Il 13 maggio 1975 avveniva la convenzione con il Ministero della Difesa per l'accoglienza di obiettori di coscienza nella Comunità Papa Giovanni XXIII. L'analisi di Laura Milani, responsabile servizio civile per la Comunità e presidente della CNESC.
Nel 2025 ricorre il 50° dell’obiezione di coscienza e del servizio civile della Comunità Papa Giovanni XXIII. Risale, infatti, al 13 maggio 1975 la convenzione con il Ministero della Difesa per l’accoglienza di obiettori di coscienza. Un passaggio per noi storico perché segna l’inizio di un cammino che ha visto la Comunità in prima linea nello sviluppo del servizio civile, talvolta con azioni di disobbedienza e di denuncia, e quindi nell’impegno per la pace, l’obiezione alla guerra e a tutte le forme di ingiustizia e di violenza per costruire un’alternativa nonviolenta. Non a caso questa ricorrenza quasi coincide con i 50 anni dalla nascita della Comunità.
Alcune tappe fondamentali, come le azioni di disobbedienza per la parificazione della durata del servizio civile con quello militare, o quelle degli obiettori negli anni 90’ nei Balcani, hanno segnato non solo la storia della Comunità, ma dell’istituto del servizio civile, contribuendo a modificare la normativa.
Pietro Pinna in manette durante uno dei processi che ha subito tra il 1948 e il 1950 per essersi rifiutato di svolgere il servizio militareFare memoria delle nostre radici nonviolente
Celebrare questi 50 anni significa fare memoria delle nostre radici, della nostra scelta nonviolenta, ma anche rilanciare il nostro impegno per la pace. Cosa ne è di questa scelta oggi, all’interno di un sistema di servizio civile non più obbligatorio e che nell’attuazione e nel suo ampliarsi a nuovi soggetti spesso è schiacciato sulle politiche giovanili e, quindi, sull’esperienza per i giovani, per la loro professionalizzazione, seppure mantenga la finalità di difesa civile non armata e nonviolenta e la promozione dei valori costituzionali, tra cui l’art. 11?
Il filo rosso della nonviolenza
Credo ci sia un filo rosso che ripercorre questa storia. Don Oreste diceva che «L’obiezione di coscienza è un modo di essere che impegna tutta la vita. È obiezione ad ogni oppressione, sfruttamento, schiavitù. […] Obiezione contro ogni violenza». Parole ancora attuali, perché in questi anni abbiamo coinvolto oltre 3000 giovani in esperienze di servizio civile di condivisione e di rimozione delle cause con modalità nonviolente, che hanno contribuito a contrastare ogni forma di violenza e a costruire valide alternative di difesa civile. Esclusione, impoverimento, povertà educativa, disuguaglianze: non sono forse forme di violenza a cui cerchiamo di rispondere con un modello diverso, che è quello della società del gratuito? E quale modo migliore di farlo, se non assieme a dei giovani, che in questo modo diventano protagonisti di un cambiamento per sé e per gli altri?