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3 Agosto 2023
Ultima modifica: 7 Agosto 2023 ore 15:35

Dal Niamey padre Armanino: «Quello del Niger è il golpe del malcontento»

Alta la tensione in Niger dopo il colpo di Stato. Evacuati gli stranieri, ma il padre missionario rimane.
Dal Niamey padre Armanino: «Quello del Niger è il golpe del malcontento»
Foto di ISSIFOU DJIBO
Il colpo di Stato in Niger affonda le radici nell'incapacità della classe politica di affrontare le sfide economiche, in una combinazione di instabilità politiche, sicurezza del Paese, incompetenza della governance e corruzione all'interno e all'esterno della classe politica e dell'esercito.
Situazione sempre più critica in Niger dopo il golpe del 26 luglio per mano di una parte dei militari della guardia presidenziale che ha preso il potere del Paese rovesciando il governo di Mohamed Bazoum, presidente dall'aprile 2021.

Il portavoce dell'esercito golpista, il colonnello-maggiore Amadou Abdramane, ha dichiarato tramite il canale televisivo statale che «le forze di difesa e di sicurezza... hanno deciso di porre fine al regime» ed ha aggiunto: «Questo fa seguito al continuo deterioramento della situazione della sicurezza e alla cattiva gestione sociale ed economica».
Abdramane era affiancato da altri nove ufficiali - membri di un gruppo che si fa chiamare Consiglio Nazionale per la Salvaguardia del Paese. Le frontiere del Paese sono state chiuse ed è in vigore il coprifuoco nazionale.
Area del Sahel, terra di colpi di Stato
Le tensioni nel Paese si erano già manifestate durante le recenti elezioni, quando un'unità militare aveva tentato, senza successo, di impossessarsi del palazzo presidenziale pochi giorni prima del giuramento del neoeletto Bazoum. L'elezione di Bazoum, rappresentava il primo tentativo di transizione democratica del potere in uno Stato che aveva assistito a quattro colpi di stato militari dall'indipendenza dalla Francia nel 1960.
Il golpe ha conseguenze importanti anche in tutta la regione, una vera e propria "fascia di colpi di Stato".  Infatti, nell’Africa occidentale se ne sono registrati molteplici dal 2020: nei vicini Burkina Faso, Mali e in Guinea. In questi Stati le milizie sovversive hanno sempre accusato i governi in carica di non essere riusciti ad arginare la marea di insicurezza che ha invaso il Sahel dal 2012.

Padre Mauro Armanino: «È un golpe opportunista»

Padre Mauro Armanino
 
Padre Mauro Armanino, missionario della Società delle Missioni Africane (SMA), che dal 2011 si trova nella capitale nigerina, ci conferma che la situazione è difficilissima: «difficile che si possa tornare indietro, si tratta di un golpe “opportunista”', nel senso che coglie un malcontento in un contesto regionale particolare… stanno evacuando francesi, italiani e altri stranieri che vogliano lasciare il paese, si è in una situazione di precarietà assoluta e anche noi stiamo “come d’autunno sugli alberi le foglie”».
La Chiesa locale cerca di fare da mediatore e tiene aperto il dialogo «l’1 agosto 2023 c'è stato un incontro tra responsabili religiosi e la giunta, anche i musulmani sono stati incontrati senza problemi». Intanto i prezzi delle derrate alimentari stanno lievitando a dismisura e la gente comincia ad andare alle banche a togliere i soldi»
Le comunicazioni con le autorità italiane per chi non ha whatsapp come Padre Mauro sono azzerate. «L’oasi di stabilità che accoglieva i militari di Francia, Stati Uniti, Germani e Italia, fanno ora del Niger, un Paese in cerca d’autore e, invece delle stelle, sono le sirene russe che ora si stanno a guardare.»
Nel suo Blog padre Armanino scrive: «La situazione, al momento è ancora incerta. La Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, l’Unione Europea, gli Stati Uniti e l’Unione Africana (e la Francia in particolare) hanno ovviamente condannato il golpe e deciso di applicare con inusuale rapidità un arsenale di sanzioni economiche e politiche. Non si esclude neppure un intervento armato nel caso in cui il presidente eletto non venga rilasciato e prenda le funzioni a lui spettanti prima del colpo di forza.»

Le radici del conflitto

La storia che da decenni strazia questa parte del continente africano ha radici che affondano in peculiari avvenimenti. L'abbattimento del dittatore libico Muammar Gheddafi da parte della NATO nel 2011, l’instabilità e la frammentazione della Libia hanno innescato un massiccio afflusso di mercenari e gruppi armati nel Sahel che ha contribuito a dare energia ai jihadisti e Boko Haram nel nord-est della Nigeria, (entrato in guerra contro lo Stato dopo la morte del suo fondatore Mohammed Yusuf nel 2009), per estendere i suoi tentacoli a parti del Ciad, del Camerun e del Niger.
Molti combattenti Touareg che all’epoca si erano schierati con Gheddafi durante la guerra civile libica  tornarono poi in Niger e Mali e contribuirono a rianimare una ribellione che era iniziata come agitazione secessionista negli anni '60 nella regione nord-orientale di Kidal (Mali) e nella regione settentrionale di Agadez in Niger.
Nel tempo e su queste basi, i territori di confine in cui convergono il Mali centrale, il Burkina Faso settentrionale e il Niger occidentale sono diventati oggi quell'epicentro dei conflitto brutali che insanguinano  tutta la regione.

Il sentimento antifrancese dell’Africa occidentale

In tutta l'Africa occidentale e centrale francofona, il sentimento antifrancese, che da tempo ribolliva in superficie, ha cominciato a cristallizzarsi pubblicamente nell’ultimo decennio, portando a manifestazioni di cittadini a favore dei colpi di Stato nell’area e contro le truppe straniere. Già recentemente il Mali, aveva “rinunciato” alla presenza francese nella lotta al terrorismo, abbandonando il suo storico alleato, e il 23 gennaio scorso il governo del Burkina Faso ha chiesto il ritiro delle circa 400 unità delle forze speciali francesi presenti nel territorio burkinabé.
Ora anche in Niger, che era visto come un faro di stabilità, il ricordo della durissima colonizzazione e l'ingiusto sfruttamento delle risorse da parte del gigante nucleare francese Areva, emerge come un ricordo infelice e economicamente ancora attuale, che sta spingendo molte persone a manifestare pubblicamente contro i francesi e la Francia. Inoltre il progressivo aumento della presenza militare straniera contro i gruppi militanti nel Sahel, agli occhi della popolazione alla fame e sotto gli attacchi jihadisti, ha prodotto solo scarsi risultati lasciando morire di povertà il Paese.

Un futuro incerto e pericoloso

Il colpo di Stato si inserisce in un lungo schema di incapacità della classe politica di affrontare le sfide economiche e le instabilità politiche e di sicurezza del Paese in una combinazione con l’incompetenza della governance in generale e la corruzione all'interno e all'esterno della classe politica e dell'esercito.
Mentre il golpe ha suscitato una serie di condanne e sanzioni da parte della comunità internazionale, compresa l’Europa, gli Stati Uniti e organismi come l'Unione africana, il blocco regionale dell'Africa occidentale e la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS), il Mali e il Burkina Faso sono al fianco della giunta militare nigerina pronti ad intervenire anche militarmente in caso di ingerenza straniera.
Il futuro è pieno di ombre pesanti essendo venuto meno un alleato chiave dell’Occidente nella lotta contro i gruppi jihadisti in Africa, cruciale come snodo dei flussi migratori e per l’approvvigionamento di materie prime in Europa e nel mondo. L’evoluzione degli eventi in gran parte imprevedibile avrà conseguenze geopolitiche importanti e senza alcun dubbio anche per l’Italia.