Topic:
11 Maggio 2021
Ultima modifica: 11 Maggio 2021 ore 10:44

Dove sarà il deposito di scorie nucleari in Italia?

Trentacinque anni dopo il disastro di Chernobyl, e trentaquattro dal referendum con cui gli italiani votarono l'uscita dell'Italia dal nucleare, si accende il dibattito sul deposito nazionale per le scorie nucleari. Dove verrà costruito?
Dove sarà il deposito di scorie nucleari in Italia?
Foto di Silent Corners
Sono 90mila le tonnellate di scorie nucleari e rifiuti radioattivi da gestire, senza contare le 140 tonnellate che ogni anno vanno ad aggiungersi per attività mediche e industriali. 75mila andranno a finire nel deposito.
Trentacinque anni dopo il disastro di Chernobyl, e trentaquattro dal referendum con cui gli italiani votarono l’uscita dell’Italia dal nucleare, il tema delle scorie radioattive continua a tenere banco. In particolare, l’individuazione delle aree idonee a ospitare un deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi ha suscitato reazioni contrastanti nei territori potenzialmente interessati dalla sua realizzazione.
 
Il 5 gennaio 2020, infatti, è stata pubblicata la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee alla localizzazione del Deposito Nazionale (CNAPI), ovvero la mappa attraverso cui individuare l’area più idonea a ospitare l’infrastruttura di superficie dove sistemare in sicurezza i rifiuti radioattivi di molto bassa e bassa intensità, oggi stoccati all’interno di decine di depositi temporanei sparsi per il territorio nazionale.
Stiamo parlando di scorie nucleari e rifiuti radioattivi che sono stati prodotti durante l’attività degli impianti nucleari, lo smantellamento degli impianti stessi ma anche dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca.

Copertura del deposito multistrato
Foto di Sogin

A cosa serve un Deposito Nazionale?

Il deposito nazionale è un’opera ritenuta necessaria da tutti, associazioni ambientaliste comprese. Al momento, infatti, le scorie sono sparse tra varie regioni: le vecchie quattro centrali di Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina e Garigliano (Caserta); l’ex impianto Fabbricazioni nucleari di Bosco Marengo (Alessandria), i tre impianti di ricerca sul ciclo del combustibile di Saluggia (Vercelli), Casaccia (Roma) e Rotondella (Matera) e, poi, vari centri di ricerca.
 
In tutto si tratta di 90 mila tonnellate di rifiuti da gestire (senza contare quelli che ogni anno vanno ad aggiungersi per attività mediche e industriali, circa 140 tonnellate): il Deposito Nazionale ne ospiterà 75 mila. La parte restante, ovvero il 6% del totale, è rappresentata da scorie a media e alta intensità, per le quali è necessario un deposito geologico di profondità.
Ma dal momento che siti di questo tipo sono difficili da individuare e richiedono decine di anni per realizzarli, è previsto che il Deposito Nazionale di superficie ospiti anche un complesso per lo stoccaggio temporaneo di lungo periodo dove stoccare i rifiuti più pericolosi, in attesa di un’altra soluzione.

Deposito nazionale da dove provengono i rifiuti radioattivi

Ma come si presenterà Il deposito?

Lo spiega il portale dedicato depositonazionale.it: si tratta di un insieme di barriere ingegneristiche una dentro l'altra. Per prima cosa, i rifiuti condizionati e compattati (il condizionamento consiste nell’inglobare i rifiuti solidi, o nel solidificare quelli liquidi, in cemento o vetro) saranno chiusi dentro fusti di acciaio riempiti di cementite. A loro volta i fusti verranno sigillati in scatole di cemento armato e tutte le scatole – circa un centinaio – verranno disposte in una grande vasca in superficie, anch'essa di cemento. Tale vasca verrà infine coperta da uno strato di terreno e da un manto erboso.

Gestione rifiuti
Foto di Sogin

Il Deposito occuperà 110 ettari ma l'area che lo andrà a ospitare ne misurerà 150 perché verrà anche realizzato un Parco Tecnologico di 40 ettari: si tratta, da progetto, di un centro di ricerca applicata e di formazione nel campo del decommissioning (ovvero dello smantellamento) nucleare, della gestione dei rifiuti radioattivi e della radioprotezione, oltre che della salvaguardia ambientale.
L'investimento complessivo per la realizzazione del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico sarà di circa 900 milioni di euro (che con opere correlate potrebbe arrivare a 1,5 miliardi di euro) e sarà finanziato dalla componente tariffaria A2RIM (ex componente A2) della bolletta elettrica, che già oggi copre i costi dello smantellamento degli impianti nucleari.
 
La mappa dei siti
 
La CNAPI pubblicata a gennaio individua 67 luoghi divisi in sette regioni (Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia), selezionati in base a una serie di criteri elaborati dall’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e per la Radioprotezione (ISIN). Nella Tavola generale allegata alla Cnapi sono indicati anche i Comuni interessati: quelli più papabili sembrano essere in due zone in provincia di Torino (Caluso e Carmagnola), cinque in provincia di Alessandria (tra cui Boscomarengo e Novi Ligure) e in provincia di Viterbo.
La pubblicazione della CNAPI rientra nelle attività di smantellamento delle centrali nucleari affidate alla Sogin, società pubblica partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze. Il Decreto Legislativo del 2010 che ha incaricato la Sogin del decommisioning prevedeva la pubblicazione di CNAPI entro agosto 2015. Con cinque anni e mezzo di ritardo è arrivato il nulla osta dai ministeri dell’ambiente e dello sviluppo ma l’unica cosa a essere unanime è il coro dei “no”: al ritardo, infatti, si sommano le critiche di regioni ed enti locali.
Non solo ma, secondo Legambiente, le aree individuate presentano problematiche comuni che vanno dal rischio idrogeologico a quello di incidente rilevante, dalla vicinanza ad aree protette all’adozione di criteri più chiari e trasparenti. Trasparenza delle informazioni e qualità dei progetti, per Legambiente, sono dunque «la base per un confronto serio che consenta di affrontare i problemi, ridimensionare lo spazio della sindrome “nimby” dei cittadini, (not in my backyard, ossia non nel mio giardino, nda) e “nimto” degli eletti (not in my terms of office, non nel mio mandato, nda) e quello per le fake news»: è quanto sintetizzato nel Manifesto per il dibattito pubblico sulle opere della transizione ecologica siglato pochi giorni fa insieme ad altre 13 associazioni e inviato al Governo Draghi.

Legambiente: occorrono ulteriori approfondimenti 

«Il 26 aprile è stato il 35esimo anniversario del disastro di Chernobyl, il più grave incidente nella storia del nucleare civile insieme a Fukushima, dichiara Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. La sua onda lunga, come ben sappiamo e abbiamo documentato, produce effetti devastanti sull’ambiente e sulla salute di milioni di persone ancora oggi, e non conosce frontiere. Lo abbiamo dimostrato anche con i progetti di solidarietà che dagli anni ’90 ci hanno permesso di monitorare e curare oltre 25mila bambini bielorussi, ucraini e russi, vittime della radioattività ancora presente in quelle aree. È un monito per l’Europa e l’Italia che hanno il dovere e la responsabilità di chiudere in sicurezza con il nucleare e la sua pericolosa eredità, e di contrastare lo smaltimento illecito dei rifiuti radioattivi».
Per questi motivi, la CNAPI non deve trascurare alcuna problematica. «Le aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito sono state individuate adottando criteri omogenei sull’intero territorio nazionale e con una procedura che prevede approfondimenti in una fase successiva, con analisi più dettagliate nei soli siti effettivamente interessati, osserva Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente. Pur essendo comprensibile il principio, alcuni aspetti di carattere generale sono stati tuttavia trascurati o erroneamente interpretati in questa prima fase e difficilmente potrebbero essere recuperati o modificati successivamente. Il tutto genera una serie di perplessità, domande e necessità di chiarimenti che non possono essere risolti con la sola fase di osservazione».