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22 Febbraio 2020

Francescani, maestri di finanza

Dalla povertà di San Francesco nacquero studi e principi per una nuova economia
Francescani, maestri di finanza
Come stabilire il prezzo di una merce? È giusto prestare denaro con gli interessi? Evoluzione di una economia che punta a far circolare i beni evitando l'accumulo.
«È possibile una qualche amicizia fra Madonna Economia e Madonna Povertà?», si chiedeva ad Assisi nel lontano 1958 il cardinale Giovanni Battista Montini. La domanda del futuro Paolo VI era legittima, anche perché in quel periodo non era ancora fiorita la messe di studi (sboccerà a partire degli anni Settanta) sul contributo dato dal movimento francescano alla nascita di quella che con termine moderno chiamiamo economia civile di mercato
Che i francescani, con buona pace delle tesi di Max Weber sullo spirito protestante e la nascita del capitalismo, siano gli inventori di gran parte del vocabolario dell’economia occidentale, è uno dei tanti paradossi caratteristici dell’esperienza cristiana tout court, in questo caso ben rappresentati dal motto dei frati minori nihil habentes, omnia possidentes (niente avere e tutto possedere). 
La letteratura sul legame fra povertà volontaria e nascita dell’economia civile è oggi molto ampia; due testi, per chi avesse l’interesse di approfondire, vanno citati: Ricchezza francescana, di Giacomo Todeschini (il Mulino) e Dall’economia civile francescana all’economia capitalistica moderna, di Oreste Bazzicchi (Armando Editore). 

Usare i beni senza esserne proprietari

La conoscenza di questa storia è quanto mai opportuna alla vigilia del raduno mondiale su L’economia di Francesco, che si terrà a marzo in Assisi. Viviamo in un cambiamento d’epoca, dove tutti i paradigmi consolidati sono messi in discussione, così come era un cambiamento d’epoca (porterà alla nascita della società mercantile) quello che cominciava a manifestarsi nei secoli XII e XIII.
Quella società, in cui la figura dei mercanti tendeva ad assumere un ruolo economico e civile determinante, si trovò di fronte ad  una sfida inedita: quella di Francesco e dei suoi amici che sceglievano la povertà volontaria nel contesto di città dove si stava sviluppando la moderna economia. 
Ma i frati minori dovevano pur vivere: avevano bisogno di un tetto, di cibo, di coprirsi, e non potevano ricevere e usare denaro per soddisfare questi bisogni elementari. Ecco quindi che il primo dibattito interno al nuovo ordine riguardò il modo di intendere la povertà. I poveri volontari non dovevano avere alcuna proprietà, non potevano accettare denaro ma potevano usare i beni che ricevevano in elemosina. 
L’elaborazione dei concetti di proprietà, uso e possesso fu quindi uno dei loro primari contributi allo sviluppo economico. Ne derivò la consapevolezza che i beni non vanno accumulati ma vanno fatti circolare. «Usare le cose – osserva Todeschini – comincia dunque ad apparire un modo di gestirle economicamente». 
Cambiò anche la concezione del denaro: non più un oggetto prezioso, un tesoro da accumulare, ma semplicemente una unità di misura per valutare il valore delle merci e del lavoro. 

Come stabilire il giusto prezzo

Un contributo fondamentale, fra i tanti, venne da Pietro di Giovanni Olivi (1240-1298), un francescano della Linguadoca, predicatore e teologo, docente anche a Parigi. Anche la sua persona è un paradosso: esponente di punta dei rigorosi difensori di Madonna Povertà, fu anche uno dei massimi teorici di Madonna Economia.
Uno dei temi su cui si cimentò è quello del giusto prezzo. Coloro che hanno scelto la povertà volontaria sono gli esperti nel valutare il bisogno, ciò che è necessario e ciò che è superfluo nella vita dell’uomo; specularmente, per definire il giusto prezzo delle merci occorre un soggetto collettivo, la comunità civile, composto da tutti coloro che agiscono sul mercato. E i loro criteri sono l’utilità delle cose, l’abbondanza variabile delle merci e il grado di apprezzamento presso il pubblico. Nella visione del teologo francescano, il mercante appare quindi come l’esperto del prezzo possibile, il lucro che ricava è una giusta ricompensa perché con la propria attività insegna agli altri il valore delle cose.  
Quella del mercante è una professione guardata con enorme rispetto dai teologi francescani del XIII secolo: agendo nel mondo degli scambi e dei commerci, i mercanti attestano che la ricchezza è un fenomeno transitorio, avvicinandosi così all’ideale di perfezione evangelica; sono tali perché godono della fiducia pubblica (a differenza degli usurai), e la fiducia di cui godono dipende dal fatto che il loro denaro è un capitale produttivo, perché non lo considerano un oggetto prezioso, ma un mezzo di scambio.

Perché nacquero i Monti di Pietà

Così arriviamo allo snodo fondamentale, quello del credito. Grazie alla riflessione di Pietro di Giovanni Olivi e degli altri francescani si arrivò a determinare come e quando il denaro poteva essere dato in prestito ricevendone una ricompensa.  La vendita di denaro, ricavandone un interesse, fu vista come un fenomeno positivo perché impediva la tesaurizzazione della ricchezza e la rendeva utile allo sviluppo produttivo e quindi al bene comune.
Non stupisce pertanto che la dottrina sociale ed economica francescana abbia avuto un significativo paradigma nell’istituzione dei Monti di Pietà, che servivano a calmierare il prezzo del denaro in favore dei più poveri, e nei Monti Frumentari, che tenevano sotto controllo il prezzo del grano. I Monti nel XV e XVI secolo nacquero grazie alla predicazione dei frati minori: in Italia nel 1515 se ne contavano già 135. Erano una forma di ciò che oggi chiameremmo microcredito: si prestava ai poveri, ad un tasso di interesse irrisorio, perché potessero avviare o incrementare un’attività economica, senza cadere nelle mani degli usurai. Fu una iniziativa solidale che contribuì anche a sviluppare l’istituzione bancaria. Bazzicchi nel suo libro li definisce «la più originale e più moderna invenzione che sia scaturita dal desiderio di praticare il bene comune».
Il microcredito, che è valso il premio Nobel a Muhammad Yunus, era stato già inventato cinque secoli prima dai francescani. È comunque interessante notare che, nell’uno e nell’altro caso, il desiderio di aiutare i poveri ha prodotto iniziative economiche innovative, utili a tutta la società.