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10 Agosto 2022

Cittadinanza italiana. Ecco come ottenerla.

Ottenere la cittadinanza italiana è complicato. La legge che la regola ha trent'anni e si scontra con un paese sempre più multiculturale, profondamente mutato dalla sua nascita. Che fare?
Cittadinanza italiana. Ecco come ottenerla.
Foto di Foto di Theo_Q da Pixabay
Se non si è nati da un genitore italiano, se non si sposa una persona italiana, per naturalizzarsi cittadino italiano servono almeno 10 anni di residenza nel nostro paese. Occorre abbattere i muri ideologici ad un rinnovamento che valorizzi i nuovi italiani.
La nostra legge italiana sulla cittadinanza (Legge 91/92) ha compiuto da poco i suoi primi trent’anni in un mondo radicalmente mutato rispetto alla sua nascita.
Se fino agli anni ’80 l’Italia è stata un paese di emigrazione (dal 1800 alla fine degli anni ’90 circa 30 milioni di italiani sono andati all’estero) oggi in Italia abitano e vivono tante persone provenienti da tutto il mondo: le diverse culture, idee e competenze permettono alla nostra società di arricchirsi ed evolvere. Del resto appare sempre più evidente nella storia umana, sempre più connessa e globalizzata, che il multiculturalismo è il futuro dell’umanità. 
La nostra attuale legge si scontra dunque con un’anzianità che necessita di un rinnovamento evolutivo per poter portare ancora quel frutto di umanità che ne costituisce il fondamento: la possibilità di offrire pieni diritti a tutti coloro che nei fatti contribuiscono al progresso materiale e spirituale della società del nostro paese. 

Come si ottiene la cittadinanza italiana?

Attualmente, in estrema sintesi, si può ottenere la cittadinanza italiana in diversi modi: 
  • per nascita; 
  • per legge (adozione e matrimonio); 
  • per elezione; 
  • per naturalizzazione. 
In Italia, come nella maggior parte dei paesi europei, vige il diritto di sangue: il figlio di padre italiano o di madre italiana è italiano anche se è nato all'estero. In via poi estremamente marginale può acquistare la cittadinanza chi è nato nel territorio italiano da genitori apolidi e/o ignoti. Anche lo straniero/a che sposa un cittadino/a Italiano/a, può chiedere la cittadinanza italiana a condizione che risieda in Italia con regolare permesso di soggiorno da almeno 2 anni successivi al matrimonio, oppure siano decorsi tre anni dalla data del matrimonio (caso di stranieri residenti all'estero) e ovviamente anche lo straniero adottato, assumendo lo status di figlio del cittadino italiano, diventa italiano a tutti gli effetti di legge. 

L'acquisto della cittadinanza è poi possibile per elezione: avviene quando lo straniero, nato in Italia e residente legalmente in Italia ininterrottamente fino al 18° anno di età dichiara di voler acquisire la cittadinanza italiana. Tale richiesta deve essere fatta entro un anno dal compimento della maggiore età. Infine avendone tutti i requisiti il cittadino straniero può naturalizzarsi italiano se risiede legalmente in Italia da almeno 10 anni (4 per i cittadini EU- 5 per apolide o rifugiato): passaporto, certificato di nascita e penale, reddito, residenza, lingua. 
Le varie possibilità di diventare pienamente cittadino italiano enunciate dalla legge (senza tener conto anche dei peggioramenti introdotti adottati nel 2018 coi c.d. “decreti sicurezza” solo in parte rimossi in seguito), anche se possono apparire adeguate, in realtà nel corso dell’applicazione hanno mostrato molti e gravi limiti. 

Un milione di bambini stranieri cresciuti in Italia senza diritti

Nel nostro paese, infatti, oltre un milione di bambini stranieri cresciuti in Italia sin dalla primissima infanzia (e di fatto italiani) sono costretti a vivere socialmente imbrigliati e sospesi nella farraginosa burocrazia dei permessi di soggiorno non riuscendo a divenire di diritto italiani; e si continuano così, a produrre nuove generazioni in un pantano di diritti in concreto negati. 
Si pensi infatti a bambini che per pochi giorni o mesi non sono nati in Italia, a chi per poche centinaia di euro non può raggiungere i requisiti di reddito, o ancora a chi non riesce ad avere un certificato da un paese che non ha mai visto e conosciuto, o a chi per pochi giorni o mesi ha dei “buchi” di residenza legale e ancora a chi ha presentato domanda di naturalizzazione prima del 20 dicembre 2020 e deve aspettare ben 4 anni per avere risposta alla sua richiesta, o infine a chi non trova soluzione alla sua apolidia di fatto. 
Tanti sono i giovanissimi “stranieri di diritto” a cui vengono negati alcuni diritti fondamentali, come esempio tesserarsi o competere nello sport a livello agonistico, o drammaticamente non riescono a partecipare alle gite scolastiche perché cittadini esclusi dall’area Schengen. Negazioni di scelte fondamentali utili alla crescita umana e professionale, a concorrere, a viaggiare, a cogliere opportunità, a sviluppare appieno la propria identità. Tutto ciò senza tener conto dell’umiliazione e della stigmatizzazione sociale a cui vengono sottoposti questi giovani adulti aggiunte alle interminabili corse agli sportelli immigrazione, e foto, e impronte, ripetute costantemente nel tempo. 

La riforma legislativa necessaria: “ius scholae” o “ius culturae”

Le storie narrabili sarebbero tantissime e davvero sono l’iconica rappresentazione di una riforma legislativa, oramai non più rimandabile e che da troppo tempo langue nelle aule parlamentari. 
Uno spiraglio si era aperto in questa legislatura con un disegno di legge (ddl C.3511 ) - che aveva trovato molte convergenze - diretto a introdurre il c.d. “ius scholae” o “ius culturae”, legando la cittadinanza al percorso scolastico, e quindi riconoscendo per la prima volta la cittadinanza di fatto, anche nel diritto, ai bambini e ragazzi cresciuti in Italia: nel ddl acquistava la cittadinanza «Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età» e che «abbia risieduto legalmente e senza interruzioni» nel paese e «abbia frequentato nel territorio nazionale, per almeno 5 anni, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione» (art. 1). 
Sarebbe stato un vero accesso diretto e semplificato per tutti quei minori che hanno studiato in Italia per almeno 5 anni e che avrebbe restituito dignità alla formazione scolastica di ogni alunno senza discriminazioni. Ma la luce, purtroppo, si è subito spenta. 

Come abbattere i muri ideologici?

Una riforma di civiltà che, infatti, prima, ha trovato un fortissimo ostruzionismo in talune forze parlamentari della destra e poi, ha visto la caduta del Governo con l’apertura della campagna elettorale: quest’ultima, che da sempre vede la migrazione come “tigre” da cavalcare, certamente, non apre prospettive di favore. 
A fronte anche di altri paesi europei (es: Spagna, Germania e Grecia) che hanno adottato norme più liberali, l’Italia è ancora il paese che non riesce ad abbattere i muri ideologici ad un rinnovamento che valorizzi i nuovi italiani, che ringiovanisca il nostro "Bel Paese" ancora chiuso nelle proprie scarpe, che sappia aprire gli occhi sulla multiculturalità, culmine delle speranze di chi crede nel valore della diversità e sia figlio della diversità.