Secondo alcune fonti cresce il numero delle vittime di circa 800mila soggetti ogni anno. In base a queste cifre impressionanti, la tratta risulta a suo avviso un fenomeno inarrestabile ancor più amplificato nell'era della globalizzazione?
«Malgrado il progressivo perfezionamento di apparati sanzionatori e di azioni coordinate tra Stati e Agenzie sovranazionali, il fenomeno della tratta di esseri umani non appare affatto in via di ridimensionamento o dismissione, ed anzi nel corso degli ultimi tempi ha mostrato di avere capacità pervasive di non poco conto, fino ad interessare praticamente tutte le aree geografiche del pianeta nei flussi di mobilità forzata che connettono i contesti di origine delle persone sfruttate con i Paesi di destinazione. La tratta è davvero il lato più oscuro della globalizzazione. Molte istituzioni sovranazionali che monitorano il fenomeno da diversi punti di osservazione (IOM, UNODC, World Bank) hanno messo in luce la drammatica consistenza dei flussi attraverso tutti i continenti e la capacità di adattamento delle organizzazioni che operano come investitori e mediatori illegali. Nel corso dell'ultimo quarto di secolo, come risultato del Protocollo di Palermo sicuramente si sono messi in campo vari strumenti e iniziative finalizzate alla prevenzione e al contrasto, ma nella valutazione di molti osservatori esperti rimane preponderante l’idea di un mercato che implica rischi relativamente bassi e alte prospettive di profitti per gli investitori che operano lungo la catena criminale. La struttura organizzativa del mercato che si genera intorno a questi reati odiosi viene caratterizzata appunto come un’industria in cui soggetti di offerta che possono avere posizionamenti diversi - dal singolo trafficante a gruppi organizzati - vendono a numerosi acquirenti prodotti differenziati (individui vulnerabili) sulla scorta delle preferenze del compratore. Oltre che da una domanda che non conosce flessioni, la persistenza del fenomeno viene consentita dal fatto che per l’intrapresa criminale, quanto a mezzi finanziari richiesti, non si rilevano barriere all’ingresso particolarmente proibitive, e che i profitti restano ad alimentare investimenti in circuiti illegali paralleli, quali ad esempio strozzinaggio, gioco d’azzardo e scommesse. Infine, nel comportamento degli attori criminali colpisce la capacità di combinare il ricorso a leve di antica ferocia (mezzi di coercizione fisica, prostituzione in appartamento etc…) insieme con l'utilizzo di strumenti di intermediazione innovativi quali quelli consentiti dalle tecnologie digitali».
Come curatore ha coinvolto docenti e ricercatori ma anche professionisti che ogni giorno affiancano le vittime all'interno della rete istituzionale e delle organizzazioni del privato sociale, come ad esempio la Comunità di don Oreste Benzi. Cosa l’ha maggiormente colpita in questo lavoro che contiene contributi originali ad esempio sui metodi di reclutamento nella società digitale, sui lavoratori migranti ingabbiati dal sistema della kafala in Libano o ancora sulla schiavitù sessuale di donne e bambine nei conflitti armati?
Quali nuove sfide occorre oggi affrontare, a suo avviso, a partire dalle cause dell'asservimento dei gruppi maggiormente esposti e dalla crescente domanda di servizi che derivano soprattutto dallo sfruttamento sessuale e lavorativo?
«Sono davvero molti gli aspetti rilevanti, a partire dalla presa d'atto che tratta e sfruttamento vengono ricorrentemente impiegati come vere e proprie tattiche di guerra, per arrivare all'insufficiente efficacia degli apparti repressivi attuali, transitando per l'analisi delle relazioni opache tra vittime e trafficanti: e sullo sfondo le disuguaglianze strutturali tra Paesi, che alimentano la vulnerabilità dei soggetti su cui cade l’attenzione dei criminali. Inoltre, per quanto concerne sfide ed impegni da considerare, vorrei sottolineare l'opportunità di intensificare il lavoro multi-agenzia (su cui l'Italia vanta esperienze pioneristiche), non trascurando alcun punto del sistema coinvolto. Come suggerisce il titolo del saggio che chiude la rivista, bisogna congiuntamente "prendersi cura delle persone sfruttate, degli operatori sociali e delle fragilità dei sistemi".L’attore di cui meno si sa resta il cliente, ovvero il compratore di quella merce umana senza il quale l’elevata profittabilità dell’investimento criminale non avrebbe esito: e forse sul tema anche il mondo della ricerca potrebbe fare qualche sforzo addizionale per colmare tale deficit di conoscenze, operando di concerto con operatori sociali attivi su questi fronti.Antonello Scialdone