Topic:
15 Luglio 2022

Col cuore aperto da 30 anni

La casa famiglia di Claudio e Giovanna festeggia tre decenni di accoglienza
Col cuore aperto da 30 anni
Foto di Marco Scarmagnani
Prima ancora di conoscersi già si erano scelti, e soprattutto avevano scelto lo stile con cui condurre la loro vita. La storia della coppia vicentina e dei tanti loro figli
Se da Vicenza, la laboriosa città veneta, si esce verso nord, in lontananza si vedono i monti. Se si prosegue le campagne si aprono, e i paeselli si presentano ordinati lungo la strada. Quando il navigatore invita ad imboccare una via sterrata comincia a sorgere qualche dubbio. Sarà la strada giusta? Del resto Claudio, che alle telefonate e ai messaggi aveva sempre risposto con contagiosa allegria, non era sembrato troppo pignolo sulle indicazioni. «Di qua si arriva alla casa famiglia?», chiedo ad un anziano signore che si era messo sul ciglio. «Sì sì – risponde – vai avanti che la trovi».
Una grandissima casa in aperta campagna. Fuori inconfondibili pulmini segno della presenza della Comunità Papa Giovanni XXIII. Sotto il portico c’è un uomo trafelato che quando mi vede mi viene incontro con uno scatolone in mano. «Tieni qua, porta a casa». Era un cartone pieno di uova di cioccolato, evidentemente da qualche supermercato che doveva smaltirle perché la Pasqua era finita, e lui le stava dividendo insieme a tanta altra Provvidenza. Lui era Claudio, avrei appreso.
Entriamo e incontriamo Giovanna, la moglie. È mattina, tutti i figli – naturali ed accolti – sono a scuola o impegnati in altre attività.

Accoglienti da prima di conoscerci

Claudio e Giovanna hanno da poco festeggiato i 30 anni di casa famiglia
«Abbiamo fissato al 17 dicembre del 1991 l’inizio della nostra storia accoglienza» racconta Claudio. È una data curiosa perché non è – come si immagina – la data in cui è stato tagliato il nastro di una realtà di accoglienza. È la data in cui Claudio ha accolto Antonio, da giovane single.
Claudio e Giovanna avevano già avuto qualche simpatia reciproca, ma poi tutto era sfumato. Nel frattempo si erano legati ad una condivisione diretta personale molto forte. Claudio con Antonio appunto, e Giovanna con Angelo.
Erano entrambi delle figure di supporto in due diverse case famiglia del Vicentino. La Comunità Papa Giovanni XXIII era ai suoi entusiastici e giovanili esordi.
Una realtà molto dinamica, tanto che ai due era stato chiesto di aprire una realtà di accoglienza insieme.
Ma il giorno prima di iniziare questa nuova avventura vengono coinvolti in un incidente stradale. Ad avere la peggio i due accolti: Angelo muore, Antonio rimane gravemente paralizzato. Era il 17 ottobre del 1982.

Le scelte che cambiano la vita

«Per Antonio – racconta Claudio – la definitività della scelta è avvenuta dopo l’incidente.  Era un bambino autistico arrivato da noi dopo un anno e mezzo di lettino di ospedale, con la Sindrome di Spitz, cioè per la paura dell’abbandono non riusciva ad affezionarsi. Per i primi due mesi dovevo essere io che andavo a cercarlo ovunque. Poi, da quando ha cominciato ad affidarsi, non mi si è più staccato dalle gambe. Adesso è ancora con noi e ha 32 anni».
Foto di Marco Scarmagnani
«Io avevo già la mia famiglia che era Angelo – spiega Giovanna – avevo chiaro che volevo essere la sua mamma. Anche lui arrivava da una lunga ospedalizzazione, con un cuore polmonare. Viveva solo sotto la tenda ad ossigeno, e si alimentava col sondino. Il medico che lo seguiva sosteneva che non poteva vivere fuori dall’ospedale. “Siete pazzi – ci disse – non me lo porterei mai a casa”. Invece già dopo 1 mese mangiava col cucchiaino, e aveva iniziato a gattonare. Cioè quando si è sentito pensato e voluto bene ha scelto di vivere. Parlava, a differenza di Antonio. “Ma-ma” “no-nna”… anche i miei genitori, molto scettici sulla mia scelta, si sono sciolti. Mio padre in particolare non era d’accordo quando l’ho accolto e ho scelto questa vita, ma è stato talmente toccato da Angelo che al funerale ha chiuso il calzaturificio di cui era titolare».
Nonostante l’incidente Claudio e Giovanna rimangono fedeli nella loro scelta, e la convivenza parte. Il 31 dicembre accolgono nella loro casa famiglia l’ultimo bambino dell’istituto degli orfanelli di Vicenza, che poi viene chiuso.
Rispetto ad altre realtà di accoglienza, loro si sentono particolarmente portati per i bambini. Passano gli anni, cambiano casa, molti bambini passano da loro, alcuni per pochi mesi, altri si fermano.

Sboccia l'amore

Nel frattempo Claudio realizza che il cammino per la consacrazione che stava verificando non faceva per lui. Si riapre il cuore a Giovanna. Ma nella Comunità di don Benzi due fidanzati non possono vivere sotto lo stesso tetto, e allora Giovanna torna a fare da figura di appoggio nella casa di Franco e Francesca, e il cammino di fidanzamento prende la strada giusta.
Si sposano nel maggio del 1994 e con loro già vivono Antonio (legato indissolubilmente a Claudio), Luca e Jessica
«Abbiamo mobilitato 7 infermieri per 5 giorni di viaggio di nozze» sorride fiera Giovanna.
Decine di persone sono passate per la loro casa in questi 30 anni, tra le quali Valeria, con la rarissima sindrome di Freedman-Sheldon, che si è laureata in Scienze Politiche.
Dal 1998 abitano in questa bellissima casa, accanto ad un’altra casa famiglia. Il trasferimento a San Vito di Leguzzano – questo è il nome del paese – è stato segnato anche da una bellissima accoglienza da parte della comunità locale.
L’arrivo di ognuno dei 4 figli naturali è segnato da rocambolesche avventure, tra corse in ospedale e accoglienze di emergenza. 
Una volta Claudio e Giovanna si trovavano in due reparti diversi dello stesso ospedale, per problemi differenti con i bambini accolti. Si trovavano la mattina a fare colazione insieme. E lo raccontano con allegria.
«Anche i figli sono cresciuti nella chiarezza dell’aiuto reciproco – raccontano –. Abbiamo sempre fatto passare questo messaggio». 

Un incastro perfetto

Una bella storia di amore incarnato. Ma come si sono innamorati?
«Lui faceva parte di un gruppo giovani – racconta Giovanna – ed io, che venivo dall’esperienza scout, mi sono fatta conoscere con i bans. Io sono più una da compagnia, lui più adatto alla relazione uno-a-uno».
Un incastro che ha ben funzionato. «Nel frattempo – continua Claudio – io che sono sempre stato più portato per la profondità e la spiritualità cercavo un modo per mettere in pratica il Vangelo. Lì ho incontrato la Comunità, e Giovanna».
Adesso in casa sono in 13. Di cui solo 3 maschi, precisano. E di questi 3 maschi, sottolineano con ironia, uno è Claudio, Antonio non parla, e l’altro è il figlio che studia a Padova.