La prima Biennale dell'accoglienza si è tenuta a Milano, promossa dal Forum delle Associazioni familiari e sostenuta da Regione Lombardia e Comune di Milano. L'evento ha messo al centro il diritto di ogni bambino a una famiglia, coinvolgendo istituzioni, famiglie e operatori. Annunciati nuovi fondi per l'adozione e l'importanza di una rete di famiglie per un welfare di prossimità. Una mostra fotografica accompagna il convegno, raccontando la bellezza dell'affido e dell'adozione.
La prima “Biennale dell’accoglienza – L’arte di accogliere” si è tenuta il 3 e 4 novembre, a Milano, presso Palazzo Lombardia ed è stata promossa dal Forum delle Associazioni familiari in collaborazione con Regione Lombardia e Comune di Milano. Un grande appuntamento nazionale per riportare l’attenzione sul diritto di ogni bambino a una famiglia e la bellezza dell’esperienza dell’accoglienza, mettendo al centro le famiglie, le istituzioni e gli operatori che quotidianamente si prendono cura dei bambini e dei ragazzi attraverso l’affido e l’adozione.
L’iniziativa è stata promossa dal Forum delle associazioni familiari con il contributo di Aibi, Azione per Famiglie nuove, Cometa, Comunità Papa Giovanni XXIII, Famiglie per l’accoglienza e Fraternità, in collaborazione con l’assessorato alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità della Regione Lombardia e il Comune di Milano, direzioni Educazione e Welfare, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio e del Comune di Milano, il sostegno di Fondazione Cariplo, Ital Communications e Avvenire come media partner.
Roccella: nuovi fondi per l'accoglienza
All'evento ha partecipato in collegamento video Eugenia Maria Roccella, ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, che ha annunciato lo stanziamento di nuovi fondi – ben 52 milioni di euro – per sostenere le famiglie impegnate in percorsi di adozione. «L'accoglienza si impara in famiglia e si esercita attraverso la famiglia. Per anni si è diffuso un racconto negativo, che descriveva le famiglie come chiuse e ripiegate su se stesse. Vorrei che questa esperienza di Governo desse invece un segno concreto di una famiglia in rete: perché la gratuità, l’apertura all’altro e la prossimità si imparano davvero solo nella vita familiare. Dobbiamo tornare a un welfare di prossimità: l’accoglienza nasce nella relazione, e la comunità può essere ricostruita solo attraverso una rete di famiglie. L’affido è l’espressione più alta di questa logica: non è solo il rapporto tra il singolo e un bambino, ma uno scambio tra famiglie. L’accoglienza può tornare cultura solo se torniamo a valorizzare la famiglia con la politica e con uno sforzo culturale comune. Oggi viviamo un calo demografico accelerato e, contemporaneamente, un aumento degli ostacoli alle adozioni internazionali. Come governo abbiamo provato a dare risposte prevedendo un contributo una tantum per le famiglie con procedure di adozione pendenti, adottando un decreto che innalza i rimborsi per le adozioni riguardanti i bambini con ‘special needs’, al fine di sostenere concretamente i percorsi di inserimento. Abbiamo infine rafforzato i Centri per la famiglia stanziando risorse significative per costruire una sorta di ‘Caf per le famiglie’ che le aiuti a orientarsi nei servizi. L’obiettivo è rimettere la famiglia al centro della comunità».
Per una cultura dell'incontro
«Con la Biennale dell’accoglienza abbiamo voluto offrire un luogo in cui l’Italia che accoglie possa ritrovarsi, raccontarsi e farsi ascoltare. – ha dichiarato Adriano Bordignon, presidente del Forum delle associazioni familiari – L’affido e l’adozione sono esperienze che parlano di relazioni, responsabilità e legami che cambiano la vita di tutti, non solo di chi accoglie. Questa Biennale è nata per dare voce a chi ogni giorno costruisce percorsi di fiducia, di prossimità e di futuro per bambini e ragazzi. È anche un’occasione per fare rete e riconoscere il valore sociale, educativo e culturale dell’accoglienza. L’obiettivo è far emergere buone pratiche, proposte concrete e nuove sinergie tra famiglie, associazioni e istituzioni, capaci di rendere più efficace e coordinato l’intero sistema dell’accoglienza. È il momento di rilanciare insieme una cultura dell’incontro, dove istituzioni, enti e famiglie camminano nella stessa direzione. Solo così potremo garantire ai più piccoli la possibilità di crescere in una comunità che davvero si prende cura di loro».
Parallelamente al convegno, è visitabile fino al 16 novembre presso l’aula magna del Museo di Storia Naturale di Milano una mostra fotografica che racconta, con immagini e testimonianze, la bellezza e la concretezza dell’affido e dell’adozione.
Colmare con la famiglia il vuoto d'amore
All'evento ha partecipato anche una numerosa delegazione della Papa Giovanni XXIII, tra cui il presidente Matteo Fadda il quale dopo aver richiamato le innovazioni sociali introdotte da don Oreste Benzi, l'inventore delle case famiglia e il lavoro che ha portato alla legge sull'affido e alla chiusura degli istituti, ha sottolineato l'importanza dell'accoglienza precoce dei bimbi disabili ospedalizzati e dei minori stranieri non accompagnati.
«Scegliere l'affido, come pure l'adozione – ha spiegato Roberta Castellan, rappresentante della Comunità Papa Giovanni XXIII nel Forum delle famiglie – richiede un rovesciamento di prospettiva. Non si tratta di avere un figlio, ma di dare una famiglia a un bambino. Don Oreste diceva: "Quando hai visto, non puoi far finta di non aver visto". Questi bambini arrivano con dei vuoti d'amore, e quando vedi nei loro occhi che quei vuoti si riempiono, ritrovano umanità e gioia di vivere, non lo dimentichi più».
Tra le numerosi voci intervenute da segnalare quella di Valter Martini, portavoce del Tavolo nazionale affido, che ha richiamato l'importanza di porre in sinergia quattro attori: le famiglie accoglienti, le associazioni, la politica che dal 1997 ha istituito la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza e l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e gli operatori sociali.
Di particolare rilievo è stato il dialogo con 280 studenti delle scuole superiori tenutosi nella mattinata del 4 novembre. «Perché per fare cultura dell’accoglienza bisogna educare, raccontare, spiegare ai giovani la profondità di queste esperienze. Spesso nella comunicazione si parla solo delle difficoltà, dei problemi che certi tipi di accoglienze possono generare. In realtà, normalizzando e raccontando, si può contenere la paura che la diversità suscita».