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21 Agosto 2023
Ultima modifica: 22 Agosto 2023 ore 10:24

Speriamo di fondere

Fusione nucleare: avere energia pulita infinita forse è possibile ma per ora resta un sogno lontano.
Speriamo di fondere
Foto di Joe da Pixabay
Durante l'estate dagli scienziati è stato raggiunto l'ennesimo risultato positivo: il Sacro Graal dell'energia da fusione di atomi di idrogeno, pressoché infinita e a basso costo, potrebbe diventare il grande regalo che lasceremo ai nostri figli. Anche se forse noi non lo vedremo.
Ad inizio agosto il mondo scientifico statunitense ha celebrato il raggiungimento di un risultato presentato come "storico" dal Lawrence Livermore National Laboratory di Livermore in California: la produzione (per la terza volta, in realtà) di energia ottenuta con un processo di fusione nucleare, realizzato sulla Terra, in quantità maggiore di quella necessaria per far funzionare il processo.

Cos'è la fusione nucleare

Si parla di fusione nucleare, in generale, quando si ha la fusione di due nuclei di idrogeno in un nucleo di elio. È un processo difficilissimo da ottenere e da controllare; richiede una temperatura e una pressione elevatissima, ma può produrre quantità di energia inimmaginabili. Cose analoghe succedono solo all'interno delle stelle. Il carburante impiegato nella fusione nucleare è costituto da isotopi (atomi) di idrogeno chiamati trizio e deuterio, che sulla Terra possono essere ricavati ad esempio dall’acqua del mare e dalla reazione di fusione stessa.
Ipotetico reattore a fusione nucleare alimenta un traliccio
Nella grafica, un ipotetico reattore a fusione nucleare alimenta un traliccio elettrico


Prodotto di scarto della fusione nucleare è il gas nobile elio: le centrali elettriche a fusione del futuro potrebbero in futuro gonfiare palloncini colorati, piuttosto che riempire l'atmosfera di dannosa anidride carbonica (come avviene invece oggi con le centrali eletttriche a carbone, a gas o a petrolio).

Brindano gli scienziati della fusione a confinamento inerziale

Il risultato festeggiato sulla costa del Pacifico è stato ottenuto il 30 luglio 2023, ma un esperimento analogo era già stato presentato il 22 dicembre 2022 sempre dallo stesso istituto.
 
Il guadagno di energia prodotta, concentrato in un breve istante, è stato di meno di 1,5 megajoule (mezzo chilowattora), dunque non ci si sarebbe nemmeno potuta cuocere sopra una pizza. Ma il procedimento impiegato consacra ormai stabilmente la tecnologia NIF (National Ignition Facility, fusione a confinamento inerziale) a ottima candidata alla produzione di energia nel futuro.

Si tratta sostanzialmente di utilizzare potenti fasci laser ad alta intensità contro una capsula contenente idrogeno, per un brevissimo intervallo di tempo. L'energia immessa è risultata sufficiente ad avviare la fusione. Per trarne energia bisognerebbe però, fra l'altro, introdurre costantemente nuove capsule di carburante (almeno 10 al secondo) nella camera di reazione; le difficoltà tecniche da affrontare per trarne un reale profitto restano ancora enormi.

La tecnologia NIF (ecco come funziona, articolo in inglese) aveva fatto drizzare i capelli ai concorrenti per la prima volta ad agosto 2021: durante un esperimento condotto sempre in California, i ricercatori erano riusciti ad ottenere (per la bellezza di 100 trilionesimi di secondo) una quantità di energia da fusione nucleare superiore (di poco più di 1 megajoule) a quella assorbita. L'annuncio era stato dato al meeting di novembre 2021 della American Physical Society. Gli scienziati avevano però dovuto faticare fino a dicembre 2022 per riuscire a ripetere con successo l'esperimento.
 
Anche se di applicazioni pratiche per ora non se ne vede nemmeno l'ombra (realisticamente si potrà godere di energia "pulita" da fusione nucleare non prima del 2050), la corsa al podio fra i centri di ricerca del Pianeta sembra essere ogni giorno più veloce.

Il Tokamak, una ciambella per il plasma incandescente

La principale (e forse unica) concorrente al NIF è la tecnologia a tokamak, quella in cui il plasma di idrogeno è confinato in una ciambella (come nel progetto ITER), o in una sfera (come nel progetto STEP), attraverso potenti campi magnetici.

L'intervista

Abbiamo intervistato una ingegnera italiana, che fa parte della Comunità Papa Giovanni XXIII ma che preferisce rimanere anonima. Ha partecipato, insieme a scienziati ed esperti americani e da tutto il mondo, al Fusion Fuel Cycles and Blankets Workshop di maggio 2023 organizzato dall'istituto EPRI nella Carolina del Nord (USA).
 
Oggetto di confronto sono stati i cicli di combustibile e le tecnologie da impiegare nel blanket, quella parte del reattore a fusione a ciambella che deve nello stesso tempo estrarre il calore dal plasma per produrre energia, e produrre il combustibile (l'isotopo di idrogeno trizio) da bruciare.
Un componente del Tokamak del reattore sperimentale
Un componente del Tokamak del reattore sperimentale a fusione nucleare ITER

 
Racconta di lavori di gruppo, post-it sul muro, qualche slide: «Mi sono occupata di materiali partecipando a discussioni e confronti di alto livello. Mi sono resa conto di quanta strada ci sia ancora da percorrere: le sfide che come umanità ci stiamo ponendo sono ai limiti delle tecnologie conosciute. Gli Stati Uniti hanno intrapreso la strada coraggiosa di sostenere con risorse reali questo progetto, in forte collaborazione con il privato. La collaborazione con le aziende è essenziale e contribuirà a ridurre di decine di anni i tempi delle sperimentazioni. L'Europa è ancora molto indietro; devo dire che la Gran Bretagna è in pole position, avendo già avviato un progetto pilota all'interno del programma di ricerca STEP (Spherical Tokamak for Energy Production)».
 
Il governo britannico (riporta la rivista Scientific American), sta semplificando la burocrazia per le licenze e ha già individuato in una vecchia centrale a carbone dell'Inghilterra del Nord il sito ideale per immaginare una prima ideale centrale elettrica.

ITER è nato già vecchio

Sotto le righe, il reattore sperimentale a fusione più grande al mondo, ITER (International Thermonuclear Experiment Reactor, continua la rivista Scientific American), che è in costruzione dal 2007 in Francia, avrebbe dovuto accendere gli interruttori entro il 2020, ma si trova ora con costi quadruplicati (oltre 5 miliardi di dollari) e inaugurazione rimandata almeno al 2035 (più probabilmente al 2040-2050).
 
Scrive Le Scienze, edizione italiana della rivista: "Questa battuta d'arresto per quello che alcuni considerano un colosso ingombrante senza garanzia di successo ha dato il via a una nuova ondata di scetticismo".
 
L'impegno degli scienziati che ruotano attorno al principale progetto con sede in Europa è molto, anche se rischia di concretizzarsi fuori tempo massimo.

 
«Abbiamo posto una pietra miliare sul cammino verso la fusione nucleare»: avevano esultato in conferenza stampa il 9 febbraio 2022 gli scienziati del reattore sperimentale JET (Joint European Torus), progetto che è attivo sin dal 1983 a 100 km da Londra, e che per la prima volta al mondo aveva prodotto energia (per la bellezza di 5 secondi) con lo stesso procedimento di ITER.

Scienziata del progetto JET
Conferenza stampa del progetto JET
«Sui nostri risultati si baseranno i progetti per costruire i reattori delle nuove centrali», spiegarono gli scienziati di JET, che hanno anche testato per la prima volta il materiale destinato a contenere il plasma di idrogeno destinato a ruotare ad altissima velocità nel cuore (tokamak) dei reattori a confinamento magnetico.

Il sogno americano

La promessa di confinare l’energia delle stelle in una ciambella potrebbe però essere realizzata oltreoceano: è l'ambizione del progetto SPARC, una sfida proposta dai privati.
 
"Produrre energia con reattori più piccoli e più presto": è il guanto lanciato dalla società Commonwealth Fusion Systems (CFS), insieme a PSFC, spin-off dell’istituto di ricerca MIT con sede a Boston, e rilanciata ad ottobre 2021 dalla sua maggior azionista, l'italiana Eni. Figlia di questo progetto potrebbe nei prossimi decenni essere immessa in rete energia elettrica prodotta con il primo reattore a fusione nucleare americano, ARC. Apertura cantieri nel 2025.
 
Il 15 marzo 2022, l’amministrazione Biden aveva annunciato lo sviluppo di un piano decennale per accelerare lo sviluppo dei reattori a fusione nucleare, con l'obiettivo di raggiungere la soglia di emissioni nette zero entro il 2050. Gli Stati Uniti sfidano il mondo puntando a realizzare reattori più piccoli di quelli nostrani (a confinamento inerziale) grazie all’impiego di magneti superconduttori di nuova generazione, prima ancora forse che con la tecnologia NIF.

Produrre energia con reattori più piccoli e più presto
Plasma Science and Fusion Center
È una corsa contro il tempo. Il 31 maggio 2023 il Dipartimento per l'Energia statunitense ha annunciato una nuova partnership pubblico-privata per risolvere le principali sfide scientifiche e tecnologiche che devono essere superate «per realizzare un impianto pilota entro 10 anni».

Rimandiamo a successivi approfondimenti il tentativo di capire cosa sta succedendo in Cina e in Russia. Anche se tutti gli osservatori concordano: il mondo per affrontare il riscaldamento globale dovrà puntare ad altro, almeno fino al 2050.