La storia di Giovanni, un povero come tanti altri poveri che giacciono sulle strade delle nostre città, ci aiuta a riflettere in questa giornata. La storia è raccolta nel libro La matematica dell'amore di Luca Fortunato dato alle stampe da Sempre Editore
«I poveri non sono un diversivo per la Chiesa, bensì i fratelli e le sorelle più amati, perché ognuno di loro, con la sua esistenza e anche con le parole e la sapienza di cui è portatore, provoca a toccare con mano la verità del Vangelo» Sono le parole di papa Leone XIV contenute nel messaggio per la Gioirnata Mondiale dei Poveri. «Perciò la Giornata Mondiale dei Poveri - continua - intende ricordare alle nostre comunità che i poveri sono al centro dell’intera opera pastorale. Non solo del suo aspetto caritativo, ma ugualmente di ciò che la Chiesa celebra e annuncia. Dio ha assunto la loro povertà per renderci ricchi attraverso le loro voci, le loro storie, i loro volti. Tutte le forme di povertà, nessuna esclusa, sono una chiamata a vivere con concretezza il Vangelo e a offrire segni efficaci di speranza.»
Abbiamo scelto di dar voce in questa giornata ad uno stralcio del libro La matematica dell'amore di Luca Fortunato, che condivide con i poveri più poveri la sua vita. La storia è quella di Giovanni.
Caro Giovanni,
in molti ci avevano segnalato il tuo caso e ci avevano chiesto di fare qualcosa per te. Abitavi in una casa popolare senza acqua, luce o gas. Erano in tanti a sapere della tua situazione, sia assistenti sociali sia altri, ma tutti avevano paura di venire a casa tua. Non che tu fossi violento o pericoloso, ma avevano paura perché quando una persona cade in uno stato di emarginazione grave, inizia a far paura. Paura di quello che si potrà trovare, paura di come potrà reagire, paura di vederlo sofferente o via di testa. Lo stato di grave emarginazione scatena in noi delle paure spesso irrazionali e immotivate.
Eppure tu, Giovanni, come tanti altri come te, poco prima eri integrato nella società e vivevi una vita normale. Poi una serie di eventi ti ha fatto precipitare in uno stato di emarginazione. E adesso incuti paura. E la gente non sa più come comportarsi con te, come se tu non fossi più una persona. Sei diventato una specie di extraterrestre, un alieno.
Mi capita spesso di incontrare gente che vorrebbe fare qualcosa, ma ha timore di avvicinarsi alle persone emarginate. Alcuni hanno paura perché vedendovi sporchi e malandati hanno paura di prendersi qualche malattia. Anche noi abbiamo paura quando usciamo in strada a incontrare i senza fissa dimora.
Dentro sentiamo quel timore che ci possa succedere qualcosa di brutto, ma poi la consapevolezza che il Signore ci manda, sapere che ci muoviamo nello Spirito Santo, ci aiuta a superare quella paura.
Quando siamo arrivati al tuo appartamento la porta d’ingresso era rotta e ho dovuto spingere per riuscire ad entrare.
Una volta dentro, siamo stati investiti da un puzzo, un fetore incredibile. Le finestre e le tapparelle erano chiuse, non si vedeva nulla. Abbiamo acceso la torcia e abbiamo visto che c’era immondizia dappertutto. Facevamo fatica a camminare perché il pavimento era appiccicoso per tutta quella sporcizia. A destra la cucina era piena di spazzatura, a sinistra il bagno era inagibile, non c’era nemmeno la cassetta per tirare lo sciacquone. Più giù, in fondo, ti abbiamo trovato in una stanza, steso sul letto.
Indossavi un accappatoio, stavi rannicchiato sotto 3-4 coperte. Non c’erano tavoli o mobili, ma tutta la roba era buttata per terra.
Mi sono avvicinato a te e ti ho chiamato per nome, tu ti sei svegliato, ma facevo fatica a vederti bene, perché non c’era luce. Allora ho aperto la serranda di una finestra e così ci siamo visti. «Sono Luca» ti ho detto, per presentarmi. Tu mi conoscevi per sentito dire. Ti sei messo a
piangere e mi hai chiesto: «Siete venuti per me?». «Sì, siamo venuti per darti una mano». Econtinuavi a piangere. Tu stavi aspettando qualcuno. In quel momento ho capito quanto ingiustificata sia la paura che proviamo per le persone emarginate. Tu aspettavi qualcuno che venisse a salvarti.
Eri lì ad attendere quel momento in cui qualcuno ti visitasse. Aspettavi che Qualcuno, con la Q maiuscola, ti visitasse attraverso noi che siamo qualcuno con la q minuscola.
Noi siamo venuti da te, ma non sempre va così. Abbiamo parlato un po’ insieme, ci siamo scambiati due battute, ti sei messo anche a ridere. Ti ho proposto di venire con noi, in Capanna, e tu ci hai seguito docile.
Poi ci siamo attivati per organizzare un gruppetto che andasse a ripulire e sistemare l’appartamento. Già dopo un paio di giorni siamo tornati insieme a un gruppo di giovani fantastici, con tutti gli attrezzi necessari che qualcuno ci aveva prestato.Insieme ai ragazzi abbiamo rimesso
a nuovo la casa. Abbiamo buttato via il letto e la rete, abbiamo ripulito tutto: siamo riusciti a riempire 40 sacchi di immondizia da buttare. Abbiamo portato dei mobili.
E intanto tu, Giovanni, eri in Capanna e ti abbiamo fatto il tagliando completo: un bel bagno, taglio di barba e capelli, vestiti nuovi, biancheria intima nuova. Poi, a lavori ultimati, ti abbiamo riportato nel tuo appartamento che sembrava nuovo, con una valigia piena di vestiti puliti.
Quel pomeriggio sono venuto con due papà che vivono insieme a noi in Capanna: uno di loro è idraulico e l’altro è un muratore. Abbiamo riparato a nostre spese sia il bagno che la cucina. Poi abbiamo continuato a portarti la cena da asporto per un po’ di giorni, volevamo continuare a starti vicino. Tua sorella, che abitava lontano, ci ha telefonato e ci ha detto che ti aveva visto trasformato: eri allegro e non volevi lasciarti andare come prima. Adesso che ti eri rimesso in piedi, riuscivi anche a tenere la casa pulita.
Sai, Giovanni, quest’incontro con te mi ha fatto pensare a Gesù in croce, a quel Cristo nudo, indifeso, morto fuori dalle mura della città. Cristo per noi è importante, senza di lui non ci sarebbe la Pasqua. Perché allora non riusciamo a dare importanza ai tanti poveri cristi che sono intorno a noi?
Gesù stesso ha voluto confondersi con loro, mettersi nei loro panni. Ha scelto di essere come loro.
Mi fa riflettere il fatto che noi cristiani abbiamo una passione per Cristo, ma se non abbiamo passione anche per gli esseri umani e per tutti i poveri cristi di questa terra, non ci può essere vera passione per Cristo.
Quei poveri cristi che incontriamo per strada, davanti ai quali passiamo con indifferenza, senza sapere nemmeno chi siano.