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14 Dicembre 2022

Dominique Lapierre: «Tutto ciò che non viene donato va perduto»

Se ne è andato all'età di 91 anni il grande giornalista e scrittore francese Dominique Lapierre. Autore di libri grandiosi, di bestseller internazionali come La città della gioia, diventato anche un film.
Dominique Lapierre: «Tutto ciò che non viene donato va perduto»
Foto di Caterina Balocco
Forte l'emozione quando nel 2002 ho potuto trascorrere con lui e la moglie Dominique del tempo insieme ed intervistarlo. Ecco cosa mi ha raccontato.
Il 3 dicembre 2022 ci ha  lasciato il  grande giornalista e scrittore francese Dominique Lapierre all'età di 91 anni. Autore di libri grandiosi, di bestseller internazionali come La città della gioia diventato anche un film.
Forte l’emozione quando nel 2002 ho potuto trascorrere con lui e la moglie Dominique del tempo insieme. Persone semplici, che facevano cose grandi.
Lui scriveva romanzi–verità di successo ed insieme portavano avanti la passione per l’uomo. Nel 1982 avevano fondato l’associazione Action pour les enfants des lépreux de Calcutta alla quale destinava metà dei proventi dei libri per finanziare centri, dispensari, progetti per la lotta alla lebbra e alla tubercolosi.
Parlavamo del romanzo che aveva appena scritto: Mezzanotte e cinque a Bhopal. Parlavamo dei suoi esordi, della sua scrittura.  Dei poveri che aveva incontrato e che gli avevano cambiato la vita.

Intervista al mensile Sempre - gennaio 2002 
 
750 lingue, un mosaico di culture e religioni: questa è l'India. Un paese povero che spende molto in armamenti. Che vede nascere una nuova classe medio-borghese ma non migliorare la condizione dei poveri. «Non posso accettare che nascano due indie: una ricca ed una povera. Oggi quest'India povera vede la TV. Arriverà qualcuno che gli dirà che tutto ciò che è la loro religione è un'invenzione. Un giorno andranno nei quartieri ricchi e chiederanno la loro porzione di ricchezza. Non voglio assistere
a quel giorno. Dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per condividere la nostra ricchezza con questi poveri».
Sono parole del giornalista e scrittore Dominique Lapierre, autore del best seller libro La città della gioia, ambientato a Calcutta, diventato anche film in cui Patrick Swayze, interpreta il giornalista.
Lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione del suo nuovo libro Mezzanotte e cinque a Bhopal, firmato con lo scrittore spagnolo Javier Moro che lo ha aiutato nella ricerca storica, durata tre anni.

«Se il mondo ricco non è pronto a dividere con il terzo mondo, il nostro mondo assisterà a dei grandi disordini sociali».

Lo stile di Lapierre è quello di raccontare vicende umane realmente accadute trasfomandole in romanzi. Con la metà dei suoi diritti d'autore ha dato vita in India a varie iniziative umanitarie che porta avanti con l'inseparabile moglie, anche lei di nome Dominique-
L'ho sentito parlare per la prima volta in un teatro gremito di persone e l'energia con la quale riesce ad immedesimare il pubblico nella triste vicenda narrata nel libro è notevole.
Il giorno dopo, quando ho avuto la possibilità di intervistarlo durante un tragitto in auto con lui e la moglie, ho ricevuto conferma della sua capacità di comunicare con semplicità ma anche con una profondità che viene da una passione vera per l'India e i suoi poveri.
Scrivere per lui è una missione, un modo per vivere concretamente il motto che muove tutto il suo impegno umanitario: «Tutto ciò che non viene donato va perduto».
Ascoltandolo, e ancor più leggendo il suo ultimo libro, si rivive con sofferenza quanto accaduto quella sera tra il 2 e il 3 dicembre del 1984 quando l'esplosione di una fabbrica americana di pesticidi fece dalle 16 mila alle 30 mila vittime.
Molti i protagonisti veri di questo romanzo-denuncia.

Un libro che non lascia indifferenti e ci pone inevitabilmente l'interrogativo: che cosa possiamo fare? Di nuovo torna il motto di Lapierre: «Tutto ciò che non viene donato va perduto». Se il mondo ricco non è pronto a dividere con il terzo mondo, il nostro mondo assisterà a dei grandi disordini sociali».
 
Giornalista e scrittore di fama mondiale. Come è arrivato a questo lavoro?
«Ho iniziato come giornalista con la rivista Paris Match e a scrivere libri con il mio amico americano Larry Collins assieme al quale ho scritto Parigi Brucia?, Gerusalemme! Gerusalemme! e altri libri. All'età di 50 anni ho scoperto che uno scrittore di temi storici può essere anche un attore di azioni umanitarie buone per la gente di cui parla in libri come La città della gioia, Più grande dell'amore, Mille soli e adesso Mezzanotte e cinque a Bhopal

«lo e mia moglie prendiamo le Vitamine da questa gente che non ha niente ma ha tutto»


Nei suoi viaggi ha incontrato molte persone che hanno segnato la sua vita personale e professionale. Ci può indicare alcuni nomi e per ognuno di essi la cosa che maggiormente l'ha colpita?
«Conobbi il Mahatma Ghandi in occasione di un 'inchiesta che durò due anni e che diede vita al libro Stanotte la libertà. Fu veramente un incontro straordinario. Ghandi fu un profeta della non violenza. Parlava solo d'amore. Un leader politico, un uomo eccezionale. Fu un grande piacere ricostruire la sua crociata per la libertà nell'India.
Dopo conobbi Madre Teresa nella città di Calcutta. Fu un in contro molto speciale che mi ha aiutato a scoprire che possiamo fare tutti qualcosa per i più poveri. Che l'incontro con queste persone è come una tempesta d'amore, che le cose possono cambiare, che non c'è nessuna fatalità.
Un altro incontro significativo è stato quello con Ganga Ram, un lebbroso di Bhopal, che per me è il simbolo della forza dell'uomo a superare tutte le avversità. Gang a Ram e sua moglie Dalima, tutti e due guariti dalla lebbra, sono veramente luce del mondo. Vivono in un quartiere di miseria vicino alla fabbrica di pesticidi che è esplosa la notte del 2 dicembre 1984. Ma la forza di Ganga Ram, il suo sorriso, la capacità di condividere con i più poveri per me è un esempio veramente straordinario. lo e mia moglie prendiamo le Vitamine da questa gente che non ha niente ma ha tutto.»
 
Concretamente com'è cambiata la sua vita attraverso questi incontri?
«lo e mia moglie passiamo più della metà del nostro tempo a lavorare per queste azioni umanitarie. Mia moglie Dominique è una persona straordinaria. Si chiama Dominique come me, ma lei è la "grande" Dominique mentre io sono so lo il "piccolo". Facciamo molti viaggi nell' India assicurandoci che tutto vada bene con i soldi che mandiamo dei diritti d'autore, dei doni dei nostri lettori, dei nostri amici (abbiamo molti amici anche in Italia). Tutto questo fa che la nostra vita sia molto piena.»
 
Nei suoi libri utilizza lo stile del romanzo per raccontare fatti realmente accaduti e denunciare le ingiustizie. Perché questa scelta?
«Perché è un modo per trovare un grande pubblico disposto a leggere facilmente un libro. È tutto vero, ma tutto è scritto come un romanzo perché la vita è un romanzo perpetuo e per me è più facile offrire queste storie a molti lettori anziché offrire un libro fastidioso con statistiche e cose che non sono lette.»

Non ci devono più essere tragedie provocate dall'uomo

Com'è è nata l'idea di Mezzanotte e cinque a Bhopal?
«Una persona di Bhopal, Satinah "Sathyu" Sarangi, un messaggero, è venuta a cercarmi a Calcutta per chiedere il mio aiuto per aprire una clinica ginecologica per curare le donne più povere della città che soffrono oggi delle conseguenze di un a tragedia: la più grande di tutti i tempi. Era il 2 dicembre 1984 quando a Bhopal un nuvolone tossico scappò dalla fabbrica di pesticidi facendo dai sedicimila ai trentamila morti procurando gravi danni alla salute ad altre duecentomila persone. Bhopal è un a magnifica città di cultura dove la poesia è più importante di una
partita di calcio (si racconta di un taxista che rapì il suo poeta preferito per farsi raccontare poesie per più di 7 ore). In questa città si era insediata la fabbrica americana "Union Carbide". All'inizio tutto questo sembrava un sogno: l'incontro dell'alta tecnologia industriale con la tecnologia medioevale del terzo mondo. Poi la tragedia. Dopo un'inchiesta durata 3 anni, condotta insieme a Javier Moro, scrittore e umanista, nacque il libro. Cercammo di dare un viso, un passato a questa storia. Ricostruire come un romanzo poliziesco questa tragedia.»
 
L'uscita di questo libro che ripercussioni ha avuto nel mondo occidentale?
«Sono state vendute già più di un milione di copie in sei mesi. Ho ricevuto 7 mila lettere di lettori e anche di capi di aziende molto importanti. Grazie a questo libro molte industrie hanno migliorato le norme di sicurezza delle loro aziende. Non vi devono essere più tragedie provocate dall’arroganza dell'uomo.»
 
Lei ama distinguere tra povertà e miseria…
«Non dobbiamo glorificare la povertà, essa è un insulto dell'uomo. Ma noi nella povertà abbiamo scoperto un valore positivo. La differenza fra povertà e miseria è che la povertà è il contrario della ricchezza, mentre la miseria esiste quando non c'è più speranza. Ho scoperto la miseria nei quartieri poveri dei nostri paesi ricchi. Nel Bronx, ho visto persone separate dalle loro radici, religioni, dalla loro lingua, dal loro paese. Nella “Città della gioia” a Calcutta, un luogo grande quanto un campo di calcio, con una sola fontana per l'acqua, dove un uomo vive in media meno di 40 anni, ho incontrato la povertà economica. Un luogo infestato da scarafaggi e tutti i parassiti, dove tutto diventa importante: sa e, zucchero… I bambini qui sono degli eroi. Alle 5 della mattina vanno alla fontana a prendere l'acqua per tutta la famiglia. Andare a scuola è difficile perché lavorano ed il loro piccolo salario può mantenere tutta la famiglia. Eppure qui ho trovato più gioia e sorrisi che in altri luoghi della terra molto più ricchi. Questa gente sapeva sorridere, spartire con i più poveri di loro, sapeva ringraziare Dio.»
 
Ma la miseria dobbiamo accettarla come un fatto inevitabile o ci sono cause precise che potrebbero essere combattute?
«Mai dobbiamo accettare la povertà o la miseria.»
 
È vero che con una parte dei proventi dai diritti d'autore lei sostiene varie opere di solidarietà?
«Con la metà dei diritti d'autore. Abbiamo molti progetti e l'ultimo libro è un gran successo per poter realizzare tutto questo. Dopo due anni di incontri meravigliosi ho
scritto il libro La città della gioia. Volevo offrire la metà dei diritti d'autore per contribuire a migliora re la vita di questi sfortunati.
Grazie a tutti i nostri sostenitori abbiamo potuto moltiplicare le nostre iniziative con i
poveri con dispensari, pozzi d'acqua, ospedali, scuole per figli di lebbrosi. Abbiamo anche quattro battelli: degli ospedali viaggianti che portano aiuto a persone che vivono in 54 isole vicine alla frontiera del Bangladesh, zone infestate da tigri mangia uomini che non si trovano nelle carte geografiche. Ora con i diritti di questo libro potremo aiutare le donne di Bhopal.»

L'India sarà migliore grazie alle donne

Recentemente ha dichiarato che il futuro dell'India dipende dalla donna.
«Le donne sono molto attive, molto intelligenti e vogliono prendere il loro destino nelle proprie mani. Credo che domani l'India sarà uno Stato migliore grazie alle donne del paese.»
 
Cos'è che la spinge ad andare avanti a sostenere queste iniziative nonostante
poi la povertà rimanga?
«Quello che faccio è solamente una goccia d'acqua nell'oceano dei bisogni. Ma una goccia più un'altra goccia fanno alla fine un oceano. Non è necessario venire a Calcutta per fare qualcosa. In tutte le parti del nostro ricco occidente possiamo fare un'azione d'amore. Molte volte una piccola azione può cambiare la vita, la speranza di una persona. Dobbiamo trasformare un mondo di odio in un mondo d'amore e di giustizia.»
 
Crede in Dio?
«Sì. Credo in Dio.»
 
Cos'è per lei?
«Le vitamine, la fede per continuare la mia
azione.»