Ciao,
mi chiamo Cristina e sono la mamma affidataria di una bimba speciale. Io e mio marito abbiamo 4 figli naturali. Circa 4 anni fa, in punta di piedi, ci siamo avvicinati al mondo dell’affido partecipando ad un corso per genitori affidatari, per poter aiutare un bambino che avesse bisogno di una famiglia. Durante il percorso ascoltammo la testimonianza di una mamma affidataria di un ragazzo con la sindrome di Down. Ricordo bene quel giorno, quella testimonianza ci colpì molto e rimase nel nostro cuore, ma all’epoca non pensavamo che un bambino disabile avrebbe potuto fare al caso nostro e non ci credevamo all’altezza di un compito così difficile. I dubbi erano tanti. Invece tutto era già scritto per noi.
Un giorno arriva la chiamata: «C’è una neonata in ospedale, ha una paralisi cerebrale, un grave danno che non si sa come evolverà, ha bisogno di una famiglia». Come potevamo lasciarla lì quella neonata?
Con il cuore impazzito l’ho detto a mio marito che però mi ha bloccata subito con un "no" secco; gli dico che la piccola ha bisogno di un papà, ha bisogno di noi. Il mio cuore era già partito verso il cielo, mio marito invece, come tutti gli uomini fanno, ha pensato alle cose pratiche: «Ce la faremo? I nostri figli cosa diranno? Non sarà un impegno troppo grande?»
Abbiamo deciso di andare a parlare con i servizi per capire meglio la situazione, ci abbiamo pensato e ripensato e alla fine, con mille paure, ci siamo buttati e abbiamo detto sì. In fondo, ci siamo detti, è una neonata come tutti gli altri, se non potrà camminare ci penseremo più avanti!
Dopo aver dato la nostra disponibilità abbiamo vissuto un mese di attesa che per me è stata una vera gravidanza con tanto di emozione e mal di pancia, durante il quale mi sono spesso chiesta: «Come sarà? Saremo all’altezza? Andrà tutto bene?». Intanto mio marito faceva le cose che fanno tutti i papà: preparava il lettino e tutto l’occorrente per poterla accogliere al meglio.
Dopo questo mese di attesa finalmente siamo andati a prenderla in ospedale, l’abbiamo potuta vedere e prendere in braccio e che stupore nel vedere che aveva i miei stessi capelli e occhi! Che regalo meraviglioso mi stava facendo Dio! Quando i miei occhi hanno guardato i suoi meravigliosi occhioni blu, mi sono innamorata e le ho promesso che mai sarebbe rimasta sola e che avrei lottato per lei e con lei!
Quando l’ho presa in braccio e ci siamo guardate è stato proprio come lo raccontano: amore a prima vista, un amore immenso e puro, e tutte le paure sono andate via in un attimo. I primi giorni sono stati intensi, dovevamo conoscerci e lei ha pianto tanto, ma quando la prendevo in braccio mi guardava e sembrava dirmi: «Io dormo, ma tu non sparire!» Pian piano ha capito che eravamo sempre là, tutti e sei rumorosi e calorosi per lei! Quando si avvicinava il terremoto del nostro più piccolo, lei aveva imparato ad accoglierlo, quando arrivava il papà la sera e lei sentiva la sua voce, sgambettava finché il papà non la prendeva in braccio per poi abbandonarsi in una coccola di amore.
Appena portata a casa, i nostri figli si sono messi tutti attorno a lei, come in adorazione di un piccolo Gesù bambino… così piccola, fragile e indifesa! Ma quella bambina così piccola emanava una forza e un amore smisurato!
In poco tempo abbiamo capito che le nostre paure per i nostri figli erano infondate perché i nostri figli da subito l’hanno accolta bene, per loro è diventata una sorella e non si sono mai fatti pensieri di alcun tipo. I bambini vivono tutto in modo più semplice dei grandi!
Tante persone ci hanno detto che siamo bravi, altre si sono stupite e non hanno capito la nostra scelta, altre si sono chieste perché dopo 4 figli sani ci siamo presi un problema così grosso, altre addirittura hanno sentenziato che abbiamo trascurato i nostri figli per accudire lei. Noi non ci sentiamo né santi, né martiri, siamo una famiglia normale, abbiamo fatto una scelta che comporta certo dei sacrifici ma anche tanta gioia, i nostri figli non sono stati trascurati, anzi ne stanno traendo un grande insegnamento e ogni giorno siamo stati orgogliosi di loro, di come hanno accolto Alice e di come hanno affrontato tutto con semplicità e amore.
Ci sono tanti pregiudizi sui bambini disabili, si pensa che avere un bambino disabile significhi la fine della vita normale, che la sua presenza porti solo infelicità e tristezza. Siamo noi che dobbiamo porci davanti alla disabilità con consapevolezza e un po’ di sana leggerezza!
Purtroppo durante il nostro percorso con lei, ad un certo punto, le cose hanno iniziato a peggiorare, ma non ci siamo mai persi di animo. Abbiamo lottato insieme a lei e fatto ricoveri lunghissimi. Abbiamo avuto anche momenti indimenticabili. Con lei siamo andati ovunque: al mare, in montagna, abbiamo festeggiato il suo primo compleanno insieme a nonni, zii ed amici. Abbiamo imparato ad organizzare spostamenti con ossigeno, nutri-pompa per l’alimentazione, aspiratore e tutto quello che le serviva, senza paura siamo andati pure a passeggiare in montagna.
Abbiamo cercato di darle una vita normale, lei era felice e noi più di lei.
Tutti l’hanno amata tantissimo e lei ha dato amore a tutti.
Leggendo la diagnosi che avevano fatto i medici Alice avrebbe dovuto essere un vegetale e invece lei ci riconosceva tutti dalla voce e dal modo di avvicinarci, le bastava una mia carezza tra i capelli per aprirsi in un grandissimo sorriso.
Ci sono stati giorni difficili, non possiamo nasconderlo, giorni duri dove accettare le parole dei medici sembrava impossibile, accettare il dolore di un figlio non è una passeggiata, ma lei sorrideva sempre, era un raggio di sole in casa nostra e ci ha insegnato che la vita va vissuta ogni giorno e che ogni giorno è meraviglioso perché vissuto nell’amore! Fondamentale per noi è stato il confronto con altre famiglie affidatarie di bambini con disabilità, affrontare le difficoltà insieme è più semplice.
Purtroppo la sua situazione si è aggravata molto. Abbiamo deciso che l’avremmo tenuta in braccio fino alla fine accompagnandola, non immaginando che la fine sarebbe arrivata da lì a pochi mesi.
Purtroppo il 22 novembre del 2021 la nostra amata bambina è volata in cielo, cullata tra le mie braccia come avevamo previsto.
Dio ci ha fatto una grande grazia permettendoci di stare con lei fino alla fine, come le avevo promesso la prima volta che l’ho vista. Col senno di poi rifaremmo tutto!
Ci manca tantissimo, ha lasciato un grande vuoto a tutti, ma sappiamo che vive nei nostri cuori e l’amore immenso che ha donato a tutti noi ha un valore inestimabile.
Ci ha cambiato nel profondo dell’anima e i nostri bambini hanno imparato che nessuno va lasciato solo, nessuno perché imperfetto davanti alla società va dimenticato! Ogni vita merita di essere vissuta con amore e dignità!
A pensarci bene è lei che ha aiutato noi.
Abbiamo tirato fuori risorse che non sapevamo di avere, imparato ad usare presidi medici mai visti prima.
Abbiamo imparato che disabile non significa infelice, abbiamo imparato ad essere felici per le cose più semplici. Quando il papà la prendeva in braccio o quando i fratelli la baciavano e giocavano con lei, lei era felice!
Cristina e Matteo
Questa testimonianza è tratta dal libro Portami a casa. Storie di straordinaria accoglienza, che può essere acquistato in libreria, oppure direttamente online presso lo Shop Apg23, oppure telefonando all'Editore allo 044225174