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25 Luglio 2023
Ultima modifica: 25 Luglio 2023 ore 09:05

Emozioni e riflessioni da Tangeri

6 partecipanti, un'esperienza unica: il campo di condivisione in Marocco
Emozioni e riflessioni da Tangeri
Una settimana insieme ai bambini di strada a Tangeri. Ecco le testimonianze dei partecipanti al campo giovani in Marocco con la Comunità Papa Giovanni XXIII
Dal 30 giugno al 7 luglio la Comunità Papa Giovanni XXIII ha organizzato il suo primo campo di condivisione a Tangeri, in Marocco
Grazie alla guida di Marianna ed Elia, due giovani volontari della Comunità di don Benzi che vivono in Marocco dallo scorso febbraio, i 6 partecipanti si sono immersi nella realtà dei bambini di strada, hanno testato sulla propria pelle il privilegio di essere europei alla frontiera tra il Marocco e la città spagnola di Ceuta e ascoltato i racconti di migranti e persone di confessioni religiose diverse.
Francesca, Maia, Gregorio, Paola, Giovanna e Agnese hanno così visto da vicino alcune delle ingiustizie del nostro tempo e riflettuto su temi fondamentali, uno per ogni giorno vissuto sul campo: la missione, le frontiere, il dialogo interreligioso, la migrazione, la fraternità, la scelta di una vita da poveri, la contemplazione e l'obbedienza all'amore.
 
Ne sono nate emozioni e riflessioni profonde che vale la pena condividere con voi lettori.
Che vi possano essere di spunto per vedere e interpretare ciò che accade nel mondo! 

Il "mio" Marocco

Il mio Marocco è un miscuglio di visioni e sensazioni: la bellezza della terra, Tangeri con i suoi gatti, la popolazione marocchina con le sue tradizioni religiose e i tipici caftani dai mille colori, la serenità delle suore carmelitane scalze, la carità delle missionarie di madre Teresa di Calcutta, la simpatia di padre Omar - frate francescano peruviano che presta servizio in diocesi lavorando con i giovani - e di padre Rolando - sacerdote saveriano impegnato al confine con Ceuta, i racconti infiniti dei viaggiatori” subsahariani, l’umiltà del Vescovo della diocesi fra Emilio.
Oltre e al di là di tutto ci sono i ragazzi di strada con le loro dolorose ferite, le loro drammatiche storie, la loro realtà quotidiana fatta di droga e di violenza; accanto a loro, alle loro sofferenze e alle loro miserie, c’è la dolce presenza di due giovani ragazzi della Comunità, Marianna ed Elia, che, per un senso di giustizia sociale e di dignità umana, per il sogno di un mondo di fratelli tutti” alla sequela di Gesù, condividono la loro vita con semplicità, sobrietà ed essenzialità con i ragazzi marocchini abbandonati, scartati e ignorati.
Ogni giorno Marianna ed Elia organizzano con dedizione assoluta le attività per i ragazzi di strada, li accolgono con un abbraccio, li ascoltano con gli sguardi, li curano servendo i pasti e lavando a mano i loro vestiti, li accompagnano con gioia nel gioco, li sostengono con i sorrisi: sono presenze di sollievo che, donando se stesse, danno speranza e amore a chi è solo e rifiutato.
Ecco: il senso della mia esperienza in Marocco è nell’“esserci” di Marianna ed Elia, nel loro stare al fianco dei ragazzi di strada in una terra straniera, nel loro progetto di vita missionaria, che portano avanti con forza, passione e gioia, nonostante le tante difficoltà oggettive e le inevitabili debolezze umane, nella loro condivisione diretta con gli ultimi, nella loro scelta di un amore concreto per il prossimo e per il povero.
Shukran! Grazie!
 
Francesca, 56 anni, impiegata

Il muro che li separa dall’Europa

campo condivisione marocco
campo giovani marocco
campo in marocco 2023

La settimana è stata ricca di esperienze, persone, volti, paesaggi e odori. Noi ragazzi che abbiamo partecipato ci siamo ritrovati in un contesto per tutti nuovo e complesso, cercando di assorbirne il più possibile. Abbiamo osservato, seduti sulla spiaggia, il muro di 7 metri che divide il Marocco dalla città spagnola di Ceuta che si trova sulla costa marocchina, dalla quale in migliaia ogni anno tentano di entrare in Europa e per questo rischiano la vita. E abbiamo osservato, soprattutto, i nostri privilegi. Il privilegio mai scontato di avere una famiglia che ci supporta, una casa a cui tornare, un passaporto che ci dà libertà e protezione, non reclusione.
«Da dove arrivi? Perché sei qui? Dove vai?»
Sono queste le domande con cui si è aperta la settimana. Le risposte del primo giorno sono state distrutte e ricostruite a poco a poco durante i giorni dell'esperienza. Siamo partiti tutti con una grande voglia di metterci in gioco e di assaporare la missione, ma abbiamo capito gradualmente come questa chieda di donarsi senza compromessi.
Questo lo abbiamo visto nella testimonianza di Elia e Marianna, che ci hanno guidato nelle vie e nelle vite che loro incrociano ogni giorno. In particolare quelle dei bambini di strada, attraverso cui abbiamo visto il vero volto del Marocco. Quello che disperatamente sogna e che sorride genuinamente.
 
Paola, 25 anni, laureanda in Human rights and Multilevel Governance 
Maia, 22 anni, ex casco bianco a Ginevra

Nei loro occhi sofferenza e dolcezza

Le cose che mi hanno toccata di più durante il campo sono l’incontro con i ragazzini - vedere la loro sofferenza, ma allo stesso tempo la dolcezza nei loro occhi e come erano subito pronti ad accoglierci e interagire con noi - e l’ascolto delle storie dei migranti e di tutta la disperazione che li ha spinti a intraprendere strade così pericolose per la speranza di un futuro migliore.
 
Giovanna, 19 anni, studentessa di Comunicazione d’impresa e relazioni pubbliche

L’enclave di Ceuta

Una delle cose che mi è rimasta impressa di più è il muro con filo spinato che divide il Marocco dall’enclave spagnola di Ceuta. Conoscevo l’esistenza di questo pezzo di Spagna in territorio marocchino, ma non avevo idea che la militarizzazione delle frontiere dell’Unione Europea fosse arrivata fino a qui. 
Qua, la frontiera, a cui noi europei ci siamo ormai disabituati, è estremamente concreta: c’è una barriera fisica, con un posto di blocco, che ti opprime con la sua presenza. Si respira l’aria pesante di un confine.
Siamo infatti all’estremo sud della Fortezza Europa, un concetto che in questo luogo diventa assolutamente concreto. L’Europa sembra infatti una fortezza per quei migranti, sia marocchini che subsahariani, che provano a entrarci per sperare in un futuro migliore. 
È in questo luogo che il privilegio immeritato di noi europei, che con il nostro passaporto possiamo uscire ed entrare, è quanto mai evidente.
 
Gregorio, 25 anni, ex casco bianco a Ginevra laureato in Giurisprudenza 

Lavorando con i bambini di strada

La Comunità Papa Giovanni XXIII è presente a Tangeri da metà febbraio 2023. «Su richiesta del vescovo», racconta Antonio De Filippis, responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII per il Medio Oriente, «Siamo qui per lavorare con i bambini di strada. In questa città ce ne sono tanti, arrivano da ogni parte del Paese. Hanno dagli 8 ai 16 anni, sono figli di ragazze madri o in fuga da gravi situazioni di violenza familiare. Molti sniffano colla, diversi tentano di arrivare in Spagna nascondendosi sotto i camion che si imbarcano al porto. Stiamo facendo i primi passi di questa nuova esperienza. Due giovani vicini alla Comunità frequentano le suore di Madre Teresa che già lavorano con questi ragazzi».