Secondo due studi indipendenti condotti da istituti accademici di rilievo, i fenomeni meteorologici estremi dell'estate 2025 provocheranno perdite macroeconomiche pari a 126 miliardi di euro entro il 2029 e sono già responsabili di migliaia di morti.
Un’
analisi congiunta della dottoressa Sehrish Usman dell’Università di Mannheim e degli economisti della Banca Centrale Europea
(“Dry-roasted NUTS: early estimates of the regional impact of 2025 extreme weather”) stima che ondate di calore, siccità e inondazioni abbiano già determinato perdite aggregate di produzione macroeconomica pari a 43 miliardi di euro nel solo 2025. Il dato salirà a 126 miliardi entro il 2029, pari allo 0,78% del prodotto interno lordo dell’UE nel 2024.
L’impatto economico è particolarmente elevato in Italia, dove si stimano perdite di 11,9 miliardi di euro per il 2025 e di 34,2 miliardi entro il 2029, equivalenti allo 0,6% e all’1,75% del prodotto economico nazionale. Anche Francia, Spagna, Grecia e altri Paesi del Sud Europa risultano fortemente colpiti, mentre economie più piccole come Bulgaria, Malta e Cipro subiscono perdite proporzionalmente più alte. Gli effetti si distribuiscono in modo diverso: il caldo riduce la produttività in edilizia e ospitalità, la siccità danneggia l’agricoltura, mentre le inondazioni provocano danni diretti a infrastrutture e catene di approvvigionamento.
Gli autori sottolineano che queste stime sono probabilmente conservative, in quanto non tengono conto degli impatti composti (ad esempio, ondate di calore e siccità che si verificano insieme) e non includono altri rischi come gli incendi - che sono state consistenti nel luglio e nell'agosto 2025 - e i danni causati da grandine e vento.
Il 68% delle morti dovute ai cambiamenti climatici
Parallelamente,
un’indagine condotta dall’Imperial College e dalla London School of Hygiene & Tropical Medicine stima che il caldo estremo abbia già causato almeno 16.500 morti in più in Europa durante i mesi estivi, rispetto a una stagione senza cambiamento climatico. Il 68% di questi decessi è attribuibile all’innalzamento delle temperature causato dalle attività umane, con picchi fino a +3,6°C.
Le città italiane risultano tra le più colpite: Milano guida la classifica con 1.156 morti, seguita da Roma (835), Napoli (579) e Torino (230). Roma, ad esempio, figura al secondo posto nella classifica delle città europee più colpite, dopo Milano.
I Paesi più colpiti da un'unica ondata di calore sono stati Romania, Bulgaria, Grecia e Cipro dal 21 al 27 luglio, quando si stima che si siano verificati 950 decessi per caldo con temperature fino a 6°C sopra la media, pari a circa 11 decessi giornalieri in eccesso per milione di persone. Le capitali con i più alti tassi di mortalità pro capite sono state Roma, Atene e Bucarest, a testimonianza della loro esposizione ad alcune delle temperature più estreme in Europa. Tuttavia, i ricercatori fanno notare che altri fattori giocano un ruolo, tra cui la preparazione, la demografia della popolazione e l'inquinamento atmosferico.
Colpite le fasce più vulnerabili
Lo studio dell’Imperial College stima che circa
24.400 persone siano morte a causa delle temperature estreme nelle città. Tuttavia, se il clima non fosse stato riscaldato dalla combustione di combustibili fossili e dalla deforestazione, si sarebbero potuti evitare circa 16.500 decessi in eccesso, il che significa che il cambiamento climatico è responsabile del 68% dei decessi in eccesso, ovvero che il numero di morti potenziali è triplicato.
Se è vero che decessi dovuti al caldo sono stati segnalati in tutto il continente – tra cui quello di uno spazzino di 51 anni a Barcellona, in Spagna, e di un operaio edile di 47 anni a San Lazzaro di Savena, in Italia – lo è altrettanto il fatto che la mortalità interessa soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione: l’85% delle vittime ha più di 65 anni. Il fenomeno è descritto dagli autori come un “
killer silenzioso”, perché la maggior parte delle morti legate al caldo non è immediatamente riconosciuta e le stime ufficiali spesso richiedono mesi per essere disponibili. Per stimare il numero di questi decessi e quanti fossero legati ai cambiamenti climatici, lo studio si è concentrato sul caldo da giugno ad agosto.
Gli studiosi avvertono che i dati attuali rappresentano solo una prima fotografia del problema, e che i numeri potrebbero crescere con il peggioramento della crisi climatica. «I costi reali delle condizioni meteorologiche estreme emergono lentamente, ma le conseguenze economiche e umane sono già visibili – afferma Sehrish Usman –. Avere stime tempestive è fondamentale per orientare le politiche di adattamento e riduzione delle emissioni.»
Smettere di bruciare combustibili fossili
Secondo i ricercatori, sono necessarie politiche per rendere le città più resistenti al caldo estremo. Circa il 70% delle persone in Europa vive in città e si prevede che entro il 2050 ne vivrà più dell'80%. Le città europee possono essere in media più calde di 4-6°C rispetto alle aree rurali, con picchi fino a 10°C, perché le superfici in cemento intrappolano il calore e i trasporti e l'uso di energia aumentano ulteriormente le temperature urbane. L'espansione degli spazi verdi e blu può ridurre l'effetto isola di calore urbana e offrire aree più fresche che possono essere un'ancora di salvezza durante il caldo estremo, in particolare per le comunità a basso reddito che vivono in abitazioni più calde e più dense, dicono i ricercatori.
Tuttavia, i ricercatori avvertono che anche con importanti sforzi di adattamento, le morti per calore continueranno ad aumentare finché il mondo non smetterà di bruciare petrolio, gas e carbone, che rilasciano emissioni che intrappolano il calore e portano a estati più calde e pericolose.
Mentre negli Stati Uniti il presidente Trump loda i combustibili fossili e nega l’esistenza dei cambiamenti climatici, definendo chi fa queste previsioni scientifiche delle
“stupide persone”, e mentre in Europa leader come Giorgia Meloni
parlano di “danni da transizione energetica”, dall’altra parte del mondo l
a Cina avanza rapidamente verso un modello da “elettrostato”. In questo scenario l’Europa si trova nel mezzo, ancora alla ricerca di una propria identità energetica. E ogni minuto che passa è un minuto in cui si aggiungono morti e costi: la necessità di agire non è più rinviabile.