lui aveva avuto.


La realtà di coppia mi ha permesso di compiere la scelta di accogliere persone in famiglia. Ciò mi ha dato la possibilità di sviluppare ulteriormente le mie capacità relazionali trovandomi ad esercitare a più riprese la funzione paterna e ad avere la responsabilità di altri. Di nuovo una cosa niente affatto scontata per una persona disabile abituata ad essere accudita: è qui forse che mi sono scoperto veramente “diversamente abile”?
Luca Pieri


Luca Pieri con la moglie

L'intervista: il coraggio di vincere le barriere

Per il Magazine Sempre lo avevamo intervistato nel 1997. All'epoca aveva 43 anni ma non li dimostrava: per l'aspetto, la simpatia e l'ironia con cui parlava di sé.
 
Come si sta ad avere un han­dicap fisico come il tuo?
«Piano, piano ho imparato a convivere con i miei limiti e credo di aver raggiunto un buon equilibrio, tranne qualche difficoltà, soprattutto quan­do ci sono dei cambiamenti.»
 
Da piccolo come hai affronta­to l'ambiente scolastico?
«Vivevo con la famiglia, i miei fratelli, dove ho imparato a superare le dif­ficoltà. Andavo alla scuola speciale dove sono sempre stato nella condi­zione di dover far fronte a persone che non conoscevano l'handicap, avevo spesso maestre inesperte.»
 
La tua famiglia come ha vis­suto la cosa?
«Pur facendo molta fatica mi ha sempre lasciato relativamente spazio. Mi hanno aiutato molto sia dal punto di vista dei valori, sia aiutandomi a svi­luppare la mia volontà.»
 
E come é diventata la tua volontà?
«Fin troppo ostinata. Quando piango di gioia piango davvero.»

«Sono io che mi devo adattere agli altri»

Il fatto di aver bisogno di tutti ti fa sentire a disagio?
«È un limite nel senso che non ho spazi, né tempi miei. A volte è molto faticoso perché sono io che devo adattarmi ai tempi degli altri. Il fatto di farmi imboccare vuol dire che é l'altro che decide i tempi.»
 
C'entra qualcosa Dio nell'ac­cettare il tuo handicap?
«Fin da piccolo mi ha sempre colpito molto la parabola dei talenti per il discorso di non seppellire quello che uno ha. È sempre stato un punto fermo nella mia vita. Un altro punto fermo da quando ho conosciuto la Comunità Papa Giovanni XXIII è che mi ha fatto scoprire, attraverso il racconto del "cieco nato", che non é la guarigione il problema, non é colpa del cieco se è così, non è colpa nemmeno dei suoi genitori, ma è un modo per manifestare la gloria di Dio. Un altro punto è che un poco alla volta ho potuto assu­mere ruoli diversi da quello di perso­na handicappata, con la possibilità di avere delle responsabilità.»
 
Non hai mai chiesto a Dio di guarire?
«Da piccolo sì, anche perché quando andavo a fare fisioterapia mi incul­cavano molto il fatto di dover cam­minare. Mentre adesso mi dico che probabilmente sarebbe un cambia­mento troppo grosso e che tutto sommato non ne vale la pena.»
 
Non è un po' troppo per un ragazzo come te essersi tro­vato una moglie ed avere una figlia? La mia è una provoca­zione, ma lui non si scompone ...
«A volte me lo chiedo anch'io perché sono consapevole di tutto questo. Dovrò in qualche modo rendere conto. È la spinta fondamentale ad essere disponibile a condividere come è possibile con gli altri, con chi ha avuto meno di me.»

«Dare a chi ha avuto meno di me»

Come hai conosciuto tua moglie?
«Ad un Convegno sull'handicap nel 1981.»
 
È stato un amore a prima vista?
«No. Prima siamo diventati amici.»
 
Hai trovato ostacoli dai fami­liari?
«I miei. Penso che sia stato perché era una cosa a cui non erano preparati, non era nelle loro aspettative, pro­babilmente anche perché avevano paura che potesse finire male. Non volevano che rischiassi, volevano proteggermi.»
 
Quali difficoltà hai incontrato proseguendo gli studi?
«La difficoltà più grossa è stata quella di imparare a rapportarmi in situazioni non protette. Rapportarmi all'Università con i compagni, con i professori, è stata una difficoltà molto pratica come quella dello scri­vere. Quando studiavo a Scienze Politiche non era disponibile il com­puter a basso costo e non c'erano programmi adatti alle capacità delle persone disabili. Questo credo mi abbia condizionato molto anche sul piano dell'acquisizione e delle capa­cità professionali.»
 
Hai un lavoro?
«Al momento solo una borsa lavoro. È un aspetto molto importante per me. È la contraddizione più gros­sa.»
 
Perché?
«Sul piano personale ho avuto molti successi e su quello lavorativo ho fatto qualche piccola esperienza lavorativa, ma limitata.»
 
Con tua figlia che rapporto hai?
«Direi che sto costruendo un rapporto molto bello. Ho avuto fin dall'inizio la consapevolezza di come fosse impor­tante adattarmi a lei e non vicever­sa.»

Il sogno di lavorare 

Che posto ha Dio nella vostra coppia?
«È un punto di riferimento importante.»
 
Hai qualche sogno nel casset­to?
«Lavorare.»
 
Cosa vuoi dimostrare?
«Non lo so.»
 
Se dovessi parlare ad altri che vivono situazioni di han­dicap, cosa diresti?
«Direi di guardarsi attorno perché chiunque ha le sue difficoltà. Di imparare a cogliere gli aspetti posi­tivi invece di guardare quelli negati­vi, sapendo che le loro difficoltà non sono casuali.»