Topic:
19 Gennaio 2022

Unità dei cristiani: in Svezia è una realtà

In Svezia una suora domenicana e una pastora luterana conducono insieme ritiri incentrati sulla figura di Maria di Nazareth.
Unità dei cristiani: in Svezia è una realtà
Foto di Laura Lanni
Dal 18 al 25 gennaio si celebra la Settimana di Preghiera per l’Unità tra i Cristiani. Vi presentiamo un'esperienza vera di ecumenismo: il convento di Rögle accoglie cristiani di tutte le confessioni e Suor Celine, suora domenicana, conduce insieme alla pastora luterana Lena ritiri spirituali incentrati sulla figura di Maria. Le abbiamo chiesto come coltivare il dialogo profondo e il desiderio di unità.
Suor Celine Spitz è entrata in convento come suora domenicana in Francia nel 1989. Dopo 14 anni si è trasferita nel sud della Svezia, vicino a Lund, nel convento di Rögle, aperto dalla sua congregazione nel desiderio di coltivare la dimensione ecumenica.

Eri già attiva in ambito ecumenico quando arrivasti in Svezia?

«Non particolarmente, non ne sentivo bisogno quando ero in Francia, un Paese a maggioranza cattolica. Qui mi sono invece trovata a far parte di una minoranza, una condizione molto particolare che può portare a due strade: quella della chiusura in un ambiente esclusivo, oppure, quando si è sufficientemente sicuri di sé e delle proprie radici, quella di un’apertura che non teme il dialogo. Quando pensiamo che non abbiamo bisogno di chi è diverso da noi ci sbagliamo. Dio ci ha voluto diversi perché imparassimo a trovare un equilibrio tra le differenze. Forse prima di venire qui pensavo all’unità tra cristiani come a una semplice possibilità di contatto, di frequentazione “siamo amici e possiamo parlare gli uni con gli altri”, adesso non mi è sufficiente. Ora penso che il Signore ci voglia come un unico gregge sotto un unico pastore. E non credo che questo significhi che tutti debbano passare alla Chiesa cattolica, ma che sia possibile raggiungere insieme traguardi nuovi, qualcosa di nuovo da creare insieme... Forse con l’aiuto di quella maggiore sinodalità, che il nostro papa ci invita oggi a creare. Non si tratta solo di tornare alle radici, ma di trovare nuove strade per creare l’unità.»

Come è stato l’incontro con le altre Chiese cristiane in Svezia?

«Sorprendete e inaspettato! Quando si parla di ecumenismo in Francia si pensa molto a cattolici e luterani, a una sorta di antitesi tra due blocchi: la nostra Chiesa (cattolica) e quelle della Riforma. Qui invece ho capito che quando si parla di ecumenismo si allude in primis al dialogo delle diverse Chiese luterane fra loro, delle Chiese libere tra loro, delle Chiese luterane con le Chiese libere... per me è stato qualcosa di nuovo, non conoscevo questo mondo così articolato e non immaginavo che anche loro avessero bisogno di ecumenismo!» 

Nel vostro convento di Rögle (nel sud della Svezia) accogliete persone di tutte le confessioni, e promuovete incontri frequentati da tutti. Una esperienza particolare è stata quella del laboratorio pluriennale incentrato sulla figura di Maria, una scelta coraggiosa...

«Ho iniziato io a promuovere questo laboratorio sulla figura di Maria nell’autunno del 2017, con una programmazione di incontri sul culto a Maria nella storia, e dal novembre 2018 si è unita a me Lena Sjöstrand, pastora della Chiesa luterana svedese da anni responsabile del duomo di Lund. Insieme abbiamo guidato la riflessione su Maria nella teologia e nella Bibbia.
Quando venni in Svezia sentii subito che la figura di Maria rappresentava un nodo problematico all’interno del dialogo tra noi e i protestanti. Intuitivamente sentivo che all’origine di questo nodo c’è un grande malinteso, e superarlo poteva rappresentare un passo importante. Sentivo, quasi paradossalmente, che Maria poteva unirci, anche se non sapevo ancora come. Io stessa non avevo mai davvero approfondito la figura di Maria, e decisi di farlo quando divenni priora nel 2013. In seguito notai che molti luterani della Chiesa di Svezia scoprono e amano la figura di Maria, molti si avvicinano alla fede tramite lei, in alcune parrocchie luterane si prega il rosario... So che può suonare strano, ma questo ci insegna che non siamo obbligati ad usare sempre le stesse categorie. È qualcosa su cui rifletto da quando sono arrivata in Svezia. In quanto parte di una minoranza, sono obbligata ad uscire dai miei punti di riferimento e a non rinchiudere tutto in una scatola. Lo considero un grande dono!
Sto ancora riflettendo sui contenuti di quegli incontri e sugli scambi che ho poi avuto non solo con Lena, ma anche con suor Anna, della sororità luterana di S. Francesco, che ha sede nel convento di Klaradal. Non credo che esista una suora più mariana di lei in Svezia! E contemporaneamente è molto radicata nella sua tradizione luterana. Lei mi incoraggia ad osare, a sollevare gli interrogativi più spinosi, a manifestare apertamente i miei dubbi anche sulle questioni più delicate. Abbiamo dovuto interrompere gli incontri nel marzo 2020 a causa della pandemia, ma è un lavoro che spero di poter proseguire.» 

Potresti quindi affermare che l’incontro personale è stato importante per la tua crescita nell’ecumenismo?

«Sì, ma non solo, credo che anche il contesto in cui mi sono trovata in Svezia sia particolarmente fertile. Ricordo poco dopo il mio arrivo qui un colloquio con un pastore battista, che alla fine della nostra conversazione mi chiese di benedirlo. Fu un’esperienza nuova per me. E poi l’attività di tanti uomini e donne di fede: Peter Halldorf, fondatore della comunità ecumenica di Bjärka-Säby, la mia consorella Veronica che ha predicato presso tutte le confessioni presenti qui, ed è rientrata in Francia lo scorso anno, nonché il nostro vescovo, per citarne alcuni. 
L’esperienza del percorso su Maria è nata dopo una serie di incontri che chiamavamo “i sabati ecumenici”. Nel 2016, tre settimane prima della visita del papa a Lund e Malmö, organizzammo qui un incontro di preghiera in preparazione alla visita. Parteciparono 40 persone, noi non ne aspettavamo così tante, di tutte le Chiese. Fu un incontro molto intenso, con una lunga preghiera nella nostra cappella incentrata sul perdono, e un pasto insieme. Quel momento, molto apprezzato, mise in moto qualcosa. Dopo la visita del papa, che è stata un momento importantissimo per noi, continuammo ad incontrarci per i sabati ecumenici qui: una preghiera insieme, una riflessione portata a turno da un rappresentante di unaChiesa diversa (Chiesa cattolica, Chiesa svedese e una Chiesa libera) e un pasto insieme. Quando ci salutavamo alla fine della giornata, sentivo sempre una grande gioia tra chi aveva partecipato. Il clima di fiducia e di amicizia fra noi ha fatto in modo che potessimo iniziare a parlare più liberamente, anche degli argomenti più delicati.»

Hai detto che abbiamo bisogno gli uni degli altri nella diversità, ma spesso quando parliamo di ecumenismo sottolineiamo quello che abbiamo in comune. Cosa pensi che possiamo donarci reciprocamente, imparare gli uni dagli altri?

«Per me è un dono avere qui in convento suor Katarina che proviene da una famiglia luterana e che conserva un vero amore per la sua Chiesa di provenienza. Lei ci aiuta a vedere cosa possiamo imparare da altre confessioni. Recentemente ci ha fatto notare ad esempio, parlando di sinodalità, che le Chiese libere vivono spesso questa dimensione molto più delle parrocchie cattoliche e hanno un’esperienza da comunicare. Così come una certa spontaneità nella preghiera, la cura per l’accoglienza e il sostegno reciproco, l’aiuto che passa anche da donazioni economiche. Un aspetto questo su cui vigilare, ma che in sé vedo come qualcosa di buono. La Chiesa svedese ha di positivo un grande impiego di risorse nelle attività di diaconia, tanti diaconi e diacone impegnati nel servizio ai poveri e nei colloqui spirituali, che fanno molto bene. Inoltre molte persone che conosco della Chiesa svedese sono un esempio di umiltà, e senza l’umiltà niente può succedere a livello ecumenico!
Quello di cui parliamo è l’ecumenismo reciproco, chiamato anche ecumenismo ricettivo, che implica la capacità di aprirsi all’altro cercando di comprenderlo a fondo. Ad esempio: quando l’altra persona dice la parola “salvezza” cosa intende veramente? Cosa significa questa parola per lui/lei? Per poter parlare con l’altro bisogna poter entrare almeno in parte nella sua prospettiva, uscire da se stessi per costruire un ascolto vero. Così dovrebbe essere ogni comunicazione, ogni vero dialogo. Se arriviamo a dire: ora capisco cosa intendi quando dici questo! Lì sta l’amore, lì davvero ci avviciniamo.
Aprirsi all’altro, cercare di comprenderlo, vedere secondo la prospettiva dell’altro ci porta a un’umiltà che deriva dalla consapevolezza, un’umiltà che ci permette di trovare un nostro ruolo senza prevaricare l’altro. 
Il vero ecumenismo deve essere reciproco, altrimenti non lo è. E per costruirlo dobbiamo fare insieme tutto quello che possiamo: portare le nostre domande in un clima di comunione, pregare insieme, mangiare insieme. Il convento è un buon ambiente per questo, un ambiente più libero, dove le frontiere sono porose.»

Quali sfide vedi per il futuro dell’ecumenismo, quali sono i passi da fare?

«Penso che quello che fate voi a Malmö come Comunità Papa Giovanni XXIII qui in Svezia è un esempio di un passo da fare: vivere e pregare insieme, praticare insieme la diaconia. Vivere insieme è quello che Gesù ha fatto con i suoi discepoli, è da lì che tutto ha avuto inizio. Molti all’interno della Chiesa svedese cercano di conoscere le altre tradizioni, desiderano vivere il vangelo insieme. Gesù ha incontrato l’altro così come era, con la sua storia e là dove si trovava nel suo percorso. Impariamo a guardare l’altro con occhi buoni, con meraviglia e ammirazione, così come Dio ci guarda. E Dio è presente in tutte le confessioni, in tutti le confessioni cristiane ci sono santi! Dobbiamo coltivare la nostra nostalgia per l’unità, il nostro desiderio di arrivare lì, per poi trovare una strada.»