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3 Marzo 2021

Alla scuola di scacchi Don Oreste Benzi

Da un'esperienza pilota in una classe, dall'anno prossimo gli scacchi, l'antico gioco di origine indiana, saranno sperimentati in tutte le classi della "Don Oreste Benzi", anche alla secondaria di 1° grado. Tanti gli effetti educativi.
Alla scuola di scacchi Don Oreste Benzi
Il gioco degli scacchi a scuola è consigliato dall'Unione Europea. Alla "Don Oreste Benzi" lo insegna Roberto Bartolozzi, istruttore nazionale del CONI e della Federazione scacchistica italiana.
Il successo della serie “La regina degli scacchi” si è misurato anche con una ricaduta nella pratica di questa disciplina. Già a dicembre 2020, ovvero circa un mese dopo l’esordio della serie, secondo la società di ricerca NPD Group, che realizza un monitoraggio delle vendite al dettaglio di 165.000 negozi in tutto il mondo, dopo anni in cui la curva delle vendite nel settore scacchi era piatta o in calo, c’era stata una crescita vertiginosa. Nelle tre settimane successive al debutto le vendite unitarie di set di scacchi sono aumentate dell’87% negli Stati Uniti e le vendite di libri sulle strategie sono aumentate del 603%.

Perché gli scacchi entrano a scuola? 

Viene da chiedersi se l’interesse suscitato durerà più di una stagione: così sarà, almeno, per la scuola “Don Oreste Benzi” di Forlì, gestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, che da quest’anno – prima del lancio della fortunata serie diffusa in streaming, in realtà - ha introdotto la pratica degli scacchi fra le sue proposte didattiche.
Con questa scelta, ha recepito indicazioni ormai consolidate dell’Unione Europea: l’importanza degli scacchi, infatti, è tale da aver indotto il Parlamento europeo, 15 marzo 2012, ad approvare una “Dichiarazione scritta” con cui si invitavano e si invitano «la Commissione e gli Stati membri a incoraggiare l’introduzione del programma “Scacchi a scuola” nei sistemi d’istruzione degli Stati membri».

Il gioco a scacchi alla scuola Don Oreste Benzi di Forlì


Le motivazioni addotte sono della massima rilevanza, «considerando che il gioco degli scacchi è accessibile ai ragazzi di ogni gruppo sociale, può contribuire alla coesione sociale e a conseguire obiettivi strategici quali l’integrazione sociale, la lotta contro la discriminazione, la riduzione del tasso di criminalità e persino la lotta contro diverse dipendenze; considerando che, indipendentemente dall’età dei ragazzi, il gioco degli scacchi può migliorarne la concentrazione, la pazienza e la perseveranza e può svilupparne il senso di creatività, l’intuito e la memoria oltre alle capacità analitiche e decisionali, e considerando che gli scacchi insegnano inoltre determinazione, motivazione e spirito sportivo».

Gli effetti degli scacchi sui ragazzi

Partendo da un’esperienza pilota in una classe, dall’anno prossimo l’antico gioco di origine indiana sarà sperimentato in tutte le classi della “Don Oreste Benzi”, anche alla secondaria di 1° grado. Il progetto intende sviluppare nei bambini le capacità intellettive: gli scacchi infatti favoriscono la crescita delle facoltà logico cognitive, aiutano ad apprendere concetti geometrico spaziali come le diagonali, il perimetro, l'area, le coordinate e favoriscono l'apprendimento in diversi ambiti disciplinari sviluppando attitudini di base come la concentrazione e l'astrazione), ma anche l’accettazione delle regole, la correttezza e la lealtà, la capacità di attendere. Responsabile del progetto è Roberto Bartolozziistruttore nazionale del CONI e della Federazione scacchistica italiana, che racconta la sua esperienza di anni in diverse scuole, dalla scuola dell’infanzia fino alla terza media. 

Roberto Bartolozzi, istruttore nazionale del CONI e della Federazione scacchistica italiana mentre insegna il gioco degli scacchi in una classe della scuola "Don Oreste Benzi".

Come si insegna a scuola

«Dai tre ai cinque anni, il gioco viene associato con l’educazione alla psicomotricità: muovendosi su una scacchiera gigante – il metodo delle cosiddette “partite viventi” – il bambino impara a muoversi nello spazio, padroneggia il concetto di tempo, interagisce con gli oggetti intorno a sé. Dai sei anni in su, si passa al livello successivo: quello degli scacchi al banco, con l’apprendimento delle prime regole. Non a caso si sente ripetere spesso che gli scacchi sono palestra di vita: prima di muovere un pezzo, il bambino o la bambina riflettono sulla scelta migliore da compiere e comprendono l’importanza delle proprie decisioni, ciascuna delle quali è fondamentale per l’esito della partita».

Scacchi: le mosse della maestra in classe

È molto felice Sonia Fabbri, maestra che ha dato l’avvio al progetto: «Ho notato ricadute in ambito didattico (per esempio una maggior sicurezza in geometria) ma soprattutto nelle competenze sociali. Il “tutto e subito” in questo gioco non paga, perché ti porta spesso a non fare la scelta migliore. Io stessa, persona estremamente emotiva, mi sono fatta trasportare dalla sensazione immediata e ho fatto mosse rivelatesi poi poco funzionali.
Nella società moderna questo aspetto è interessantissimo, aiuta i bambini all'attesa, a riflettere, a osservare, a considerare diversi fattori e a fare la scelta migliore dopo aver analizzato tutto. Insegna la vita! Il tutto divertendosi, perché l'aspetto ludico dei punti, delle mosse, dell'avversario non sono dimenticati. Chi ne trae giovamento sono soprattutto i bambini abituati alle intuizioni facili, che trovano un potenziamento e un rinforzo al loro naturale talento, ma anche coloro che soffrono di disturbi dell'attenzione».
Inoltre, non trovandosi più incasellati in una materia (matematica) o in una tipologia di esercizio, anche coloro che si sono sempre sentiti ‘scarsi’ si sono messi in gioco, sentendosi allo stesso punto di partenza di tutti. Abbiamo iniziato un cammino insieme e ci sono state sorprese per tutti: come insegnante mi sono stupita di non aver mai notato come alcuni bambini riuscissero a prevedere e analizzare il proprio gioco. Questo è un compito di realtà estremamente difficile da riproporre in classe per chi non è del mestiere (un maestro di scacchi) che riesce a coinvolgere i bambini presentando tutto come un gioco».

Cavalli, alfieri, re, torri, cosa insegnano?

Ma c’è un altro aspetto interessante, conclude maestra Sonia: «L'interconnessione con l'avversario è stimolante e le figure di cavalli, alfieri, re e torri fanno immergere i bambini in un mondo intriso di storie e fantasia. Una bella opportunità per la classe, che ci ha fatti crescere sotto molti punti di vista».
È felice la maestra, e sono molto contenti anche i bambini delle due classi finora coinvolte. Alla domanda sul gradimento, la maggior parte dei bambini di quarta ha espresso entusiasmo, uno solo ha detto che non gli piacciono gli scacchi. All’inizio del progetto, si erano condivise le aspettative di ognuno: tra i pro, il fatto che «gli scacchi sono un gioco che ti stimola la mente e ti fanno ricordare di più», «esistono da almeno 1500 anni, quindi hanno una cultura alle spalle, attivano tutte e due le parti del cervello e stimolano la creatività», «ci possono giocare tutti e riescono a stimolare la mente». Venivano però messi in luce anche dei contro, ad esempio, «sembra facile ma non lo è», e - a forza di stare seduti – «ti si chiudono gli occhi» e «ti fanno male le gambe»!
Meglio quindi prevedere qualche passeggiata, per ossigenare il cervello e muovere le gambe intorpidite… ma questa è un’altra faccenda, che si chiama outdoor education!