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10 Luglio 2025

Tratta: il lato oscuro della globalizzazione

Più di 50 milioni di persone sfruttate nel mondo. Non esistono aree geografiche immuni da questo schiavismo moderno
Tratta: il lato oscuro della globalizzazione
Foto di ANSA/CLAUDIO LONGO
A poche settimane dalla Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani che si celebra ogni anno il 30 luglio, il Centro studi Emigrazione degli Scalabriniani dedica la sua rivista trimestrale a questo crimine contro l'umanità. Un fenomeno in enorme crescita tra i gruppi più vulnerabili verso aree più ricche, dove i clienti sono indifferenti di fronte a persone usate come merci.
È stato pubblicato nei giorni scorsi il numero monografico della rivista Studi Emigrazione interamente dedicato alla tratta di esseri umani. Un approfondimento significativo nell’attuale dibattito accademico e politico sul fenomeno, a partire dal titolo introduttivo Tratta e schiavismo moderno. Profili di analisi e misure di intervento. Curato da Antonello Scialdone, dirigente della struttura di ricerca sui processi migratori dell’Istituto nazionale per le Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), il volume offre una riflessione collettiva e multidisciplinare su una delle più gravi violazioni dei diritti umani del nostro tempo.
L’attualità dei dati parla chiaro: il Global Slavery Index del 2023 stima infatti che nel mondo siano oltre 50 milioni le persone ridotte in condizioni assimilabili alla schiavitù, inclusi il lavoro forzato, lo sfruttamento sessuale e la servitù domestica. È in questa dimensione interconnessa che la tratta di esseri umani si presenta come “the darker side of globalization”, il lato oscuro della globalizzazione, riprendendo una celebre espressione usata dallo stesso curatore nel 2023. Fattori di spinta come povertà estrema, disuguaglianza sociale, conflitti e instabilità si combinano con potenti pull factors, rappresentati dall’attrazione verso aree che sono percepite come paradisi in cui le opportunità economiche e sociali favoriscono il rapido successo personale.

Antonello Scialdone spiega ai lettori di Semprenews come la vulnerabilità di individui e gruppi marginalizzati li renda facili prede di reti criminali transnazionali e di un mercato basato su investitori e intermediazioni illegali.

Secondo alcune fonti cresce il numero delle vittime di circa 800mila soggetti ogni anno. In base a queste cifre impressionanti, la tratta risulta a suo avviso un fenomeno inarrestabile ancor più amplificato nell'era della globalizzazione?

«Malgrado il progressivo perfezionamento di apparati sanzionatori e di azioni coordinate tra Stati e Agenzie sovranazionali, il fenomeno della tratta di esseri umani non appare affatto in via di ridimensionamento o dismissione, ed anzi nel corso degli ultimi tempi ha mostrato di avere capacità pervasive di non poco conto, fino ad interessare praticamente tutte le aree geografiche del pianeta nei flussi di mobilità forzata che connettono i contesti di origine delle persone sfruttate con i Paesi di destinazione. La tratta è davvero il lato più oscuro della globalizzazione. Molte istituzioni sovranazionali che monitorano il fenomeno da diversi punti di osservazione (IOM, UNODC, World Bank) hanno messo in luce la drammatica consistenza dei flussi attraverso tutti i continenti e la capacità di adattamento delle organizzazioni che operano come investitori e mediatori illegali.  Nel corso dell'ultimo quarto di secolo, come risultato del Protocollo di Palermo sicuramente si sono messi in campo vari strumenti e iniziative finalizzate alla prevenzione e al contrasto, ma nella valutazione di molti osservatori esperti rimane preponderante l’idea di un mercato che implica rischi relativamente bassi e alte prospettive di profitti per gli investitori che operano lungo la catena criminale. La struttura organizzativa del mercato che si genera intorno a questi reati odiosi viene caratterizzata appunto come un’industria in cui soggetti di offerta che possono avere posizionamenti diversi - dal singolo trafficante a gruppi organizzati - vendono a numerosi acquirenti prodotti differenziati (individui vulnerabili) sulla scorta delle preferenze del compratore. Oltre che da una domanda che non conosce flessioni, la persistenza del fenomeno viene consentita dal fatto che per l’intrapresa criminale, quanto a mezzi finanziari richiesti, non si rilevano barriere all’ingresso particolarmente proibitive, e che i profitti restano ad alimentare investimenti in circuiti illegali paralleli, quali ad esempio strozzinaggio, gioco d’azzardo e scommesse. Infine, nel comportamento degli attori criminali colpisce la capacità di combinare il ricorso a leve di antica ferocia (mezzi di coercizione fisica, prostituzione in appartamento etc…) insieme con l'utilizzo di strumenti di intermediazione innovativi quali quelli consentiti dalle tecnologie digitali».


Come curatore ha coinvolto docenti e ricercatori ma anche professionisti che ogni giorno affiancano le vittime all'interno della rete istituzionale e delle organizzazioni del privato sociale, come ad esempio la Comunità di don Oreste Benzi. Cosa l’ha maggiormente colpita in questo lavoro che contiene contributi originali ad esempio sui metodi di reclutamento nella società digitale, sui lavoratori migranti ingabbiati dal sistema della kafala in Libano o ancora sulla schiavitù sessuale di donne e bambine nei conflitti armati?

«I dieci contributi raccolti in questo numero monografico della rivista provengono da analisti che operano in contesti differenti (atenei, istituti di ricerca, organizzazioni sociali, amministrazioni territoriali) e in ambiti geografici assai diversificati (Italia, Europa, Medio Oriente, Australia), oltre che in campi disciplinari intenzionalmente disomogenei. La varietà dei punti di osservazione consente di evidenziare aspetti peculiari di tratta e schiavismo globale, a partire dalla messa in luce di varie asimmetrie che una lettura di taglio esclusivamente criminologico non coglierebbe in pieno; qui rilevano anche competenze di tipo antropologico, giuridico-istituzionale, psico-sociologico, internazionalistico. Mi piace sottolineare che quasi la totalità dei contributi è firmata da donne: è stata una scelta intenzionale del curatore, ma anche una valutazione relativa al fatto che l'attenzione per la dimensione di genere e per approcci intersezionali fa la differenza nel caratterizzare le analisi più solide ed originali».

Quali nuove sfide occorre oggi affrontare, a suo avviso, a partire dalle cause dell'asservimento dei gruppi maggiormente esposti e dalla crescente domanda di servizi che derivano soprattutto dallo sfruttamento sessuale e lavorativo?

«Sono davvero molti gli aspetti rilevanti, a partire dalla presa d'atto che tratta e sfruttamento vengono ricorrentemente impiegati come vere e proprie tattiche di guerra, per arrivare all'insufficiente efficacia degli apparti repressivi attuali, transitando per l'analisi delle relazioni opache tra vittime e trafficanti: e sullo sfondo le disuguaglianze strutturali tra Paesi, che alimentano la vulnerabilità dei soggetti su cui cade l’attenzione dei criminali.  Inoltre, per quanto concerne sfide ed impegni da considerare, vorrei sottolineare l'opportunità di intensificare il lavoro multi-agenzia (su cui l'Italia vanta esperienze pioneristiche), non trascurando alcun punto del sistema coinvolto. Come suggerisce il titolo del saggio che chiude la rivista, bisogna congiuntamente "prendersi cura delle persone sfruttate, degli operatori sociali e delle fragilità dei sistemi". 
L’attore di cui meno si sa resta il cliente, ovvero il compratore di quella merce umana senza il quale l’elevata profittabilità dell’investimento criminale non avrebbe esito: e forse sul tema anche il mondo della ricerca potrebbe fare qualche sforzo addizionale per colmare tale deficit di conoscenze, operando di concerto con operatori sociali attivi su questi fronti.
Antonello Scialdone

Questa raccolta di saggi può essere considerata alla stregua di una semplice suggestione per comparare approcci e problemi che spesso finiscono in un cono d'ombra, ma naturalmente rappresenta l'innesco di una riflessione sul fenomeno (e non la chiave della sua soluzione). Per lottare contro la tratta di esseri umani, e quindi per contrastare gli esiti deteriori di una mobilità forzata, è il caso di dire che c’è ancora molta strada da fare».