Copenhagen sta diventando la prima città spugna del mondo, grazie a un piano di adattamento che combina soluzioni naturali e ingegneristiche per gestire l'acqua piovana e le mareggiate. Dopo il devastante nubifragio del 2011, la città ha lanciato il Cloudburst Management Plan, riducendo il rischio di alluvioni e migliorando la qualità della vita urbana.
Copenhagen sta reinventando il proprio volto urbano per resistere alle sfide imposte dal cambiamento climatico. La capitale danese, distesa su due isole nel Mar Baltico, sta diventando la prima vera “città spugna” del mondo, grazie a un piano di adattamento che unisce soluzioni basate sulla natura e infrastrutture ingegneristiche di grande scala. L’obiettivo è assorbire, immagazzinare e ridistribuire l’acqua piovana e le mareggiate, proteggendo la città per i prossimi cento anni da inondazioni e innalzamento del livello del mare.
Una politica preventiva
La decisione è nata dopo il 2 luglio 2011, quando un nubifragio senza precedenti scaricò oltre 12 centimetri di pioggia in appena due ore. Strade e scantinati vennero sommersi, il principale ospedale cittadino finì allagato e i danni superarono la cifra di 1,8 miliardi di dollari. L’episodio mostrò chiaramente che, nonostante anni di piani ambientali avanzati, Copenhagen non era pronta a gestire precipitazioni così intense.
Il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici prevede che i centri urbani alle alte latitudini saranno soggetti a precipitazioni più intense e frequenti nei prossimi decenni, con alluvioni secolari che raddoppieranno di frequenza nel 40% del globo entro il 2050, secondo un articolo del 2024 pubblicato su Nature . Inoltre, lo scioglimento delle calotte polari causerà l'innalzamento del livello del mare, una minaccia evidente per la Danimarca, una nazione bassa e legata al mare. L'Istituto meteorologico danese prevede fino al 55% di precipitazioni in più nei mesi invernali entro il 2100, con rovesci sempre più intensi, se le temperature globali dovessero aumentare di 2-3 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali. I mari adiacenti alla Danimarca, il Nord e il Baltico, potrebbero innalzarsi fino a 1,2 metri.
Un piano per salvare la città
Così, nel 2012 il Comune ha lanciato il
Cloudburst Management Plan, una strategia capillare che prevede centinaia di interventi distribuiti in tutta la città. Lo racconta il giornalista Paul Hockenos su
Yale Environment: la componente “blu-verde” comprende parchi e giardini capaci di trattenere l’acqua, tetti verdi, facciate vegetali, pavimentazioni permeabili e zone umide, oltre a corsi d’acqua riaperti e rive rinaturalizzate. In parallelo, la componente “grigia” include tunnel sotterranei lunghi chilometri, bacini di accumulo, stazioni di pompaggio e condotte di grande diametro per convogliare le acque verso il porto o gli impianti di trattamento.
I risultati sono già visibili: nelle aree prioritarie il rischio di alluvione è stato ridotto del 30-50%, nonostante il progetto sia ancora a metà percorso. Alcune opere sono diventate simboli della trasformazione.
Karen Blixens Square, all’Università di Copenhagen, è una piazza di quasi due ettari caratterizzata da colline artificiali che ospitano oltre 2.000 biciclette e giardini che, in caso di pioggia estrema, si trasformano in bacini di raccolta.
Enghave Park, invece, ospita sotto la sua superficie un enorme serbatoio da circa 22,7 milioni di litri, affiancato da un sistema di muri di contenimento che ne aumentano la capacità di altri 14 milioni di litri.
Aumentata la resilienza idrica
Molte infrastrutture sono progettate con una doppia funzione: bacini che diventano skate park o anfiteatri, piazze che offrono spazi pubblici ma anche superfici permeabili, giardini che forniscono ombra e biodiversità. Questo approccio non solo migliora la resilienza idrica, ma contribuisce al raffrescamento urbano, all’assorbimento di CO2 e alla qualità della vita.
Il modello di Copenhagen, ispirato al concetto di “sponge city” sviluppato in Cina ma adattato a un contesto urbano europeo, è già osservato con interesse da città come Auckland, Singapore, New York, Rotterdam e Berlino. Tuttavia, la realizzazione comporta sfide notevoli: l’integrazione con le reti sotterranee esistenti per energia e acqua, il rispetto degli standard di qualità per le acque, e la gestione di microplastiche e inquinanti persistenti.
Oltre a proteggere dalle piogge torrenziali, la città spugna offre un vantaggio strategico nei periodi di siccità, trattenendo l’acqua piovana per ricaricare le falde e fungere da riserva. I tunnel, progettati per le tempeste più violente, fungono anche da serbatoi durante le fasi di aridità. Nonostante i progressi, gli esperti avvertono che, fino al completamento dell’intero sistema, Copenhagen resterà vulnerabile a eventi estremi come quello del 2011.