Topic:
25 Giugno 2025
Ultima modifica: 25 Giugno 2025 ore 09:17

Gaza. «Noi, come l'Arca di Noè: non soccomberemo!»

Il grido di dolore e il coraggio dei sopravvissuti di Gaza nella testimonianza del Cardinale Pierbattista Pizzaballa
Gaza. «Noi, come l'Arca di Noè: non soccomberemo!»
Mentre lunedì sera a Ferrara si alzavano preghiere per la pace, il mondo assisteva a una escalation geopolitica di proporzioni pericolose. Le parole del Cardinale Pizzaballa hanno esortato a rispondere alle guerre non con le armi ma con l'azione concreta per il bene e il coraggio della mitezza
«Hanno iniziato la guerra ma non sembrano capaci di finirla. E anche l'Onu e l'Unione Europea cosa fanno? Sono capaci solo di riarmarsi, di fare la guerra. Ma la guerra porta solo distruzione. "Io e nessun altro!": ma questa logica non è la realtà».

Mentre gli USA hanno bombardato sabato notte i siti nucleari iraniani di Fordow Natanz e Isfahan e di tutta risposta l'lran ha lanciato - come dichiarato dal Consiglio di sicurezza nazionale - un numero di missili pari a quello delle bombe statunitensi colpendo le basi in Qatar, Siria e Iraq, in diverse parti d'Italia e non solo sono continuate manifestazioni per la pace e veglie di preghiera.

Lunedì scorso, in preghiera con la Chiesa di Ferrara-Comacchio c'era anche il cardinale Pierbattista Pizzaballa, in collegamento da Gerusalemme. Il volto visibilmente preoccupato anche per gli attacchi iraniani in quella Terra Santa dove porta avanti instancabile il suo ministero. Ma è su Gaza che ha voluto riportare ancora una volta l'attenzione e la richiesta accorata di aiuti, di pace e di dialogo. E in qualche modo il Patriarca di Gerusalemme sembrava chiedere alle oltre 500 persone in preghiera per Gaza, al Vescovo di Ferrara Mons. Perego, alle suore clarisse, benedettine e carmelitane presenti da remoto insieme alle associazioni e ai movimenti riuniti a S.Maria in Vado di non lasciarsi distrarre in queste ore dai colpi e contraccolpi dei potenti. La tragedia vissuta dalla popolazione di Gaza non ha eguali e non va dimenticata la resistenza silenziosa e pacifica dei sopravvissuti.
«A Gaza non c'è più niente da distruggere ma continuano ancora a distruggere, ad affamare la gente. Eppure nel territorio ci sono ancora persone coscienti che il futuro è insieme oppure non è. Gli israeliani resteranno qui e i palestinesi rimarranno qui. La logica dell'"io e nessun altro" non serve a nulla. Allora dov'è la speranza?».

«Mancano cibo e acqua, scarseggiano le medicine ma la gente continua a collaborare»

Il pensiero di Pizzaballa va alla piccola comunità cristiana di Gaza. Di 1017 persone, ora ne rimangono solo 541. In pratica una comunità spezzata a metà. Alcuni sono fuggiti, altri sono morti per mancanza di assistenza medica. La maggioranza della popolazione vive nelle tende, senza beni di prima necessità. Il dramma più grande lo vivono le donne, senza bagni, senza acqua, senza la possibilità di curare l'igiene personale. «Sono tutti asserragliati nei complessi della parrocchia latina, nella scuola e il resto nella parrocchia ortodossa. Il cibo inizia a scarseggiare. Durante la parentesi del coprifuoco come formichine hanno potuto mettere via diverse provviste. Si sono organizzati per distribuire pacchi alle famiglie, cucinano una volta o due alla settimana per tutti. I nostri sono privilegiati. Fuori non hanno più niente. Noi abbiamo il pozzo, anche se l'acqua è sporca una volta bollita si può bere. Altri non hanno più nulla. I medicinali scarseggiano, gli ospedali sono tutti distrutti. Come patriarcato abbiamo potuto far entrare 800 tonnellate di alimenti al mese e sfamare fino a 40mila persone al mese. Ma quel che mi ha colpito di più è che questa nostra comunità ha bravi preti che continuano tra la gente, con la preghiera quotidiana, il rosario, il catechismo dando una struttura alla vita comunitaria, per tenere alto lo spirito e l'animo». 

Ma il simbolo più forte della resistenza pacifica degli abitanti di Gaza, racconta il cardinale, sta nelle parole di una ragazzina che tempo fa, riferendosi a Tufan Al-Aqsa, la grande "inondazione" della resistenza palestinese nota come il diluvio di Al-Aqsa, ha detto con speranza tenace «Noi in questo diluvio vogliamo essere come l'arca di Noè: non vogliamo soccombere!».
«Ecco nel senso di disorientamento che c'è, capire come coinvolgersi, come aiutare la gente più disperata è fondamentale. Anche qui a Gerusalemme ci sono segni di speranza da non credere.

I commercianti da cui acquistiamo le verdure ad esempio sono musulmani, quando sanno che è per la gente povera di Gaza chiedono solo il prezzo di costo, non vogliono guadagnare. Ancora: gli unici che hanno le celle frigorifere sono gli ebrei. Anche loro non fanno pagare. Questo è il loro contributo per aiutare la popolazione stremata di Gaza. Se la coinvolgi nel fare il bene, la gente si lascia coinvolgere».

Ebrei, musulmani, cristiani chiamati alla mitezza

«Nell'Antico Testamento c'erano i profeti che provocavano. Noi non siamo profeti. Ma il nostro ruolo profetico oggi è quello di stimolare, coinvolgere, far partecipare e in queste azioni di pace abbiamo bisogno dello Spirito Santo perché da soli è molto difficile credere. Ieri ero in una parrocchia isolata, del tutto chiusa in se stessa. I contadini hanno perso il raccolto perché i coloni hanno bruciato i loro campi. Eppure pensate che proprio loro sanno ringraziare per quel poco che hanno e quel poco che possiamo portare loro. Mi ricordano una beatitudine a cui siamo chiamati tutti "Beati i miti perché erediteranno la terra". Spesso non la si capisce. Quale terra? La guerra porta alla distruzione totale, a Gaza, in Cisgiordania, adesso in Iran, in Israele... di tutto questo non resterà nulla. Eppure la terra, il mondo crescerà grazie alla forza dei miti, sono loro che fanno crescere il Regno di Dio. All'odio, alla prepotenza, alla violenza delle armi straordinarie dobbiamo contrapporre la mitezza nel linguaggio e nelle opere. I miti lasceranno in eredità qualcosa di bello per tutti, per ebrei, cristiani e musulmani. Davvero sarà così. Questa è la missione della Chiesa qui: essere voce di mitezza, richiamare alla verità di Dio che vuole la giustizia, che non è mai contro l'uomo e non vuole mai la morte dell'altro.»

Nella testimonianza accorata del patriarca di Gerusalemme sembra quasi di vederli i volti coraggiosi di uomini, donne e bambini che  vogliono la pace, che preparano da mangiare per i propri vicini una volta a settimana mentre in altri luoghi della terra, mangiamo anche cinque volte al giorno». 

Il richiamo a restare uniti è forte, e tuonano da lontano le parole di incoraggiamento di Pizzaballa per tutti quelli che non si vogliono arrendere all'obbligato "risiko" internazionale. «Dobbiamo restare uniti in questo network di pace perché verrà un giorno, e non sarà lontano, in cui tutti avranno bisogno di noi miti».