Solo la settimana prima delle elezioni europee, gli esperti e i commentatori politici includevano la legge sul ripristino della natura tra gli elementi del Green Deal destinati ad essere accantonati a seguito della crescente influenza dei partiti di destra. Le prospettive, infatti, non sembravano affatto promettenti.
La legge, concepita per contrastare il degrado degli ecosistemi nell'Unione Europea, era diventata il bersaglio delle proteste degli agricoltori negli ultimi mesi, portando il Partito Popolare Europeo a ritirare il proprio sostegno. Nonostante ciò, era stata approvata dal Parlamento Europeo con una maggioranza risicata, benché in una versione significativamente annacquata.
A marzo, quando il Consiglio dell'Unione avrebbe dovuto adottare formalmente la legge, l'Ungheria ha rifiutato di firmare, bloccando così la maggioranza qualificata necessaria. Per sbloccare questa impasse, almeno uno dei paesi contrari o astenuti avrebbe dovuto cambiare posizione, ma dopo le elezioni europee, le possibilità sembravano scarse.
Dietro le quinte, tuttavia, la presidenza belga del Consiglio, guidata dal ministro dell'ambiente di Bruxelles, il verde Alain Maron, continuava a lavorare instancabilmente. Il vertice dei ministri dell'ambiente del 17 giugno era visto come l'ultima opportunità per superare lo stallo prima del 1 luglio, quando la presidenza del Consiglio sarebbe passata all'Ungheria. E proprio in quelle ore, si è verificato un colpo di scena.
Come ha ricostruito il giornalista di Internazionale Gabriele Crescente nella sua newsletter settimanale «Pianeta», fino a quel momento, l'Austria, come il Belgio, si era astenuta sulla legge a causa dei disaccordi tra i due partiti della coalizione di governo: i Cristiani Democratici del cancelliere Karl Nehammer e i Verdi. Tuttavia, poco prima del consiglio, la ministra dell'ambiente verde, Leonore Gewessler, ha convocato una conferenza stampa per annunciare che avrebbe votato a favore della legge. «Non potrei perdonarmi se lasciassi passare questa opportunità senza fare nulla», ha dichiarato.
La decisione della ministra potrebbe essere stata influenzata anche da motivazioni politiche. In vista delle elezioni austriache di settembre, con scarse possibilità di riproporre l'attuale coalizione, Gewessler aveva già annunciato la sua candidatura al parlamento. Questo suo atto di sfida, quindi, potrebbe accrescere la sua popolarità tra gli elettori ambientalisti.
Qualunque sia stata la motivazione di Gewessler, ciò che è certo è che tale decisione abbia colto di sorpresa Nehammer, il quale ha prontamente scritto al governo belga per disconoscere la decisione della ministra e chiedere l'annullamento del voto. Non solo, ma ha anche fatto ricorso alla Corte di giustizia dell'Unione Europea per chiedere l'annullamento del voto e ha denunciato Gewessler per abuso d'ufficio, un reato che prevede fino a dieci anni di prigione.
Indipendentemente dall'esito di queste controversie legali, la legge è stata approvata ed entrerà in vigore appena sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea e sarà direttamente applicabile negli stati membri.
Gli stati saranno obbligati a riportare in buono stato almeno il 30% degli ecosistemi degradati entro il 2030, con priorità per le aree protette della rete Natura 2000. Questo obiettivo sarà raggiunto attraverso misure come il ripristino delle aree umide, la rimozione delle barriere artificiali sui corsi d'acqua e il miglioramento della gestione forestale. I governi dovranno presentare alla Commissione i loro piani per raggiungere questi obiettivi.
Crescente, in chiusura al suo articolo, aggiunge una riflessione importante: il dramma istituzionale austriaco che ha caratterizzato l'approvazione della legge può rappresentare un’anticipazione delle sfide che attendono le politiche ambientali nei prossimi cinque anni, durante i quali ci si aspetta scontri senza esclusione di colpi. «Ma, per ora, possiamo goderci questo piccolo ma significativo trionfo», conclude il giornalista.