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10 Dicembre 2025
Ultima modifica: 11 Dicembre 2025 ore 10:07

Famiglia nel bosco. Ecco come funziona la tutela minorile in Italia

Il caso di Palmoli riaccende il dibattito sulla tutela dei minori. Quand'è che giudice e servizi sociali sono tenuti a intervenire?
Famiglia nel bosco. Ecco come funziona la tutela minorile in Italia
Foto di ANTONELLA SALVATORE
Il caso della "famiglia nel bosco" di Palmoli ha riacceso il dibattito sulla tutela minorile in Italia. Pubblichiamo un articolo inviatoci dall'Ambito minori e affidamento familiare della Comunità Papa Giovanni XXIII, che spiega il principio del "best interest of the child", e il ruolo di Servizi Sociali e della Magistratura Minorile.
Il caso della “famiglia nel bosco” di Palmoli ha riacceso il dibattito pubblico sul tema dell'allontanamento dei minori dalla famiglia d'origine e, più in generale, sul sistema della tutela minorile italiana.
Senza voler entrare in merito alla vicenda specifica, cogliamo l’occasione per tentare di fare un po’ di chiarezza su come funzioni il sistema della tutela minorile, che costituisce il fulcro per l’attuazione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Il best interest of the child

Il best interest of the child rappresenta il principio informatore di tutta la normativa a tutela del fanciullo, garantendo che in tutte le decisioni che lo riguardano il giudice tenga in considerazione il superiore (migliore) interesse del minore di età. Ogni pronuncia giurisdizionale, pertanto, è finalizzata a promuovere il benessere psicofisico del bambino per una sua crescita e maturazione equilibrata e sana. 
I diritti dei minori, in quanto soggetti più fragili della relazione familiare, sono prevalenti rispetto a quelli dei genitori e di conseguenza i diritti degli adulti cedono dinnanzi ai diritti del minore e sono funzionali alla protezione dello stesso.
Pertanto il riferimento al best interest of the child non è una formula di stile, ma un criterio operativo volto a guidare le scelte pubbliche quando sono in gioco i diritti fondamentali di soggetti giuridicamente fragili.

Gli attori del sistema di tutela minorile e i loro interventi

I principali attori del sistema di tutela minorile in Italia sono i Servizi Sociali e la Magistratura Minorile (Procura e Tribunale per i Minorenni). 
Servizi Sociali hanno come primo mandato quello di sostenere e accompagnare le famiglie. Quando vengono a conoscenza di una situazione di trascuratezza nei bisogni di crescita dei bambini, aiutano gli adulti a prendere consapevolezza dei bisogni dei loro figli, cercando di offrire supporto alla genitorialità e protettivi di cura nei confronti dei minori, per tutelare il legame fra bambini e genitori. Avviano percorsi di sostegno di vario genere (colloqui di supporto alla genitorialità, interventi domiciliari e/o educativi, attivando spesso la collettività) verificando la situazione emotiva, scolastica, sanitaria, abitativa e di benessere generale. Propongono talvolta percorsi di gruppo volti alla socializzazione e al confronto e interventi specialistici mirati (invii a servizi di psicologia dell’età evolutiva ad esempio).
Solo quando tali interventi non sortiscono effetti e persistono elementi di rischio, i Servizi Sociali segnalano le situazioni alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni.
In seguito ad una segnalazione la Procura minorile può chiedere al servizio sociale o socio-sanitario competente un approfondimento della situazione segnalata. Tale richiesta può riguardare sommarie informazioni sulla situazione o un’approfondita indagine psicosociale. La Procura, se rileva che ci sia una situazione di pregiudizio per i figli, ricorre al Tribunale per i Minorenni che a sua volta può chiedere al servizio sociale o socio-sanitario competente ulteriori indagini. L’obiettivo è sempre quello di comprendere la condizione familiare e che tipo di adesione abbiano dato i genitori alle proposte dei servizi sociali, verificando la condizione di benessere psico-fisico e sociale dei bambini, invitando a continuare il percorso di accompagnamento e supporto della famiglia. 
Viene fissata quindi un’udienza presso il Tribunale per i minorenni durante la quale i genitori (e i figli qualora l’età lo permetta) vengono ascoltati dal giudice sulle loro scelte e sul rapporto con i figli.
Solamente dopo questo complesso iter il Tribunale per i minorenni emette un provvedimento a protezione, tutela e cura dei minori e a sostegno dei genitori. Le decisioni del Tribunale per i minorenni sono collegiali, assunte in camera di consiglio da due magistrati togati e due giudici onorari nominati per le loro competenze specifiche (assistenti sociali, psicologi, avvocati, pediatri, pedagogisti). Ogni provvedimento viene adottato a seguito di un’istruttoria approfondita sulla situazione familiare, la vita sociale e relazionale di bambini e genitori.
Mettere in discussione queste istituzioni di tutela significa minare la fiducia verso un sistema che rappresenta una garanzia di democrazia e di protezione per i più vulnerabili.

Quando si allontana?

Si opera sempre per garantire, ove possibile, l’esercizio dei diritti dei minori all’interno della loro famiglia e, quando necessario, affiancandola se vi siano difficoltà temporanee nell’adempiere al suo ruolo educativo. 
Il minore, in presenza di fattori di pregiudizio per i quali si ritiene non possa essere lasciato, in quel momento, nel suo ambiente famigliare, ha diritto ad una protezione sostitutiva temporanea. Questa scelta  non recide i rapporti con la famiglia, ma permette a quest’ultima di farsi supportare affinché recuperi le proprie competenze e responsabilità, in modo da garantire il rientro del proprio figlio. 
L’allontanamento di un minore viene quindi disposto secondo criteri di gradualità e costituisce l’extrema ratio. Si attiva quindi dopo un periodo di osservazione e sostegno del nucleo familiare, è sempre temporaneo, permette di tutelare dei minori, sostenere la loro famiglia e valutare se sia idonea a soddisfare i bisogni dei propri figli, senza lasciarli in condizioni di pregiudizio.
È un provvedimento cautelare, modificabile o revocabile al mutare delle condizioni di fatto che lo hanno determinato. La finalità non è mai punitiva, ma protettiva, in conformità al principio del favor minoris che permea il diritto minorile.

L’obiettivo è sempre quello della riunificazione familiare.

Il primo decreto è sempre provvisorio e sempre volto a preservare il legame fra genitori e bambini attraverso incontri, talvolta in uno spazio protetto e osservato da professionisti specializzati.
Un intervento di tutela precoce garantisce maggiormente un esito favorevole alla riunificazione familiare, mentre l’esperienza insegna che spesso interventi tardo riparativi hanno causato danni gravi e spesso irreversibili verso i minori di età coinvolti.

Il ruolo della Comunità Papa Giovanni XXIII

La Comunità Papa Giovanni XXIII, nel riconoscere che il diritto è garantista rispetto al minore di età ma anche rispetto alla famiglia d’origine, accoglie quotidianamente famiglie e minori in situazioni di vulnerabilità e/o pregiudizio. Riconosce il prezioso e attento lavoro che gli operatori sociali e sanitari e la Magistratura minorile svolgono quotidianamente per sostenere le famiglie e i loro figli.
Quando è necessario offrire temporaneamente ad un minore un ambiente familiare altro da quello della sua famiglia d’origine, l’APG23 accoglie tali minori presso le proprie Case Famiglia o presso famiglie affidatarie. Queste diventano luogo nel quale sperimentare un nutrimento, un accudimento “caldo”, costante, relazioni e cura di un contesto familiare che li accoglie nella quotidianità, che permette loro di sviluppare un sano attaccamento. 
L’obiettivo rimane sempre quello di mettere al centro i minori e i loro bisogni e allo stesso tempo affiancare le famiglie d’origine nel percorso di recupero delle proprie responsabilità. 
La giurisdizione minorile richiede uno sguardo lucido, un’autentica cultura della misura istituzionale. È la misura che si deve a chi, non potendo parlare, affida la propria voce alle garanzie che l’ordinamento ha costruito proprio per lui.
Don Oreste diceva sempre di “dar voce a chi non ha voce”, pertanto siamo tutti coinvolti nel riconoscere il prezioso e attento lavoro che gli operatori sociali e sanitari e la Magistratura minorile svolgono, quotidianamente, per sostenere e dar voce ai minori, al loro benessere, unico fine da perseguire.

Alessandra Cacchi, Alessia Rossato e Roberta Castellan
Animatrici dell'Ambito minori e affidamento generale della Comunità Papa Giovanni XXIII