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22 Dicembre 2022
Ultima modifica: 22 Dicembre 2022 ore 11:40

Reddito di cittadinanza, tagli da 700 milioni di euro

Ecco cosa cambia con la legge di bilancio 2023. I timori di chi quotidianamente lavora al fianco delle persone fragili.
Reddito di cittadinanza, tagli da 700 milioni di euro
Foto di Angelo Carconi
La legge di bilancio 2023 che sarà portata in aula per l’approvazione in questi giorni, prevede che a settembre del prossimo anno, in attesa di nuove misure che da gennaio 2024 sostituiranno per tutti il reddito di cittadinanza (Rdc), alcuni degli attuali beneficiari possano perdere il sussidio.
Alcune persone che il governo ritiene abbiano maggiori possibilità di trovare lavoro, gli occupabili, dovranno seguire obbligatoriamente un corso di formazione o riqualificazione professionale di 7 mesi e dovranno rispondere alla prima offerta di lavoro proposta,  altrimenti perderanno il Reddito di Cittadinanza. 

Sono individuati dalla legge in base all’età, tra 18 e 59 anni, e alle caratteristiche della famiglia in cui vivono: nuclei senza minori, senza persone con almeno 60 anni e disabili. (Qui l'audizione del Presidente Istat). 

La relazione tecnica alla legge di bilancio stima in circa 400 mila il numero di famiglie, circa mezzo milione di persone (il 39 per cento di quelle che ricevono la misura) composte solo da persone “occupabili”, quindi soggette al termine del sussidio a partire da settembre 2023. Il risparmio è stimato in circa 700 milioni di euro. Dalle relazioni tecniche si tratta di nuclei di piccola dimensione, monoparentali, e si stima che lo perderà il 73 per cento di quelli con una sola persona e che risiedono soprattutto al Sud. 

Volendo fare una previsione di identikit, il profilo delle persone che tra qualche mese potrebbero essere escluse dal Rdc è ben definito. In genere sono single o coppie senza figli, non più giovani, con bassi livelli di istruzione, residenti nel Sud, dove la domanda di lavoro è molto bassa.Qui l'audiziione della Presidente dell'Ufficio parlamentare di Bilancio).

Fino a poco tempo fa (2018) l’Italia era l’unico Paese insieme alla Grecia e alla Bulgaria in Europa a non avere uno strumento di lotta contro la povertà.  Il primo tentativo è stato il REI che  pur avendo un’impostazione migliore con una presa in carico degli enti territoriali e delle politiche sociali,  con un finanziamento di soli 900 milioni di Euro era assolutamente insufficiente. Sarebbe stato certamente più utile aumentare le risorse a questo strumento, ma invece è stato introdotto il Reddito di cittadinanza (Rdc); in ogni caso va reso merito a questo strumento del fatto che le risorse investite nell’RdC sono state circa 3,7 miliardi cioè 4 volte le risorse stanziate sul REI e nell’agenda politica ci si è concentrati in modo serio su uno strumento universale di contrasto alla povertà. 

Sappiamo bene che la povertà si contrasta con una politica complessiva di interventi, non certo solo di natura finanziaria, ma non si può demonizzare il Rdc, che se sicuramente ha bisogno di essere aggiustato non può però essere soppresso; l’unica altra alternativa sarebbe la solita politica emergenziale dei “Bonus”.  Destano forte preoccupazione le modifiche previste dalla legge di Bilancio che escluderanno tanti beneficiari attuali che rischiano di alimentare considerazioni e luoghi comuni che il terzo settore da tempo cerca di sfatare

Reddito di cittadinanza
Foto di Alessandro Di Marco - ANSA

Le persone diventano “occupabili” non perché si fa un breve corso di formazione, ma se le si aiutano a  “muoversi dalla loro situazione”: sono necessari percorsi  graduali che vanno dal volontariato per passare al tirocinio e poi al lavoro e integrazione. Le persone vanno ingaggiate con dei patti di percorso che le rendano protagoniste di sé stesse e lo si può fare solo agganciando la misura alla presa in carico territoriale e alle politiche sociali degli enti locali. Le persone si affrancano dalla povertà solo con un serio accompagnamento sociale verso un’autonomia.  

L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, da sempre schierata in favore di coloro che soffrono e si trovano in condizioni di difficoltà, da diversi anni è al fianco di altre 35 organizzazioni sociali e civili che compongono “L’Alleanza contro la povertà in Italia” che anche in occasione dell’attuale legge di bilancio ha riproposto le sue considerazioni in sede sia di audizioni in commissione bilancio che pubblicamente.  

Inoltre la Comunità ha espresso con un comunicato stampa forti perplessità e alcuni auspici e richieste proprio perché  non si possono dimenticare coloro che, pur essendo categorizzati come “occupabili” non sono collocabili nel mondo del lavoro e per i quali il beneficio è una forma di sussistenza indispensabile contro la povertà. 
Tante persone accolte  nelle  case famiglia e nelle varie strutture comunitarie, sono considerate “occupabili” secondo  le categorizzazioni astratte della normativa in divenire, ma non ce la potranno fare ad entrare subito nel mondo del lavoro, tante altre che  la comunità sostiene e supporta esternamente e/o accompagna in percorsi di autonomia, si troveranno in estrema difficoltà. 

E’ indispensabile poter mantenere e migliorare una misura della quale oggi lo Stato Italiano non può fare a meno e che deve diventare uno strumento di lotta universale per il contrasto alla povertà; tanto poi, andrebbe riconosciuto, anche con incentivi, alla cooperative sociali di tipo B che già oggi includono molte persone occupabili solo in contesti specifici, accogliendo le loro fragilità e sviluppando percorsi seri di crescita ed autonomia lavorativa.

Auspichiamo che il Governo sappia considerare adeguatamente nella legge di bilancio le forti criticità della configurazione di questo regime transitorio per l’Rdc, e soprattutto in vista di una riforma complessiva che non ci riporti indietro rispetto alle conquiste di contrasto alla povertà conseguite.