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18 Novembre 2023

Quali sono i tuoi poveri?

Nel messaggio per la VII Giornata mondiale di poveri papa Francesco invita a non distogliere lo sguardo quando incontriamo un povero. Ma sappiamo riconoscerlo?
Quali sono i tuoi poveri?
Foto di Tom Parsons
I poveri sono un fiume in piena, rischiamo e temiamo di esserne travolti. Ma se si passa dai numeri ai volti, dalle parole all'incontro, la minaccia può diventare risorsa.
La povertà è un concetto, i poveri sono persone. La povertà può essere cercata come virtù, o combattuta come condizione di miseria.
I poveri vanno sempre cercati, incontrati, mai combattuti.
Anche quando li temiamo perché, come dice papa Francesco nel messaggio per la VII Giornata Mondiale dei poveri, «un fiume di povertà attraversa le nostre città e diventa sempre più grande fino a straripare; quel fiume sembra travolgerci, tanto il grido dei fratelli e delle sorelle che chiedono aiuto, sostegno e solidarietà si alza sempre più forte».
Qual è la soluzione per non lasciarci travolgere, per trasformare questo fiume da minaccia a risorsa?
È passare dal concetto alla persona, dai numeri ai volti.

Francesco cita il Libro di Tobia – «Non distogliere lo sguardo da ogni povero» (Tb, 4, 7) – e ci invita a concretizzare: «Quando siamo davanti a un povero non possiamo voltare lo sguardo altrove, perché impediremmo a noi stessi di incontrare il volto del Signore Gesù».
Don Oreste Benzi invitava tutti a «stringere la mano a un povero almeno una volta alla settimana», ma a coloro che erano disposti a seguirlo ha fatto una proposta ancora più forte: agire non per loro ma con loro, passando dal servizio alla condivisione diretta di vita, accogliendoli nella propria casa, nella propria famiglia, nella propria azienda, in parrocchia, in ogni luogo in cui si svolge la vita comune. È su queste basi che è nata la Comunità Papa Giovanni XXIII, come laboratorio che dimostra come questa via sia realmente possibile.

È una proposta rivoluzionaria che trasforma la carità in giustizia, perché camminare al passo del migrante, del disabile, dell’anziano, del detenuto, di chi è sfruttato dalla prostituzione o annichilito dalle droghe, fa vivere sulla propria pelle le ingiustizie che loro vivono e fa prendere coscienza dell’importanza di agire per rimuovere tali ingiustizie, costruendo una società più giusta.
Il Santo Padre lo spiega bene nel suo messaggio: «Tobi, nel momento della prova, scopre la propria povertà, che lo rende capace di riconoscere i poveri. È fedele alla Legge di Dio e osserva i comandamenti, ma questo a lui non basta. L’attenzione fattiva verso i poveri gli è possibile perché ha sperimentato la povertà sulla propria pelle».

Passare dai dibattiti sui poveri alla relazione con i poveri, ci porta a mettere la nostra spalla sotto la croce degli oppressi, dei diseredati, degli scartati.
Quando si fa questo, allora non c'è tanto bisogno di spiegare, di parlare. È un linguaggio universale che può essere applicato a tutte le culture e nei più variegati contesti.
È lo stile della nonviolenza che disinnesca la violenza. È il regno della pace, che rende inutile e insensata la guerra.
Nelle linee guida per chi fa parte della Comunità Papa Giovanni XXIII c’è l’invito affinché «ognuno precisi a sé stesso quali sono i poveri che il Signore gli fa incontrare».
È una proposta che faccio anche a te che leggi, perché questa Giornata non passi invano.