A Rimini, il 26 novembre scorso, nell'evento "Vite Spezzate" (link alla registrazione) curato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII è stata gettata luce su un tipo di violenza strettamente connessa alla generatività del corpo femminile, una violenza ancora sommersa e taciuta, una violenza che si scatena quando la creatività della donna si fa carne nel suo corpo. La violenza contro le madri in gravidanza. All'evento, Eugenia Roccella Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, oltre che al saluto del Presidente della comunità Matteo Fadda, ha introdotto con un suo intervento a video la riflessione; nel corso del convegno alcune drammatiche testimonianze di donne vittime sono state lette alla platea dall'attrice Mara Di Maio con molta commozione in sala.
I terribili casi di cronaca ed i femminicidi, da tempo, hanno sfatato il pregiudizio che la gravidanza costituisca in qualche modo una protezione nei confronti dell'abuso: i dati dimostrano invece con chiarezza che la violenza non risparmia affatto questa fase della vita e anzi, può cominciare o inasprirsi, proprio in questo periodo, si pensi al terribile caso della giovanissima mamma, Giulia Tramontano.
Il fatto che la donna in gravidanza sia più vulnerabile, abbia minore autonomia, sia emotiva che finanziaria, può essere vissuto dal partner o dai familiari violenti come un'opportunità per stabilire più potere e controllo sulla donna. Si è posta l'attenzione sulla c.d. violenza riproduttiva come costrizione all'aborto, una tipologia a sé stante o che si può unire in un coacervo di abusi con la violenza psicologica, fisica, economica, sessuale, o affiancarsi ai maltrattamenti familiari e gli atti persecutori o ancora manifestarsi quando il rifiuto della donna ad abortire venga vissuto, dai familiari, come da altre persone, (es. i datori di lavoro), come un atto di autodeterminazione, inaccettabile da parte di una persona ritenuta incapace di valutazioni autonome.
Questo tipo di violenza contro le donne è inoltre orribilmente e sistematicamente praticata nel sistema prostituente nei confronti delle vittime di prostituzione che quindi subiscono violenze multiple e gravissime.
La Comunità da anni (1997) al fianco delle donne in gravidanza con la gestione del numero verde 800 035 036 "Non sei sola" e solo nell'anno 2023 (gennaio- settembre) ha riscontrato 51 casi approfonditi di violenza come costrizione all'aborto nei nostri percorsi di assistenza. La coercizione nelle decisioni sull'aborto è una minaccia urgente e immediata per la salute e il benessere delle donne ed è una forma di abuso familiare e domestico spesso non riconosciuta.
L'epidemia nascosta di aborti non voluti è reale e molto più grande di quanto la maggior parte delle persone immagini e riguarda anche la interruzione della gravidanza nei percorsi sanitari.
Da una valutazione ponderata dei dati della Comunità Papa Giovanni XXIII raccolti nel corso degli anni, e solo rispetto ai casi che hanno permesso agli operatori un approfondimento di cura, risulta che almeno il 15% delle interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), volontarie non lo sono state affatto; tante donne hanno subito uccisioni non volute del proprio bambino prenatale. I dati e le testimonianze, riportano traumi indicibili e conseguenze psicologiche e sociali difficili– se non impossibili- da superare.
L'esperienza ed i dati dell'esperienza del numero verde sono state inoltre portate anche all'attenzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere lo scorso 12 gennaio in sede di audizione dei rappresentanti della Comunità nel corso della quale sono state anche portate diverse proposte, non come soluzioni semplicistiche a problemi complessi, ma sicuramente come vie di percorsi oramai indispensabili verso un cambiamento, tra cui:
Sono spunti offerti in Commissione che potrebbero avere un impatto importante per continuare a sostenere le donne in gravidanza e proteggere le vittime e supportare gli enti che si impegnano nella loro tutela.
Nella Comunità Papa Giovanni XXIII infatti, e nonostante le profondissime ferite, tante donne con cui si è condiviso il cammino, hanno saputo rinascere, in quelle piaghe hanno trovato la forza per ricostruire il proprio sé accettando il dolore, ed insieme ad altre donne al loro fianco hanno ritrovato impronte di sogni di speranza.