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21 Agosto 2021

Riabbraccia la famiglia dopo 20 anni

L'incredibile storia di Nobi, disperso a 4 anni in Bangladesh.
Riabbraccia la famiglia dopo 20 anni
Accolto in casa famiglia dopo aver perso le tracce dei genitori, grazie ad un programma televisivo riesce a mettersi in contatto con la propria famiglia, che non aveva mai smesso di cercarlo.
Girovagava solo e impaurito tra le strade di Dhaka, l’affollata capitale del Bangladesh. Nobi aveva 4 anni e i suoi occhioni sperduti attirarono l’attenzione di alcuni passanti che lo portarono alla centrale di polizia, che a sua volta lo affidò alle cure delle suore di Madre Teresa di Calcutta.  Le suore provarono a rintracciare i genitori, appendendo la sua foto in vari posti della città, senza però ottenere nessuna informazione utile. A quel punto la suora che si era presa a cuore la situzione di Nobi, decise di dargli una sistemazione più stabile e lo portò dai missionari della Comunità Papa Giovanni XXIII che erano arrivati in Bangladesh un anno prima.
Nobi perse la sua famiglia nel 2000, ma fu tanto fortunato da trovarne un’altra che non ha mai smesso di accompagnarlo e amarlo in tutti questi anni. E la sua storia ha un insperato lieto fine: riesce a ritrovare anche la famiglia che aveva perduto.
 
Sembra la trama di un romanzo, ma è tutta vera la storia di Nobi, un bambino bengalese disperso, che viene accolto in una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII in Bangladesh e che non perde mai la speranza di riabbracciare la propria famiglia di origine. La sua tenacia verrà ricompensata: proprio qualche settimana fa, grazie ad un programma televisivo, Nobi, che oggi ha 25 anni, è riuscito a rintracciare i suoi parenti, che non avevano mai smesso di cercarlo.

Nobi e Sara
Nobi insieme a Sara Foschi, la mamma affidataria che l'ha accolto in casa famiglia nella missione della Comunità Papa Giovanni XXIII in Bangladesh

 
In esclusiva vi raccontiamo alcuni particolari di questa incredibile storia di perdita e di ritrovamento, grazie alla testimonianza di Sara Foschi, che è stata la mamma affidataria di Nobi e che ha vissuto per 12 anni come missionaria in Bangladesh.

Com’è possibile che un bambino si perda e che non venga ritrovato dalla sua famiglia per tutti quegli anni?

Le grandi metropoli asiatiche, come Dhaka, sono molto caotiche e trafficate. Molte persone non sono censite e non hanno documenti di riconoscimento, quindi anche con dei nomi precisi non sono facili da ritrovare; non è possibile andare in Comune e chiedere che trovino una certa persona. Purtroppo sono tantissimi i bambini di strada che non sono stati abbandonati dai genitori, ma si sono persi. Questo è un fenomeno diffuso soprattutto nella città di Dhaka, ma comune anche in altre grandi città asiatiche in India, in Pakistan, ecc. È stato anche fatto un film, Lion, che racconta una storia molto simile a quella di Nobi: il ragazzo protagonista era stato adottato da una famiglia australiana ed è riuscito a ritrovare la sua mamma. Ora che c’è internet le informazioni girano molto più velocemente, mentre fino a qualche anno fa le persone che vivevano nei villaggi non avevano questi mezzi tecnologici per poter risalire a queste informazioni. 

Cosa ti ricordi di quel giorno in cui arrivò Nobi?

Eravamo nel 2000 e io ero appena arrivata in Bangladesh, catapultata nel piccolo villaggio di Chalna, dove la Comunità Papa Giovanni XXIII aveva iniziato da pochissimo la sua missione. Avevo 21 anni, ero una giovane in ricerca, anche un po’ scapestrata, ma avevo la guida sapiente di don Oreste Benzi. Quel giorno una delle suore di Madre Teresa di Calcutta ci ha portato in missione un bambino di circa 4 anni, trovato solo a girovagare spaventato sulle strade della capitale Dhaka. Quel bambino dolce e tenace mi ha scelta e mi ha fatto diventare la sua mamma, quando non lo avevo né programmato, né cercato, né mi sentivo pronta... ma chi lo è mai davvero?

Quindi da quel giorno sei diventata la nuova mamma di Nobi. Come è cambiata la tua vita?

Da quel giorno la mia vita si è trasformata, attraverso quel sì detto a Nobi e anche attraverso tanti altri sì detti ad altri bambini e ragazzi che ho accolto nei 12 anni di vita in Bangladesh.
Lo sguardo di Nobi, sicuro che mai lo avrei abbandonato, mi ha accompagnato in quel viaggio, che è stato a volte molto faticoso e che ha affrontato alti e bassi, ferite profonde, affetto smisurato, incomprensioni, amore incondizionato, urla e abbracci, sorrisi e lacrime.

Nobi e don Oreste
Nobi insieme a don Oreste Benzi e Shibu, durante una visita del sacerdote in Bangladesh

Poi, nel 2012, sei dovuta rientrare in Italia, per salvare la vita a Shibu, un altro figlio che hai rigenerato nell’amore e che aveva bisogno di cure impossibili da trovare in Bangladesh. Come ha preso Nobi questa tua decisione?

Quando sono rientrata in Italia, Nobi aveva 17 anni e non è stato facile spiegargli che non sarebbe potuto venire con me. Per nessuno dei bambini e dei ragazzi che sono rimasti in Bangladesh, per i quali io ero il punto di riferimento, è stato facile, ma forse Nobi è stato uno di quelli che ha capito meglio: era maturo abbastanza per capire che era necessario che io venissi in Italia per salvare Shibu, che lui sentiva come un fratello.

Dopo che ti sei trasferita in Italia avete continuato a sentirvi? Oppure i vostri rapporti si sono interrotti?

Ci siamo sempre tenuti in contatto, anche dopo che sono rientrata in Italia. Come ogni figlio grande, con il suo carattere e la sua vita che va avanti, quando stava bene non si faceva sentire più di tanto, se non con qualche saluto, qualche foto, ecc. Quando invece attraversava dei momenti difficili, magari se aveva delle incomprensioni con gli amici, oppure quando pensava al suo futuro, allora mi chiamava e ci sentivamo più frequentemente. In tutti questi anni (ormai è 9 anni che sono rientrata in Italia) mi ha sempre tenuta aggiornata sulla sua vita, sui suoi successi e sulle sue difficoltà perché sono il suo unico punto di riferimento.

Perché ha cercato l’aiuto di questo programma per ritrovare la sua famiglia? Tu eri d’accordo?

Nobi nel suo intimo ha sempre sentito di essersi perso, ha sempre saputo che non era stato abbandonato. Il desiderio di ritrovare le proprie origini lo ha sempre accompagnato e io l’ho sempre incoraggiato e aiutato in questa ricerca. Quando aveva 7-8 anni siamo andati insieme dalle suore di Madre Teresa per capire come l’avevano trovato, abbiamo parlato con la suora che l’aveva tolto dalla strada e che aveva appeso le sue foto in giro, ma non siamo riusciti ad avere altre informazioni utili. In altri periodi della sua vita eravamo andati a Dhaka nel quartiere in cui era stato trovato da piccolo, ma senza risultati. Poi aveva un po’ accantonato la cosa, finché qualche tempo fa mi ha parlato di questo programma televisivo, mi ha chiesto cosa ne pensavo e io gli ho detto di andare avanti. L’equipe del programma è stata molto gentile, hanno accolto la sua richiesta anche se non era scontato, visto che ci sono tantissimi bambini che si perdono in Bangladesh e lui non aveva molti elementi noti.

E grazie a questo programma sono riusciti a rintracciare la sua famiglia. Racconta com’è andata.

Il programma si è svolto in due puntate ed è stato molto forte e intenso, molto bello. Nella prima puntata Nobi ha raccontato tutta la sua storia, facendo riferimento anche alla Comunità Papa Giovanni XXIII che l’aveva accolto. Il conduttore ha diramato la sua richiesta per ritrovare i genitori di Nobi, sintetizzando le sue caratteristiche più riconoscibili, ad esempio che lui aveva una malformazione all’orecchio, il fatto che era stato smarrito in quel preciso momento a Dhaka, ha detto il nome della madre e del padre che Nobi si ricordava, il nome di una sorella (che in realtà era una cugina, ma da piccolo le sembrava una sorella). In seguito alcune persone hanno contattato l’emittente televisiva dicendo che erano loro che avevano perso Nobi. L’emittente televisiva ha avvisato Nobi, poi sono andati a verificare con le autorità del luogo (sindaco, ecc.) per capire se i dati corrispondevano al vero. È stato fatto tutto in maniera molto seria.


Nobi con alcuni parenti
Nobi insieme ad alcuni parenti durante la sua visita al villaggio di origine, dopo aver ritrovato la sua famiglia grazie a un programma televisivo bengalese

Dopo il programma Nobi ha scelto di andare subito con questo zio e questo fratellastro a casa degli altri parenti che non erano riusciti ad andare a Dhaka perché il costo del viaggio era troppo alto per loro. Lui si è preso una settimana di ferie dal lavoro, in quei giorni c’era una festa musulmana molto importante che per la prima volta lui ha potuto trascorrere con la sua famiglia. Mentre era là abbiamo fatto delle videochiamate dove ci siamo presentati e raccontati e conosciuti. Una cosa che ha colpito molto Nobi è che tutti nel villaggio, dal sindaco al gestore del piccolo bar, hanno detto che la sua mamma lo aveva cercato per tanto tempo. Essendo un villaggio di campagna il fatto che si fosse perso questo bimbo ha fatto scalpore, aveva provocato tanto dolore, tutti ricordavano questa mamma così addolorata per la perdita del figlio. Purtroppo la madre di Nobi non ha potuto gustare la gioia di riabbracciare il figlio che aveva perduto: è morta quattro anni fa. Invece del padre non ci sono notizie, perché aveva abbandonato la madre quando era ancora incinta di Nobi.

Come ha vissuto tutta questa esperienza Nobi?

È stata un’esperienza molto forte: questo figlio grande, ritrovato, accolto con gioia da tutto il villaggio, si è sentito molto a suo agio. Ha trovato una famiglia allargata molto numerosa e molto accogliente. Ora la sua vita va avanti, continua a lavorare nella ditta di import-export, sta facendo dei corsi serali per ottenere il diploma delle scuole superiori. Si sente spesso con i suoi familiari e quando riesce va a trovarli. Finalmente ora potrà anche ottenere dei documenti di identità reali, potrà fare il passaporto, cose prima impossibili perché non aveva un’identità riconosciuta.
Nobi ora è felice, ha trovato la pace nel sapere che è sempre stato cercato e amato e non è stato abbandonato. Non era scontato e questo gli ha riempito un buco nel cuore.
Gli altri ragazzi, che erano in casa famiglia con lui, con cui è sempre rimasto in contatto, sono rimasti molto colpiti dalla sua determinazione e tenacia, che non tutti hanno. Hanno un senso di ammirazione e si sono anche commossi perché lui era più orfano di altri e finalmente ha trovato qualcuno. Si sono stretti tutti attorno me, è stato un momento molto bello che ha coinvolto tutta la nostra strana famiglia!