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13 Dicembre 2023
Ultima modifica: 15 Dicembre 2023 ore 10:40

Clima, la transizione sarà più lunga, ma inevitabile

Si è conclusa la COP28, Conferenza delle Parti sul Clima. Nell'accordo anche l'energia nucleare.
Clima, la transizione sarà più lunga, ma inevitabile
Foto di Martin Divise
Ecco i risultati della COP28: dal phase-out alla transition away. Chi vince e chi perde nella sfida ambientale del secolo. La conferenza è figlia della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) del '92.
La tanto criticata Cop28 di Dubai è terminata con un esito “particolare”: il primo passo verso la fine dei combustibili fossili, principale richiesta da parte della società civile e della comunità scientifica - insieme a 100 nazioni, specie le isole del Pacifico che rischiano l’estinzione a causa dell’innalzamento dei mari - ecco tale richiesta, dicevamo, non vede mettere nero su bianco il tanto richiesto il “phase-out”, ovvero l’uscita graduale dai combustibili fossili ma compare al suo posto la dicitura “transition away”

“Transition away” indica sì la necessità di uscire dall’era fossile ma farlo attraverso una “transizione dal fossile”, con orizzonti un po’ più delineati (i prossimi dieci anni) e definiti anche dal punto di vista delle emissioni (net zero nel 2050).

Cosa stabilisce l’accordo preso durante la Cop28

Dunque, cosa stabilisce l'accordo concluso a Dubai dopo quasi due settimane di intense trattative? Chi sostiene che si tratti di una vittoria fa notare che l'accordo getta le basi per porre fine all'era dei combustibili fossili già entro questa decade. Si discute della necessità di una transizione imprescindibile, riconoscendo l'urgenza di ridurre il consumo globale di risorse fossili, in particolare il petrolio (mentre il gas viene menzionato in modo più marginale).

Un risultato tutto fuorché scontato, considerando la forte opposizione di paesi come l'Arabia Saudita, la Russia e altri paesi arabi che appartengono all’Opec. Per molti dei partecipanti alla Cop, raggiungere questo obiettivo rappresenta quindi una vittoria significativa. Nel testo sono inoltre presenti impegni di rilievo nei confronti delle energie pulite, sottolineando la necessità di triplicare la capacità delle fonti rinnovabili e di raddoppiare gli sforzi per migliorare l'efficienza energetica.

Inoltre, si evidenzia chiaramente l'importanza delle tecnologie nella sfida contro il riscaldamento globale, con plausi per l'idea di promuovere fonti rinnovabili, efficienza energetica e batterie. Sollevano invece forti dubbi altre tecnologie menzionate nell'accordo, come l'energia nucleare (applicabile solo a determinati stati) o la cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), specialmente per quanto riguarda i paesi produttori di petrolio che potrebbero sbandierarle come tecnologie sostenibili al posto delle rinnovabili.

Finanza climatica e rinnovabili

E sulla finanza climatica? Il testo riconosce che “il fabbisogno finanziario per l’adattamento dei Paesi in via di sviluppo è stimato in 215-387 miliardi di dollari all’anno fino al 2030 e che è necessario investire circa 4,3 mila miliardi di dollari all’anno in energia pulita fino al 2030, aumentando poi a 5 mila miliardi di dollari all’anno fino al 2050,” se si vuole rispettare l’obiettivo di raggiungere le emissioni nette zero entro quella data.

Il testo rileva anche la necessità di aumento di nuovi e ulteriori finanziamenti per sostenere i Paesi in via di sviluppo, in particolare nella fase di transizione verso un’economia giusta e equa. Viene riconosciuta una connessione positiva tra la disponibilità di un sufficiente spazio fiscale e l’azione per il clima.

La Cop dei conflitti di interesse

Quindi, mentre Al Jaber, il sultano che ha presieduto la Cop e che allo stesso tempo siede anche nel ruolo di presidente della principale compagnia petrolifera statale degli Emirati Arabi Uniti, la Adnoc, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guteress evidenzia i rischi di un tale approccio: «L'era delle fonti fossili deve terminare, e deve terminare in modo giusto ed equo. Ci tengo a sottolineare - ha aggiunto - che l'uscita dai combustibili fossili resta inevitabile, che lo vogliano o no. Speriamo che non arrivi troppo tardi». Rivolgendosi poi a “coloro che si sono opposti ad un riferimento chiaro” sulla nozione di eliminazione di carbone, petrolio e gas, ha ammonito: «Il mondo non può permettersi ritardi, indecisioni o mezze misure». 



Non possiamo dimenticare, infatti, che la Cop28 è stata la Cop del conflitto d’interesse e degli scandali, con un numero di lobbisti delle aziende altamente inquinanti di quattro volte superiore alla Cop precedente. In un'analisi appena pubblicata, Climate Action Against Disinformation fa un quadro di come l’industria fossile ha influenzato i negoziati, prima e durante: in sostanza, l'industria dei combustibili fossili, insieme all'Opec, è stata impegnata in una sistematica campagna politica e mediatica per far deragliare gli sforzi globali per l'eliminazione graduale dei combustibili fossili e la transizione verso un futuro di energia pulita. 

Questi sforzi comprendono una serie di tattiche come distrarre i responsabili delle decisioni dalla necessità di un'azione immediata, fare del greenwashing dei prodotti a base di combustibili fossili come sostenibili e rispettosi dell'ambiente, e travisare la tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) come un proiettile d'argento per mitigare il cambiamento climatico.

Queste tattiche sono riuscite a bloccare i progressi dei negoziati sul clima e hanno finora impedito l'adozione di piani d'azione ambiziosi per il clima. Il testo proposto per il Global Stocktake, che dovrebbe essere il principale risultato della COP28, evita un appello diretto all'eliminazione graduale dei combustibili fossili e sottolinea invece lo sviluppo di "tecnologie a zero e basse emissioni", tra cui la Ccs.

Chi soffre non ha voce in capitolo

Attivisti alla COP26
Alcuni attivisti partecipano a una protesta durante la conferenza sul clima COP26 a Glasgow (novembre 2021)
Foto di Robert Perry
«Questo linguaggio vago è un chiaro tentativo di placare gli interessi dell'industria e di minare le crescenti richieste di una rapida transizione dai combustibili fossili», dicono i ricercatori di Climate Action Against Disinformation. «Concentrandosi su tecnologie non provate come la Ccs, l'industria dei combustibili fossili sta chiaramente cercando di prolungare il suo dominio sul settore energetico globale e di ritardare l'inevitabile passaggio all'energia pulita». E avvertono: «Sebbene questi riferimenti possano amplificare gli sforzi di greenwashing, è fondamentale ricordare che la scienza climatica dichiara inequivocabilmente che il gas è un combustibile fossile ad alto contenuto di metano, non un combustibile di transizione. Il testo sottolinea inoltre che la Ccs è destinata in particolare ai settori difficili da abbattere, sottolineando che non si tratta di una soluzione unica per tutti».
Infine, gli Stati che più soffrono per la crisi climatica lamentano di essere stati dimenticati quando si è approvato il testo finale di Cop28.

«Non volevamo interrompere gli applausi quando siamo entrati nella sala - ha detto la delegata di Samoa Anne Rasmussen, anche a nome dell'Alleanza delle piccole isole-stato (Aosis) - ma siamo un po' perplessi per quanto è successo. Sembra che siate andati avanti con le decisioni senza che i piccoli Stati insulari in via di sviluppo fossero presenti in sala. Riteniamo che il cambio di rotta necessario non sia assicurato da questo testo - ha concluso -. C'è stato soltanto un progresso rispetto al 'business as usual', mentre ciò di cui abbiamo veramente bisogno è un cambio di passo esponenziale nelle nostre azioni».