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25 Marzo 2022

Oggi è la giornata di ricordo delle vittime della schiavitù

Le esperienze della Diocesi di Roma contro la tratta delle donne ai fini dello sfruttamento sessuale.
Oggi è la giornata di ricordo delle vittime della schiavitù
Sonia, sopravvissuta alla tratta ai fini della prostituzione, ha trovato il coraggio di denunciare i suoi aguzzini. Veniva rimpallata, come molte sue coetanee, fra il Nord e il Sud Europa. Il suo racconto durante la Via Crucis di preghiera per la liberazione delle vittime.
Mentre oggi si ricorda la Giornata internazionale in ricordo delle vittime delle schiavitù e della tratta transatlantica degli schiavi istituita dalle Nazioni Unite nel 2007 (in memoria di 400 anni in cui milioni di donne e uomini furono strappati dall’Africa per essere venduti come schiavi nelle Americhe) il richiamo del Segretario generale ONU Guterres risuona di grande attualità.

«Dietro i fatti e le cifre ci sono milioni di storie umane. Storie di famiglie e comunità lacerate. Ma anche storie di coraggio maestoso e di sfida contro la crudeltà degli oppressori. Non conosceremo mai ogni atto di resistenza, grande o piccolo, che lentamente ma inesorabilmente ha trionfato sull'ingiustizia, la repressione e la schiavitù».

Ancora oggi e anche in Europa la tratta di persone da diverse aree geografiche - Est Europa e Africa sub-sahariana in testa - causa lo sfruttamento di migliaia di persone. Una forma di schiavitù sempre più diffusa nello sfruttamento di donne e minori, anche dietro webcam e nella prostituzione indoor.

Il corso di formazione contro la tratta della Diocesi di Roma

Ed è proprio sulla tratta che si focalizza il corso di formazione per operatori e volontari online dal 6 aprile al 18 maggio promosso dal Coordinamento antitratta della Diocesi di Roma. Il corso, intitolato Tratta di persone. Per una presa in carico integrata, è pensato per fornire strumenti di carattere pratico per comprendere il fenomeno della tratta a scopo di sfruttamento sessuale, anche sulla base dei nuovi sviluppi. Tra le relatrici suor Rita Giaretta, nota suora antitratta da Caserta ora “sbarcata” a Roma, e Monica Attias della Comunità di Sant’Egidio.

La Via Crucis di preghiera

Ne è entusiasta il Vescovo ausiliario Benoni Amberus – più noto come “don Ben” - fresco di nomina da nemmeno un anno. Il Vescovo di origine rumena - diventato prete a Iasi, una delle città tristemente famose per la tratta di ragazzine adescate una volta uscite dagli orfanotrofi - venerdì scorso ha guidato al fianco del cardinale vicario Angelo De Donatis una Via Crucis per la liberazione delle vittime di tratta che ha coinvolto oltre 500 fedeli.

«Lo scopo del cammino che abbiamo appena iniziato – spiega con soddisfazione dopo l’evento - è proprio quello di moltiplicare sempre di più gli spazi già in atto a Roma: spazi di ascolto, spazi di accoglienza, unità di strada. Moltiplicare gli spazi delle realtà cristiane per poter meglio rispondere alle sfide del nostro tempo. La tratta delle donne è un fenomeno che vediamo sulle nostre strade, vicino alle nostre parrocchie, non possiamo restare indifferenti. Vogliamo che proprio a partire dalle comunità parrocchiali si esprimano nei loro confronti vicinanza e prossimità».

Delegazione a Roma con il Vescovo Benoni Ambarus
Comunità Papa Giovanni XXIII a Roma per la Via Crucis contro la tratta, insieme al Vescovo Benoni Ambarus


Il Vescovo ha chiaro anche che oltre alla strada ancor di più nella pandemia si è diffusa la prostituzione negli appartamenti.

«La prostituzione al chiuso è una delle cose più inquietanti che possiamo immaginare. Ci richiede di certo uno sguardo nuovo. Direi che è un fenomeno che ci coglie impreparati, che ci richiama a pensare a nuove strategie ma a Roma le donne sfruttate in strada sono ancora tante e visibili. Insieme al Coordinamento antitratta abbiamo pensato che è bene iniziare da qui».

Cosa pensa si possa fare per scoraggiare i clienti della prostituzione? Il Papa verso di loro ha usato spesso parole molto dure. Sono la causa della tratta - ha detto anni fa.

«Sì è vero: se non ci fossero loro non ci sarebbero nemmeno tante donne schiave. Su proposta di Suor Rita Giaretta, abbiamo pensato di dedicare proprio il prossimo anno al tema del cliente. E cercheremo di rifletterci come Chiesa per capire come intervenire con una sterzata significativa. Tante ragazze ci sono perché ci sono tanti battezzati che le violano ma anche che calpestano la loro stessa dignità di battezzati!».

Il corso sulla tratta che parte in aprile darà voce a diverse organizzazioni ecclesiali e anche a servizi del comune per creare sinergie con tutti quelli che vogliono collaborare contro la tratta e lo sfruttamento sessuale.

La stessa idea di sinergia che ha anche Domenico Pascaretta, responsabile nel Lazio della Comunità Papa Giovanni XXIII, e nel Coordinamento antitratta tra gli organizzatori della veglia di preghiera intitolata non a caso “Donna perché piangi?”.

«Il problema della tratta - spiega - è così complesso e ampio che è indispensabile unire le forze per contrastarlo. Non possiamo rischiare di perdere energie e perdere tempo in tante iniziative isolate ma occorre essere pur nella propria diversità in comunione per poter dare risposte diverse a bisogni diversi. Il cuore pulsante di questa Via Crucis è stato proprio il partire dal basso, coinvolgere le parrocchie. Serve infatti investire su una cultura che comprenda e combatta la tratta. E quindi abbiamo potuto coinvolgere la XV e XVI Prefettura di Roma, affidando ogni stazione a parrocchie, gruppi, organizzazioni perché creassero un simbolo che rappresentasse l’attualizzazione del cammino di nostro Signore verso il calvario e potessero così far proprio l’ingiustizia che crea la tratta e la prostituzione. Tanti giovani, tanti parrocchiani fino a quel giorno non sapevano cosa fosse questo fenomeno e noi li abbiamo incontrati e abbiamo spiegato il senso della Via Crucis perché lo facessero proprio pensando alle giovani che sono vittime dello sfruttamento sessuale».

Vittime di tratta rimpallate fra Nord e Sud d’Europa. La storia di Sonia

«Mi chiamo Sonia e vengo dalla Nigeria. Per qualche anno sono stata Giulia, per qualche anno Sonia si era annullata». Inizia così la testimonianza a fine Via Crucis di una giovane liberata dalla Comunità di don Benzi in collaborazione con Save the children.

«Vi racconto come è rinata Sonia. In una delle tante lunghe buie sere sulle strade della Togliatti, un cliente picchiò Giulia tantissimo, era piena di sangue. Voleva ucciderla. Ma Giulia è riuscita a scappare. Quando è tornata a casa senza i soldi che doveva portare, è stata picchiata di nuovo da chi la sfruttava. L’hanno picchiata così tanti che è svenuta. Sì è risvegliata all’ospedale. Quella sera Giulia è morta, quella sera che pensava che fosse l’ultima è rinata Sonia. Mi chiamo Sonia, ho due bellissime figlie e tante sorelle che mi vogliono tanto bene. Per le mie figlie voglio il meglio da questo mondo, perché il peggio l’ho già vissuto io. Mamma Sonia farà si tutto per farle avere una vita degna e serena. Qualche volta penso a Giulia ma sono felice che le nostre vite si sono separate per sempre». 

Sonia ha denunciato e oggi ha iniziato una nuova vita. Anche se ha partorito da poco oggi Sonia – che nella vita da sfruttata era stata sballottata tra Italia e Belgio - aiuta le sue connazionali rimpatriate a forza dal nord Europa per l’accordo di Dublino. Col progetto SISA della Comunità Papa Giovanni XXIII e altre organizzazioni di Spagna e Germania è diventata una mentore ovvero una sopravvissuta alla tratta alla pari, che dà consulenza e supporto alle donne dell’Africa occidentale che rientrano nel nostro paese perché è stato il primo in cui ha chiesto asilo e per evitare che, senza un aiuto, cada di nuovo nelle reti degli sfruttatori.

Donne vittime di tratta con i volontari
Peer mentors del progetto SISA. Sopravvissute alla tratta che aiutano le loro connazionali ad uscirne


Anche don Ben non vuole dimenticare le dublinanti, a rischio di essere di nuovo vittime di tratta. Da direttore della Caritas diocesana ne ha viste rimandare tante indietro dalle polizie di diversi stati europei, nonostante il Covid e oggi la guerra. «Sono persone devastate – racconta senza mezzi termini. Al nord pensavano che finalmente fosse finito il loro viaggio e che potessero prendere radici. E poi sono di nuovo state sballottate nel sud Europa, rischiando di non avere più energie e fiducia nelle istituzioni. Lo stiamo toccando con mano da diverso tempo a Roma. Sono persone invisibili, di cui nessuno si vuole occupare. Ho l’impressione che il dramma ucraino stia rischiando di essere un alibi per consolidare una prassi infelice sia a livello di Unione Europea che a livello italiano in cui ci sono poveri di serie A e poveri di serie B. Ci vorrebbe un cambiamento del Regolamento di Dublino o almeno creare una sanatoria… Soprattutto le donne, e le donne vittime di sfruttamento sessuale rimaste sole coi loro bambini, hanno diritto alla felicità. Non importa di quale colore, nazionalità e religione siano».