In questo articolo le testimonianze raccolte evidenziano i progressi e le sfide ancora aperte per le persone con disabilità, tratteggiando un cambiamento culturale in atto che punta a valorizzare le abilità, la creatività e la partecipazione attiva nella società.
Il 3 dicembre è la Giornata internazionale delle persone con disabilità, una ricorrenza istituita dall’Onu nel 1992. Forse, sentendo parlare di questa giornata al telegiornale o sui social, sulle labbra di qualcuno può sorgere spontanea l
’espressione «poverini»: un modo di pensare forse antico e per certi versi fastidioso, (e che forse sta pian piano scomparendo) che però in qualche modo sembra prendere atto del fatto che alcune persone vivono condizioni di vita particolarmente complesse per una situazione di partenza
“svantaggiata”.
Il mondo della disabilità è estremamente variegato: essa può derivare da cause diverse ed esprimersi in tante forme differenti. Perché non possiamo e
non dobbiamo dimenticare che prima della disabilità c’è la persona che la vive e ogni persona è un universo a sé stante, con le proprie caratteristiche, le proprie potenzialità e le proprie fragilità.
Data per assodata l
’unicità di ciascuno, ci sono bisogni e aspetti che accomunano chi vive condizioni di vita simili.
Clarissa, una giovane donna di 31 anni che abita in un paese della Puglia e che dalla nascita vive una condizione di
disabilità fisica, ha individuato alcuni
bisogni e desideri sulla base della propria esperienza, che però aprono ad uno sguardo più ampio:
-
il bisogno di sviluppare, per quanto possibile, la propria autonomia, soprattutto attraverso l’individuazione di un impiego adeguato alle proprie capacità (non facile da trovare);
-
il bisogno di relazione con i propri coetanei e non solo;
-
la necessità di svolgere attività oltre alla professione, che possano favorire un inserimento nel tessuto sociale del territorio in cui la persona vive;
-
l’esigenza fondamentale di ottenere, con il supporto di enti pubblici, una progettualità adeguata per un futuro in autonomia, allorché dovesse venire a mancare il sostegno della famiglia.
Autonomia e integrazione
Un suggerimento,
Clarissa lo dà anche pensando ai bambini e ragazzi che vivono una disabilità di tipo fisico: «È indispensabile migliorare l
’integrazione dei ragazzi disabili, favorendo la nascita di momenti di relazione al di fuori del contesto scolastico. Interessante potrebbe essere abituare sempre di più i ragazzi a includere il compagno con disabilità in esperienze ludiche e di compagnia, come andare al cinema, a teatro o a mangiare una pizza».
La questione si fa ancora più complessa quando si parla di
disabilità cognitiva, più o meno grave, che coinvolge persone in età adulta. Interessante, a tal proposito, è il punto di vista di
Giulia, giovane educatrice professionale e sociale della provincia di Rovigo che da qualche anno lavora in una cooperativa che gestisce un centro diurno per persone con disabilità nel territorio ed entra a contatto con forme di disabilità cognitiva gravi o gravissime in giovani adulti. (Giulia è inoltre impegnata in un
’altra cooperativa locale che opera a livello scolastico per il sostegno ad alunni in difficoltà).
La rete territoriale e il ruolo delle istituzioni
Alla domanda su quali passi siano stati compiuti e si stiano compiendo nel nostro Paese, con riferimento a persone adulte in condizioni di disabilità molto grave, sottolinea: «Sicuramente si stanno facendo passi da gigante sul fronte dell’inclusione e delle azioni pratiche, e le istituzioni non sono indifferenti, anzi. Mi viene da dire che, nell’ultimo periodo, c’è una maggiore attenzione da parte degli enti locali e delle scuole rispetto all’inclusione e all’attuazione di interventi efficaci. Anche per quanto riguarda il ruolo del Comune – prosegue Giulia – si sta creando una rete molto più ampia rispetto agli anni passati, e questo è un aspetto da non sottovalutare. Ci sono ancora passi da fare, ma molti sono già stati compiuti, e si va verso una crescente deistituzionalizzazione, soprattutto per quanto riguarda le persone adulte con disabilità, in particolare quelle con disabilità cognitiva lieve o media. In questo senso, si sta lavorando anche sul collegamento tra istituzioni, cooperative e realtà esterne, con l
’obiettivo di ampliare le possibilità disponibili. Anche le famiglie, secondo me, si stanno informando molto di più e vengono supportate nell’informarsi — non ancora abbastanza, ma sicuramente sempre di più — rispetto a tutto ciò che spetta loro di diritto, agli enti che possono aiutarle e ai progetti attivati in loro favore».
Le sfide del "Dopo di noi" e il cambio di paradigma
È evidente come negli ultimi decenni si stia assistendo a
un cambio di paradigma nei confronti della disabilità, che oggi fortunatamente non è più considerata una disgrazia di cui vergognarsi o un problema da nascondere. Non mancano, però, alcune perplessità, soprattutto a livello nazionale: «Penso che
la legge sul “Dopo di noi” sia positiva — continua Giulia — perché riconosce e mette per iscritto le necessità e i diritti delle persone adulte con disabilità; la teoria c’è, ma manca l
’aspetto pratico, le linee guida e le risorse necessarie per mettere in pratica la norma nella concretezza della vita delle persone. In questo senso è necessario fare qualcosa di più».
La conclusione della testimonianza di Giulia si riaggancia al pensiero iniziale: «Oggi vengono create molteplici opportunità per far sì che si passi dal considerare una persona “poverina”, al vederla semplicemente come qualcuno che non può fare determinate cose: una prospettiva in cui vengono rivalutate le abilità che possiede, le cose che può fare. Oggi si è più aperti alla possibilità che una persona disabile possa lavorare, aspetto che in passato non era nemmeno contemplato, che possa essere membro attivo della società e della comunità, e che possa anche, perché no, essere un artista dimostrando la propria creatività e la propria personalità: anche questo, secondo me, è un passo che si sta compiendo». La strada è quella giusta; è importante continuare a camminare perché ogni persona sia valorizzata per ciò che è e per ciò che può dare, indipendentemente da ciò che manca. In fondo, ogni uomo e ogni donna è dis-abile in qualcosa. E la bellezza è proprio questa: si diventa abili insieme.