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14 Agosto 2021
Ultima modifica: 14 Agosto 2021 ore 09:08

Genova: «I nostri sogni infranti nel sangue»

Una testimone oculare ricorda i fatti avvenuti a Genova nel 2001.
Genova: «I nostri sogni infranti nel sangue»
Foto di Viviana Viali
Tante associazioni pacifiste si erano radunate a Genova per manifestare in modo nonviolento per i diritti umani. Ma la manifestazione si trasformò in tragedia. Che ne è stato di quegli ideali pacifisti vent'anni dopo? Che impatto ha avuto quel G8 sui movimenti nonviolenti?
Le strade sono un labirinto sconosciuto. Si snodano su per la collina.
Sono vicoli stretti, l’odore salmastro del mare penetra nelle narici e si mischia a uno strano tanfo di fumo e petrolio. C’è il sole, in questo tardo pomeriggio di luglio.
La città, quella che amavo tanto, adesso è ostile, mi fa paura.
Non è più come Marsiglia, Napoli Cadice o Barcellona.
Non ha il respiro del porto e del meticciato, non ha l’aria satura di suoni e colori, mischiati nel Mediterraneo delle culture.
È Genova.
E noi stiamo scappando. Dobbiamo raggiungere “casa”, il convento sulla collina. Abbiamo paura che la polizia, o i carabinieri, o non è chiaro chi, ci insegua. Arrivano notizie frammentate, dalla radio, dai cellulari, dal passaparola soprattutto.
Ci sono stati scontri, spari. Un ragazzo è morto. Adesso le forze dell’ordine rastrellano, e arrestano tutti, anche quelli della rete di Lilliput, i pacifisti. Arrestano e portano a Bolzaneto, anche quelli che non hanno fatto nulla.
Siamo a luglio 2001. Siamo in Italia, ma sospesi in una realtà surreale, inimmaginabile, in cui un governo democratico della democratica Europa sta attuando una repressione degna del peggior squadrismo. E ci nascondiamo, è tutto fuori controllo. Incomprensibile.
Eravamo qui, con Operazione Colomba e la Comunità Papa Giovanni XXIII, per una protesta pacifica, per chiedere giustizia e diritti umani. Insieme a tutti i movimenti, alle parrocchie, alle associazioni. 

Vent’anni dopo quel tragico giorno a Genova

Ne portiamo ancora un segno. Tutti, in un modo o nell’altro. Chi è stato picchiato, chi ricorda i blocchi alla zona rossa e il concerto di Manu Chao, soprattutto chi credeva nella nonviolenza e in un mondo migliore e poi ha visto i sogni infranti in una scia di sangue, sulle pareti della scuola Diaz. Comunque sia, è stato uno spartiacque, perché in noi quando si parla di Genova c’è sempre un prima e un dopo. Siamo stati massacrati, dai manganelli e dai giornalisti.
Ha senso chiedersi come sia andata, cosa sia rimasto, vent’anni dopo?
Cosa è rimasto di quell’ideale «Un altro mondo è possibile?».
Oggi noi ci sentiamo sopravvissuti. Ma al di là dell’esercizio di memoria storica, giusto, mi piacerebbe raccontare ai miei figli dove sono finiti quei sogni, e dire a loro che ci sono ancora, perché a Genova non sono riusciti a ucciderli.
 
Come dice bene Vittorio Agnoletto rispetto a Genova non c’era prima e non c’è stata dopo in Italia nessun’altra esperienza nella quale così tante associazioni, movimenti, gruppi abbiano lavorato insieme e si siano dati una struttura comune attorno a un progetto condiviso.
La peculiarità di Genova 2001 è stata che associazioni che agivano in campi molto diversi uno dall’altro e che spesso lavoravano su temi che erano loro specifici sono arrivate a comprendere che se volevano ottenere dei risultati per il loro particolare dovevano imparare a lavorare insieme ad altri, dato che per perseguire i loro obiettivi incontravano le stesse difficoltà e si scontravano, alla fine, con gli stessi avversari. E che quindi una singola associazione non poteva vincere nel suo “campo” se non metteva in discussione delle regole e un sistema molto più grandi e complessi di loro stessi e del singolo tema che ciascuno stava affrontando.

Oggi di diverso c’è che il movimento nato nelle piazze, nei vicoli e nelle parrocchie per costruire insieme il bene comune è diventato virtuale. L’attivismo è in rete, è qui che si discute di diritto all’acqua, alla terra, no alla guerra e tanto altro. L’impegno di base in circoli e associazioni, che passava attraverso scambio culturale fecondo è naufragato.
Lo slogan della rete di Lilliput, coniato da Alex Zanotelli «Pensare localmente, agire globalmente» era il propulsore dell’azione del singolo verso un orizzonte di giustizia ed equità molto più alto del singolo stesso: a Genova ognuno di noi rivendicava, credendoci, molto più per gli altri che non per noi stessi. Non ci si riconosceva in un partito, in una “parte” ma insieme si chiedeva il riscatto dall’oppressione. Oggi allo spazio fisico fatto di relazioni umane reali si è sostituito lo spazio virtuale, e questo ha (ri)portato alla logica del pensiero individuale e unico a discapito di quello collettivo.
Non dobbiamo poi dimenticare che 2 mesi dopo quel luglio 2001 crollavano le torri gemelle.
Scrive Nicoletta Dentico, giornalista e scrittrice già direttrice di Medici Senza Frontiere: «Quell’anno è stata la Nakba, la catastrofe, della società civile mondiale. C’è stato cioè un trauma, una disintegrazione psicologica, una frantumazione decisiva che ha prodotto effetti sulla capacità di mobilitazione. Di fronte alla efferatezza che si era consumata con spietata regia alla Diaz e poi a Bolzaneto siamo rimasti impietriti. Abbiamo vissuto in quelle ore, lo ricordo come se fosse ora con un brivido dietro la schiena, un senso di stupore e terrore agghiacciato rispetto alla violenza di Stato, che si era abbattuta in maniera così arbitraria e feroce contro persone di tutto il mondo, che erano agenti di cambiamento positivo della contemporaneità, giocatori in un campo sicuramente nonviolento».
Quello invece che di buono ha portato Genova, è la caduta dell’eurocentrismo, o meglio del colonialismo culturale occidentale. Oggi i movimenti di protesta, dal clima all’acqua, al Black Lives Matter nascono nelle periferie e nel Sud del mondo. La vera attualità di Genova sta nell’aver denunciato allora il modello capitalistico di cui oggi la pandemia ha dimostrato il fallimento..

I numeri di Genova 2001

  • Carlo Giuliani viene ucciso venerdì 20 luglio 2001 alle ore 17.27.
  • Sono stati 411 i feriti “ufficiali” nell’arco di tre giorni. 328 “civili” (di cui 79 ricoverati), 67 tra gli operatori delle Forze dell’Ordine (di cui 5 ricoverati) e 16 giornalisti (di cui 3 ricoverati). Il gruppo di medici e infermieri volontari che hanno realizzato il servizio sanitario del Genoa Social Forum parla di una stima di 1.000-1.200 persone con problemi sanitari.
  • 273 le Forze dell’Ordine che hanno accusato malesseri da lacrimogeni.
  • Sono stati 253 gli arresti, 93 dei quali nella scuola Pertini e 160 per strada, durante gli scontri.
  • Le Forze dell’Ordine presenti erano stimate tra le 10.000 e le 13.000 unità.
  • In base alle stime del ministero dell’Interno, il gruppo di violenti entrato in azione a Genova ha una consistenza compresa tra le 6 e le 9 mila persone.
  • Si valuta che il G8 sia costato 250 miliardi di lire.
 
Dati tratti da Angelo Miotto. “2001-2021 Genova per chi non c'era”, ed. Altraeconomia